Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17811 del 21/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17811 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAGLIUGHI ALBERTO N. IL 09/04/1986
avverso la sentenza n. 981/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Dott. Massimo Galli, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
Udito il difensore Avv. Stefania Orecchio, in sostituzione
dell’Avv. Carlo Sassi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

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ito, per a parte
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Data Udienza: 21/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Il 5/11/2013 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della
sentenza emessa il 22/11/2010 dal Tribunale di Milano, ha applicato nei confronti
dell’appellante il beneficio della non menzione della condanna, confermando nel
resto la condanna a mesi 4 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, con pena
sospesa e sospensione della patente di guida per anni 1, pronunciata nei
confronti di Pagliughi Alberto, imputato del reato di cui all’art.9 ter, comma 1,
d.P.R. 30 aprile 1992, n.285 perché, in concorso con altro imputato per il quale

del 7/10/2006, organizzava o comunque partecipava ad una gara di velocità non
autorizzata.

2. Ricorre per cassazione Alberto Pagliughi, con atto sottoscritto dal
difensore, censurando la sentenza impugnata sulla base dei seguenti motivi:
a) erronea applicazione degli artt.9 ter e 141, commi 5 e 9, cod. strada, per
aver omesso la Corte territoriale adeguata motivazione in ordine alla
sussumibilità del fatto nell’illecito amministrativo previsto dall’art.141, commi 5 e
9, cod. strada. Il ricorrente sostiene che, essendo l’ipotesi di reato prevista
dall’art. 9 ter cod. strada ipotesi speciale rispetto all’illecito amministrativo
previsto in via generale dall’art. 141, commi 5 e 9, cod. strada, i giudici di merito
avrebbero dovuto spiegare il criterio utilizzato per ritenere integrata nel caso
concreto la condotta tipica dell’illecito penale. La condotta posta in essere dal
ricorrente, si assume, non era caratterizzata da alcun contesto organizzato,
posto che il giudice si è limitato a qualificarla come “competizione”;
b) omessa motivazione in ordine ad alcune circostanze contraddittorie
emerse nel corso dell’esame dibattimentale, avendo la Corte territoriale travisato
la censura mossa nell’atto di appello, in base alla quale la contraddizione delle
dichiarazioni rese dagli agenti di polizia giudiziaria rendeva inattendibile la
ricostruzione della dinamica della vicenda, ritenendo che tali deposizioni fossero
concordi e non contraddittorie anziché valutarne l’attendibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. La Corte territoriale, richiamando la motivazione della sentenza di
primo grado, ha ritenuto che la responsabilità dell’imputato emergesse dalle
dichiarazioni degli agenti di polizia giudiziaria, i quali avevano riferito di aver
visto due autovetture, una delle quali condotta dell’imputato, ripartire a forte
velocità dalla fermata al semaforo, sorpassandosi ripetutamente ed impegnando
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si è proceduto separatamente, a bordo delle rispettive auto, alle ore 4:45 circa

numerosi incroci a velocità sostenuta. La descrizione dei fatti, secondo i giudici di
merito, era qualificabile senza dubbio in termini di competizione fra i due
conducenti e la credibilità degli agenti non era stata messa in dubbio dalla
deposizione dell’amico dell’imputato, che viaggiava a bordo della medesima
autovettura e che aveva confermato che nell’altra auto viaggiavano alcuni amici
del Pagliughi, il quale aveva tentato di sottrarsi agli agenti innestando la
retromarcia ed imboccando la via contromano. La sentenza impugnata ha
spiegato, con coerente motivazione, sulla base di quali elementi la percezione

2. Va ricordato che, secondo quanto ripetutamente affermato da questa
Corte, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art.9 ter cod. strada (divieto
di gareggiare in velocità con veicoli a motore) è sufficiente il solo fatto di porre in
essere la condotta relativa alla fattispecie vietata, senza necessità di un previo
accordo organizzativo tra i due partecipanti (Sez.4, n.31294 del 18/04/2013,
Nenciolini, Rv.255990; Sez.4, n.15697 del 18/12/2012, dep. 4/04/2013, Siro,
Rv.255499; Sez.4, n.37859 del 3/07/2007, Ranni, Rv.237781).
2.1. In punto di diritto e in via generale, poi, occorre considerare che
l’illecito delittuoso può connotarsi per la coesistenza della coscienza dell’azione,
per cui l’agente si rappresenta effettivamente il concreto esito offensivo,
conoscendo la situazione di fatto dalla quale deriva il rischio che tale esito si
verifichi, e della volontà dell’azione, intesa genericamente come decisione
personale di possibile violazione del bene giuridico.
2.2. Il terreno della circolazione stradale, costellato dalla compresenza di
illeciti amministrativi ed illeciti penali, sia delitti che contravvenzioni, si
caratterizza per l’accentuata riduzione del rimprovero colposo, fino a degradare
nel penalmente lecito. Si tratta di un settore tradizionalmente inquadrato nel
concetto di ‘rischio consentito’, in cui l’illecito penale si presenta, per lo più, per
la configurazione dell’elemento soggettivo come colpa con previsione; l’agente,
in altre parole, confida nella non verificazione dell’evento, che può
genericamente individuarsi nella messa in pericolo dell’incolumità pubblica,
ponendo in essere una condotta avventata ancorchè assistita da un minimo
fondamento di razionalità.
2.3. Tuttavia, le figure della cosiddetta sfida automobilistica appaiono
caratterizzarsi per una certa ambiguità sotto il profilo dell’elemento soggettivo; si
può ritenere, infatti, che le ipotesi di reato disciplinate dagli artt.9 bis e 9 ter
cod. strada descrivano altrettante situazioni in cui il pericolo per il bene giuridico ,
è così intenso da non potersi escludere, quale elemento soggettivo tipico delle
relative fattispecie, almeno il dolo indiretto.
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degli agenti fosse attendibile.

2.4. Le norme incriminatrici di cui si tratta sono collocate nel Titolo I del
cod.strada, ossia nell’ambito dei principi generali. L’art.9 regola, in generale, i
presupposti legittimanti qualsivoglia competizione sportiva su strada, si tratti di
gare con veicoli, animali o di gare atletiche, nell’ottica di subordinare al controllo
dell’autorità amministrativa il bilanciamento tra la sicurezza di tutti gli utenti
della strada e l’interesse all’utilizzo della strada per fini agonistici. Nell’ambito di
questa stessa disposizione, i commi 8 e 9 sanzionano come illecito
amministrativo l’organizzazione di una competizione sportiva senza

proprio al fine di consentire che la competizione si svolga in condizioni di
sicurezza per tutti gli utenti della strada. La clausola di riserva contenuta nel
comma 8 (fuori dei casi previsti dal comma 8-bis), deve intendersi riferita, a
seguito dell’abrogazione del comma 8-bis

ad opera della legge di conversione

del d.l. 27 giugno 2003, n. 151, che lo aveva introdotto (I. 1 agosto 2003,
n.214) e che non ha contestualmente corretto il richiamo, all’art.9

bis cod.

strada, che sanziona penalmente chiunque organizza, promuove, dirige o
comunque agevola una competizione sportiva in velocita’ con veicoli a motore,
ovvero vi prende parte, senza esserne autorizzato, prevedendo un
aggravamento di pena nel caso di morte o lesioni come conseguenza della
competizione ovvero nel caso in cui la competizione sia organizzata a fine di
lucro o al fine di esercitare o di consentire scommesse clandestine, ovvero
se alla competizione partecipino minori di anni diciotto. La condotta che, non
essendo sussumibile nelle fattispecie astratte previste dall’art.9 bis, si concreti
nel gareggiare in velocità con veicoli a motore, costituisce illecito penalmente
rilevante ed è punita con una sanzione meno grave. La violazione del divieto di
gareggiare in velocità è, altresì, sanzionata come illecito amministrativo
dall’art.141, comma 9, cod. strada.
2.5. Così delineato il quadro normativo di riferimento, per risolvere la
questione posta dal ricorrente, che lamenta l’erronea sussunzione della sua
condotta nell’ambito di operatività dell’art.9

ter cod. strada anziché in quello

dell’art.141, comma 9, cod. strada, è necessario in primo luogo stabilire se i due
illeciti possano concorrere. Analogamente a quanto previsto dall’art.9, comma 8
(fuori dei casi…), che consente l’irrogazione della sanzione amministrativa a chi
organizzi competizioni sportive su strada non autorizzate purchè la condotta non
concreti violazione dell’art.9 bis, il tenore letterale dell’art.141, comma 9 (salvo
quanto previsto…), consente di escludere il concorso tra l’illecito amministrativo
ivi sanzionato e l’illecito penale contemplato dall’art.9 ter, nel caso in cui la gara
si svolga tra veicoli a motore.

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autorizzazione o la violazione degli obblighi, dei divieti e delle limitazioni imposti

2.6. In quest’ultima ipotesi, la condotta, la cui pericolosità è desumibile in
generale anche per l’illecito amministrativo dal fatto che chi gareggia in velocità
utilizza la sede stradale in maniera impropria rispetto alla finalità di circolazione,
è stata configurata dal legislatore come ipotesi delittuosa, non potendosi
escludere che tale condotta sia assistita, oltre che dalla consapevolezza
dell’agente di porsi in una situazione pericolosa per la sicurezza stradale, anche
dalla volontà di assumere tale rischio.
2.7. Va, poi, ricordato che il concorso tra fattispecie penali e violazioni

legge 24 novembre 1981, n. 689 e che in caso di concorso tra disposizione
penale incriminatrice e disposizione amministrativa sanzionatoria in riferimento
allo stesso fatto, deve trovare applicazione esclusivamente la disposizione che
risulti speciale rispetto all’altra all’esito del confronto tra le rispettive fattispecie
astratte (Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 21/01/2011, PG in proc. Di
Lorenzo, Rv. 248722; Corte Cost. n.97 del 3 aprile 1987; Corte Cost. n.287 del 4
novembre 2011). La fattispecie astratta della gara in velocità tra veicoli a motore
contiene, rispetto all’identica fattispecie di illecito amministrativo, l’elemento
specializzante dell’utilizzo di un veicolo a motore, che pone l’art. 9 ter in rapporto
di specialità unilaterale per specificazione rispetto all’art.141, comma 9, cod.
strada, imponendo conseguentemente l’applicazione della sola sanzione penale,
qualora la gara in velocità si svolga tra conducenti di veicoli a motore.
2.8. La Corte territoriale non si è, peraltro, limitata a confermare la
pronuncia di primo grado, ma si è soffermata a descrivere la condotta di guida
dell’imputato, concretata non solo dall’eccesso di velocità ma dall’aver affiancato
ripetutamente ed aver sorpassato l’altra autovettura, condotta da un amico, così
evidenziando la sussistenza degli elementi costitutivi dell’ipotesi delittuosa
contestata e, in particolare, la condotta del conducente di un veicolo a motore,
entrato in competizione con altro conducente, e la consapevole comunanza di
scopo agonistico, ancorchè non inquadrabile in un contesto organizzativo.

3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. Deve rilevarsi, in particolare, che le doglianze difensive qui proposte
fanno generico riferimento al contenuto della decisione impugnata e
costituiscono, nella sostanza, eccezioni in punto di fatto, poiché non inerenti ad
errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata ovvero a travisamento della
prova, ma risultano dirette a censurare le valutazioni operate dal giudice di
merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti
probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più
favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in
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amministrative è disciplinato dal principio di specialità, ai sensi dell’art. 9 della

sede di legittimità perché in violazione della disciplina di cui all’art. 606 cod.
proc. pen. (Sez. 4, n. 31064 del 02/07/2002, P.O.in proc. Min. Tesoro,
Rv. 222217; Sez. 1, n. 10527 del 12/07/2000, Cucinotta, Rv. 217048; Sez. U,
n.6402 del 30/04/1997,Dessimone,Rv. 207944;Sez. U, n.930 del 13/12/1995
(dep. 29/01/1996), Clarke, Rv.203428).
3.2. Le censure mosse dal ricorrente si scontrano, peraltro, con il dato
testuale della sentenza impugnata che, alle pagg.2 e 3, ha espressamente
argomentato in merito all’attendibilità della testimonianza degli agenti di polizia

4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato con condanna del
ricorrente, a norma dell’art. 616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 21/03/2014

giudiziaria.

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