Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17808 del 07/03/2014
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17808 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MUSUMECI ALESSIO SEBASTIANO N. IL 27/07/1987
avverso la sentenza n. 627/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
03/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vi Nc EN zo agile i
che ha concluso per it •/,’rilo dr.< 4,...9-14.0 • ( Udito, per la part
Udit i • ensor Avv. ile, l'Av Data Udienza: 07/03/2014 t Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 1/7/2009 il Tribunale di Catania condannava Alessio
Sebastiano Musumeci, concesse le attenuanti generiche e ritenuto il concorso di
colpa nella misura del 60%, a mesi quattro di reclusione, pena sospesa, oltre che
al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, per il reato p. e p.
dall'art. 590, secondo comma, cod. pen., commesso il 14/2/2006.
Secondo la descrizione del fatto contenuta nel capo d'imputazione, il Russo di Catania con direzione ovest est, giunto in corrispondenza
dell'intersezione stradale con il viale Vittorio Veneto, attraversava
trasversalmente la carreggiata del viale medesimo in direzione dell'antistante
rifornimento di carburante, attraversando la doppia striscia continua di mezzeria
ed invadendo parzialmente la semicarreggiata destinata all'opposto senso di
marcia, nella quale viaggiava Massimo Romano alla guida di un ciclomotore
Piaggio con direzione di marcia sud Nord. Quest'ultimo, vista l'autovettura Ford
Focus disposta trasversalmente sulla carreggiata e percepito il pericolo di
collisione, azionava repentinamente il freno del ciclomotore che, però, a causa
dell'elevata velocità e dell'elevato grado di usura dello pneumatico posteriore,
rovinava sulla sede stradale per circa dodici metri andando successivamente ad
impattare contro l'autovettura Ford Focus. Da tale incidente derivavano a carico
del Romano gravi lesioni personali. 2. Interposto gravame da parte dell'imputato, la Corte d'appello di Catania
lo accoglieva limitatamente al trattamento sanzionatorio - rideterminato ai sensi
dell'art. 52 d.lgs. 274/2000 in C 1.200,00 di multa con esclusione del beneficio
della sospensione condizionale della pena - rigettandolo nel resto.
Rilevava in sintesi, con riferimento alle iterate preliminari eccezioni di rito,
che:
- non sussisteva la dedotta nullità della sentenza per incompetenza per
materia del Tribunale, essendo stata la relativa eccezione tardivamente
proposta, quando era stata verificata da tempo la costituzione delle parti e
dichiarata la contumacia dell'imputato;
- tale dichiarazione di contumacia era stata altresì ritualmente effettuata
una volta accertata per la prima volta l'avvenuta citazione dell'imputato e la sua
mancata comparizione all'udienza, restando irrilevanti al riguardo le istanze di
rinvio avanzate dalle parti private;
- rettamente l'ulteriore eccezione di inesistenza della costituzione di parte
civile era stata ritenuta intempestiva dal Tribunale in quanto sollevata dal Musumeci, percorrendo alla guida di un'autovettura Ford focus la Via Gioacchino difensore solo all'udienza del 1/7/2009 a fronte della intervenuta costituzione di
parte civile all'udienza del 14/1/2009 e dunque dopo la formale apertura del
dibattimento di primo grado.
Nel merito confermava il giudizio di penale responsabilità dell'imputato
rilevando che la ricostruzione della dinamica dell'incidente e la sua riconduzione
causale anche alla condotta di guida imprudente e disaccorta del Musumeci
risulta ancorata in modo logicamente coerente sugli esiti dei rilievi svolti sul
luogo e nell'immediatezza del sinistro dal personale della polizia municipale, sulle valutazioni svolte dal consulente tecnico del PM. Da tali elementi emergeva,
infatti, che al momento dell'impatto il Musumeci aveva iniziato una manovra di
inversione di marcia, oltrepassando, per circa la metà della lunghezza della sua
auto, la doppia striscia continua di mezzeria della strada in quel momento
percorsa in discesa.
Osservava, inoltre, che la tesi difensiva dell'imputato, secondo cui l'impegno
della propria autovettura nella carreggiata opposta era limitato a soli 30 cm, era
contrastata da oggettivi dati tecnici e di carattere logico più persuasivi, come
l'insufficiente peso specifico del motociclo - sia pure alla velocità sostenuta da
questo raggiunta - per determinare lo spostamento dell'autovettura fino al punto
di quiete, da ritenersi pertanto coincidente con il punto d'urto tra i due mezzi.
Rigettava altresì la tesi secondo cui la condotta di guida gravemente
imprudente della stessa vittima potesse ritenersi causa esclusiva dell'evento.
Sotto il profilo sanzionatorio, riformava nei termini sopra detti la sentenza
impugnata rilevando che la pena irrogabile, ancorché a giudicare fosse stato il
tribunale, non poteva che essere quella prevista per i reati giudicabili dal giudice
di pace, dovendosi altresì escludere ai sensi dell'art. 60 del citato decreto
legislativo il beneficio della sospensione condizionale della pena. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, per
mezzo del proprio difensore, sulla base di sette motivi. 2.1. Con il primo deduce inosservanza di norme processuali in punto di
incompetenza per materia del giudice di primo grado.
Deduce che erroneamente la Corte d'appello, confermando la decisione
adottata sul punto dal giudice di primo grado, ha ritenuto la relativa eccezione
tardiva, in relazione all'art. 491 cod. , proc. peri.. Il termine ivi previsto, infatti,
secondo il ricorrente, non poteva co r' e spirato, considerato che la prima udienza veniva rinviata per provvedere alla notificazione al difensore
dell'imputato, non avvisato, e la seconda veniva rinviata, in via preliminare, 3 dichiarazioni rese da uno dei verbalizzanti, nonché sull'esito delle esaustive essendo in corso trattative di bonario componimento, su richiesta congiunta dei
difensori dell'imputato e della costituenda parte civile. Soggiunge che peraltro, la
circostanza che il tribunale avesse ammesso la costituzione di parte civile dopo
aver rigettato l'eccezione di incompetenza per materia, non può non significare
che il termine per tale eccezione non era ancora spirato, essendo la richiesta di
costituzione di parte civile soggetta allo stesso termine di cui all'art. 491, comma
1, cod. proc. pen. in relazione alla ammissione della costituzione di parte civile. Osserva che
contraddittoriamente il Tribunale ha ritenuto spirato il termine per l'eccezione di
incompetenza per materia ma ha invece ritenuto tempestiva la richiesta di
costituzione di parte civile, sebbene soggetta al medesimo termine. 2.3. Con il terzo e con il quarto motivo, congiuntamente esaminabili, deduce
ancora inosservanza di norme processuali oltre che vizio di motivazione per
avere il Tribunale ammesso la costituzione di parte civile sebbene veicolata da
un atto che indicava generalità della parte civile costituenda e dell'imputato per
nulla corrispondenti a quelle dei soggetti effettivamente coinvolti nel
procedimento, e ciò senza specificamente motivare le ragioni del rigetto della
eccezione di inesistenza dell'atto per tale ragione sollevata dall'imputato. Rileva
infatti il ricorrente che il descritto contenuto, investendo l'atto nei suoi requisiti
indispensabili, lo rendeva addirittura inesistente in quanto privo dei requisiti
minimi di forma e di sostanza previsti dalla legge e tale dunque da potersene
predicare la rilevabilità anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento,
anche in assenza di eccezione di parte. 2.4. Con il quinto e il sesto motivo, a loro volta congiuntamente esaminabili,
il ricorrente deduce inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in
relazione alla declaratoria di contumacia dell'imputato nel giudizio di primo
grado.
Rileva che tale dichiarazione avrebbe dovuto necessariamente precedere il
rinvio del processo ad altra udienza ed è invece intervenuta dopo che il processo
era già stato preliminarmente rinviato.
Deduce inoltre che la Corte d'appello ha omesso di motivare o, comunque,
ha motivato in modo illogico e contraddittorio, in ordine al contrasto esistente tra
l'ordinanza resa all'udienza del 2/4/2008 di dichiarazione di contumacia
dell'imputato e quella, resa all'udienza del 14/1/2009, di dichiarazione di
apertura del dibattimento. Solo in quest'ultima, secondo il ricorrente, postulando 4 2.2. Con il secondo motivo deduce ancora inosservanza di norme processuali la dichiarazione d'apertura del dibattimento la verifica della costituzione delle
parti, avrebbe potuto e dovuto essere legittimamente pronunziata la
dichiarazione di contumacia. 2.5. Con il settimo motivo deduce infine vizio di motivazione in relazione
all'affermazione della sua penale responsabilità in relazione al sinistro.
Assume che la ricostruzione accolta dalla Corte d'appello, in conformità al
giudice di primo grado, è «in evidente contraddizione con le risultanze istruttorie, Rileva in particolare che il superamento da parte dell'autovettura, per circa
metà della sua lunghezza, della striscia di mezzeria deriva solo dalla
ricostruzione dei vigili urbani, e dunque sulla base dello stato di quiete dei mezzi,
senza tener conto dello spostamento subito dall'autovettura a seguito dell'urto.
Osserva al riguardo che non è condivisibile, perché contrasta con le leggi
della fisica, con la logica e con l'id quod plerumque accidit, la tesi secondo cui la
moto non ha potuto provocare lo spostamento dell'autovettura a causa del suo
insufficiente peso specifico, poiché non tiene conto che si trattava di una moto di
rilevantissima stazza, quale la Piaggio Beverly 500 e della sua elevatissima
velocità, nonché dello stato di usura degli pneumatici. Considerato in diritto 3. Con i primi due motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili, entrambi
afferendo al censurato rigetto della eccezione di incompetenza per materia del
tribunale, il ricorrente deduce in buona sostanza che la ragione di tale rigetto consistente nella ritenuta tardività dell'eccezione medesima - è da ritenersi: a)
infondata essendo stata essa proposta all'udienza del 14/1/2009, alla quale il
processo era stato rinviato dalla prima udienza del 2/4/2008 su richiesta
concorde delle parti private, per essere in corso trattative di bonario
componimento, e, comunque, quando ancora non era spirato il termine all'uopo
fissato dall'art. 23, comma 2, cod. proc. pen. con richiamo all'art. 491, comma 1,
cod. proc. pen.; b) contraddittoria per avere lo stesso Tribunale ritenuto invece
tempestiva la richiesta di costituzione di parte civile subito dopo intervenuta
nella medesima udienza del 14/1/2009, ancorché per legge soggetta al
medesimo termine finale.
La doglianza è infondata sotto entrambi i profili. 3.1. A norma dell'art. 23, comma 2, primo periodo, cod. proc. pen., «se il
reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, se rettamente intese». l'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine
stabilito dall'articolo 491 comma 1».
Stabilisce tale richiamata disposizione, per quel che in questa sede
interessa, che «le questioni concernenti la competenza per territorio o per
connessione, ..., la costituzione di parte civile, ... sono precluse se non sono
proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della
costituzione delle parti e sono decise immediatamente».
Nel caso di specie, risulta dall'esame degli atti, la cui consultazione è formulata, che alla prima udienza effettiva del 2/4/2008 (quella precedente
essendo stata rinviata in limine per un difetto di notifica) il Tribunale ha, secondo
l'ordine grafico delle proposizioni ricavabile dal relativo verbale: i) provveduto al
controllo della regolare costituzione delle parti (parte prestampata del verbale);
li) concesso il rinvio del processo ad altra udienza richiesto dalle parti private per
bonario componimento (parte scritta a mano); iii) compiuto l'accertamento della
costituzione delle parti e quindi, sentite le parti, dichiarato la contumacia
dell'imputato Musumeci Alessio (proposizioni quasi tutte prestampate, salvo
l'indicazione del nome e cognome dell'imputato dichiarato contumace, scritta
ovviamente a mano).
È pertanto evidente che in tale udienza il Tribunale ha provveduto
all'incombente preliminare dell'accertamento della costituzione delle parti,
indicato dalle richiamate norme come termine finale per l'eccezione di
incompetenza per materia in favore di giudice inferiore, tanto da pervenire anche
alla declaratoria di contumacia dell'imputato, con la conseguenza che
correttamente il Tribunale, prima, e la Corte d'appello, poi, hanno ritenuto
tardiva l'eccezione predetta in quanto per la prima volta sollevata all'udienza
successiva.
Né potrebbe sostenersi che detto accertamento non potesse considerarsi
compiuto alla predetta prima udienza del 2/4/2008 per essere stata preceduta la
dichiarazione di contumacia dal rinvio ad altra udienza disposto su richiesta delle
parti.
Non è possibile, invero, ricavare un siffatto ordine dei provvedimenti dalla
mera collocazione grafica delle relative proposizioni nel verbale, in quanto
evidentemente condizionata dal carattere prestampato dello stesso (tale per cui
il testo manoscritto attraverso il quale è espresso il rinvio ad altra udienza, in
realtà precede graficamente quello, in parte prestampato in parte manoscritto,
della declaratoria di contumacia dell'imputato solo in ragione della sua fisica
collocazione in una parte del verbale che ne consentiva l'inserimento per la
presenza di righe vuote) e considerato che comunque il verbale non risulta 6 consentita a questa Corte in ragione della natura processuale della censura affatto chiuso subito dopo il provvedimento di rinvio, ma vi contiene anche le
successive proposizioni, potendosi l'atto considerare chiuso solo con la
sottoscrizione del giudice.
Esattamente, pertanto, la sentenza impugnata ha dichiarato l'imputato
decaduto dalla relativa eccezione.
Peraltro, deve essere anche osservato che le disposizioni citate non
comminano alcuna sanzione di nullità per l'ipotesi in cui il giudice avente
competenza superiore abbia deciso in ordine ad un reato di competenza del ascritto all'imputato, in quanto di competenza del giudice di pace, non può
essere rilevata di ufficio in sede di legittimità, non ricorrendo un caso di nullità
della pronuncia sul punto, stante la tassatività della previsione normativa in
materia. 3.2. Non sussiste poi la rilevata contraddittorietà con il provvedimento
adottato alla successiva udienza del 14/1/2009 (quella stessa in cui è stata
proposta ma rigettata l'eccezione di incompetenza, in quanto tardiva) di
ammissione della costituzione di parte civile, potendosi ritenere nel caso di
specie giustificata e quindi ammissibile la costituzione della parte civile
intervenuta all'udienza successiva a quella in cui è stato compiuto l'accertamento
della costituzione delle parti, ma pur sempre prima dell'apertura del
dibattimento, essendo tale spostamento frutto di una precisa e concorde
richiesta delle parti private, ossia dell'imputato e della persona offesa
(evidentemente presente, dunque, e pronta a costituirsi anche in prima
udienza) di un rinvio del processo in tale stato avanzata «per bonario componimento» (cfr. Sez. 5, n. 4972 del 13/12/2006, Fortunato, Rv. 236313;
Sez. 2, n. 11818 del 05/02/2003, Gobbato, Rv. 223906; Sez. 4, n. 24877 del
22/05/2002, Pisano, Rv. 222004; Sez. 3, n. 8880 del 16/06/1998, Stringa, Rv.
211690): giustificazione questa che, legata alle descritte peculiarità del caso
concreto, se può valere a rendere ammissibile la costituzione di parte civile in un
momento immediatamente successivo all'accertamento della costituzione delle
parti ma pur sempre in fase di atti preliminari al dibattimento, non v'è ragione
invece di estendere anche alla proposizione dell'eccezione di incompetenza per
materia ex art. 23, comma 2, cod. proc. pen.. 4. Devono anche rigettarsi il terzo e quarto motivo di ricorso, anch'essi
come detto congiuntamente esaminabili.
Correttamente infatti il Tribunale ha disatteso l'eccezione di nullità della
costituzione di parte civile, motivata da dedotti vizi formali inerenti il contenuto 7 giudice di pace. Pertanto, l'incompetenza del tribunale a conoscere del reato dell'atto, in quanto tardivamente proposta.
Ai sensi dell'art. 80, comma 3, cod. proc. pen., infatti, nell'ipotesi di esercizio
dell'azione civile durante la fase degli atti preliminari al dibattimento o nel corso
di quelli introduttivi, la richiesta di esclusione dev'essere formulata in sede di
trattazione delle questioni preliminari (art. 491 comma 1 cod. proc. pen.), prima
della formale apertura del dibattimento, al fine di consentire l'immediata
decisione del giudice in merito alla stessa (v. Sez. 3, n. 37507 del 13/07/2011
Ud., M., Rv. 251303). termine, all'udienza del 1/7/2009, nella quale il giudizio di primo grado, già in
fase avanzata dibattimentale, venne addirittura definito. 5. Sono invece da ritenere inammissibili, per difetto di interesse (art. 568,
comma 4, cod. proc. pen.), le censure svolte con il quinto e sesto motivo in
relazione alla dichiarazione di contumacia dell'imputato effettuata, nel giudizio di
primo grado, alla predetta prima udienza del 2/4/2008, non essendo specificato
il pregiudizio che dalla contestata declaratoria sarebbe derivato rispetto al
successivo svolgimento e all'esito finale del giudizio, considerato peraltro che,
due udienze dopo, la declaratoria di contumacia è stata revocata per la
sopravvenuta presenza dell'imputato.
Può comunque aggiungersi che, alla luce delle considerazioni già svolte, le
doglianze si appalesano anche destituite di fondamento, atteso che la mera
collocazione grafica delle proposizioni contenute nel verbale del 2/4/2008 spiegabile per le ragioni dette - non è sufficiente ad attribuire priorità logico
temporale al provvedimento di rinvio dell'udienza rispetto alla dichiarazione di
contumacia dell'imputato, né tantomeno a ritenere questa come nulla in quanto
in ipotesi effettuata al di fuori dell'udienza e del contraddittorio tra le parti.
Né tantomeno può ravvisarsi contraddizione di sorta nella consecuzione
temporale tra la dichiarazione di contumacia, operata come detto all'udienza del
2/4/2008, e quella di apertura del dibattimento, resa alla successiva udienza del
14/1/2009.
Da una coordinata lettura delle norme di cui agli artt. 484, comma 1, cod.
proc. pen. (il quale prevede che, prima di dare inizio al dibattimento, il
presidente controlli la regolare costituzione delle parti), dell'art. 492 cod. proc.
pen. (il quale dispone che, compiute le attività indicate negli articoli 484 e
seguenti, il presidente dichiara aperto il dibattimento) e dell'art. 491 (che, come
s'è già ricordato, prescrive, al comma 1, che le questioni concernenti
competenza e la costituzione di parte civile sono precluse se non sono proposte
subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle 8 Nel caso di specie, l'eccezione risulta invece proposta ben al di là di tale parti e sono decise immediatamente) risulta evidente che le attività descritte si
svolgono secondo una sequenza prestabilita e sono tra loro distinte, dovendosi
quindi escludere ogni coincidenza tra la verifica della regolare costituzione della
parti e l'apertura del dibattimento.
Se è certamente vero che, nella prassi, la sequenza procedimentale
descritta si svolge frequentemente in un contesto unico, che vede il giudice
effettuare la verifica prevista dall'art. 484 cod. proc. pen. e dichiarare
contestualmente aperto il dibattimento senza alcuna soluzione di continuità, ciò l'identità loro attribuita dal codice di rito (v. in tal senso, in motivazione, Sez. 3,
n. 44442 del 03/10/2013, 0., Rv. 257529). 6. È infine infondato anche il settimo e ultimo motivo impingente la
motivazione, asseritamente contraddittoria rispetto alle risultanze istruttorie,
poste a fondamento della affermata responsabilità penale.
Con ogni evidenza, tali censure sono di carattere meramente valutativo, in
quanto costituiscono esclusivamente una critica della valutazione delle risultanze
probatorie da parte dei giudici di merito, senza che risulti evidenziato un effettivo
vizio di motivazione della pronuncia, tale da integrare l'ipotesi della carenza o
manifesta illogicità.
Giova al riguardo rammentare che in tema di sindacato del vizio di
motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la
propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito, ma solo quello di
stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione,
dandone una corretta e logica interpretazione, con esaustiva e convincente
risposta alle deduzioni delle parti; se abbiano, quindi, correttamente applicato le
regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la
scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del
13/12/1995 - dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203428; Sez. U, n. 12 del
31/5/2000, Jakani, Rv. 216260). E poiché il vizio di motivazione deducibile in
sede di legittimità deve, per espressa previsione normativa, risultare dal testo
del provvedimento impugnato, o - a seguito della modifica apportata all'art. 606
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., dall'art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46
- da «altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame»,
tanto comporta, quanto al vizio di manifesta illogicità, per un verso, che il
ricorrente deve dimostrare in tale sede che l'iter argomentativo seguito dal
giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa
dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra
interpretazione o di un altro iter, quand'anche in tesi egualmente corretti sul 9 non significa però che tali adempimenti perdano per ciò solo l'autonomia e piano logico; ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato
logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti
si presterebbero ad una diversa lettura o interpretazione, ancorché, in tesi,
munite di eguale crisma di logicità (cfr. Sez. U, n. 30 del 27/9/1995; Sez. U, n.
6402 del 30/4/1997; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; in
termini sostanzialmente identici, ancorché con riferimento alla materia cautelare,
Sez. U, n. 16 del 19/6/1996, Di Francesco, Rv. 205621; e non dissimilmente,
Sez. U, n. 30 del 27/9/1995, Mannino, Rv. 202903; Sez. U, n. 19 del 930/96 del 13/12/1995, cit.; Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, cit).
Inoltre, l'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell'art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen.., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu °culi, proprio perché l'indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di cassazione limitarsi - come s'è detto - a riscontrare
l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di una nuova
valutazione delle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003;
Petrella, Rv. 226074; Sez. 1, n. 5854 del 30/11/2000 - dep. 12/02/2001,
Andretta, Rv. 218119; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, cit.).
Ebbene una siffatta evidente illogicità non è certamente predicabile rispetto
alla decisione qui impugnata, la quale risulta adeguatamente motivata, peraltro
anche con richiamo alle conformi valutazioni del giudice di primo grado, con
riferimento ai rilievi svolti sul luogo e nell'immediatezza del sinistro dal personale
della polizia municipale, alle dichiarazioni testimoniali rese da uno dei
verbalizzanti, nonché alle valutazioni svolte dal consulente tecnico del PM, tutte
convergenti a fondare il convincimento che, al momento dell'impatto, il
Musumeci aveva iniziato la manovra di immissione nella opposta
semicarreggiata, oltrepassando, per circa la metà della lunghezza della sua auto,
la doppia striscia continua di mezzeria della strada.
L'opposta ricostruzione dedotta dalla difesa dell'imputato risulta peraltro
espressamente presa in considerazione dal giudice di merito e rigettata sulla
base del rilievo secondo cui «essa contrasta con oggettivi dati tecnici e di
carattere logico certamente più persuasivi, come l'insufficiente peso specifico del
motociclo, sia pure alla velocità sostenuta raggiunta, per determinare lo
spostamento dell'autovettura fino al punto di quiete, che invece alla luce dei
complessivi elementi desunti dai rilievi svolti nell'immediatezza sul posto e
documentati in foto, deve ritenersi coincidente con il punto d'urto tra i due
mezzi». Con tale argomentata valutazione il ricorrente omette sostanzialmente di
confrontarsi, contrapponendovi semplicemente la generica affermazione secondo 10 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; e, con riguardo al giudizio, Sez. U, n. cui le «leggi della fisica» e « l'id quod plerumque accidit» dovrebbero condurre a
ritenere che il peso specifico di una moto quale quella condotta nell'occorso dalla
vittima ha provocato lo spostamento dell'autovettura: valutazione
evidentemente non dotata di pregnanza logico-dimostrativa talmente forte e
univoca da disarticolare il diverso ragionamento seguito dai giudici di merito e
quindi, inidonea, come detto, a dimostrare la sussistenza di un vizio di
contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza. pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 7/3/2014 5. In definitiva il ricorso va rigettato, con la condanna del ricorrente al