Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17808 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17808 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUSUMECI ALESSIO SEBASTIANO N. IL 27/07/1987
avverso la sentenza n. 627/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
03/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vi Nc EN zo agile i
che ha concluso per it •/,’rilo dr.< 4,...9-14.0 • ( Udito, per la part Udit i • ensor Avv. ile, l'Av Data Udienza: 07/03/2014 t Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 1/7/2009 il Tribunale di Catania condannava Alessio Sebastiano Musumeci, concesse le attenuanti generiche e ritenuto il concorso di colpa nella misura del 60%, a mesi quattro di reclusione, pena sospesa, oltre che al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, per il reato p. e p. dall'art. 590, secondo comma, cod. pen., commesso il 14/2/2006. Secondo la descrizione del fatto contenuta nel capo d'imputazione, il Russo di Catania con direzione ovest est, giunto in corrispondenza dell'intersezione stradale con il viale Vittorio Veneto, attraversava trasversalmente la carreggiata del viale medesimo in direzione dell'antistante rifornimento di carburante, attraversando la doppia striscia continua di mezzeria ed invadendo parzialmente la semicarreggiata destinata all'opposto senso di marcia, nella quale viaggiava Massimo Romano alla guida di un ciclomotore Piaggio con direzione di marcia sud Nord. Quest'ultimo, vista l'autovettura Ford Focus disposta trasversalmente sulla carreggiata e percepito il pericolo di collisione, azionava repentinamente il freno del ciclomotore che, però, a causa dell'elevata velocità e dell'elevato grado di usura dello pneumatico posteriore, rovinava sulla sede stradale per circa dodici metri andando successivamente ad impattare contro l'autovettura Ford Focus. Da tale incidente derivavano a carico del Romano gravi lesioni personali. 2. Interposto gravame da parte dell'imputato, la Corte d'appello di Catania lo accoglieva limitatamente al trattamento sanzionatorio - rideterminato ai sensi dell'art. 52 d.lgs. 274/2000 in C 1.200,00 di multa con esclusione del beneficio della sospensione condizionale della pena - rigettandolo nel resto. Rilevava in sintesi, con riferimento alle iterate preliminari eccezioni di rito, che: - non sussisteva la dedotta nullità della sentenza per incompetenza per materia del Tribunale, essendo stata la relativa eccezione tardivamente proposta, quando era stata verificata da tempo la costituzione delle parti e dichiarata la contumacia dell'imputato; - tale dichiarazione di contumacia era stata altresì ritualmente effettuata una volta accertata per la prima volta l'avvenuta citazione dell'imputato e la sua mancata comparizione all'udienza, restando irrilevanti al riguardo le istanze di rinvio avanzate dalle parti private; - rettamente l'ulteriore eccezione di inesistenza della costituzione di parte civile era stata ritenuta intempestiva dal Tribunale in quanto sollevata dal Musumeci, percorrendo alla guida di un'autovettura Ford focus la Via Gioacchino difensore solo all'udienza del 1/7/2009 a fronte della intervenuta costituzione di parte civile all'udienza del 14/1/2009 e dunque dopo la formale apertura del dibattimento di primo grado. Nel merito confermava il giudizio di penale responsabilità dell'imputato rilevando che la ricostruzione della dinamica dell'incidente e la sua riconduzione causale anche alla condotta di guida imprudente e disaccorta del Musumeci risulta ancorata in modo logicamente coerente sugli esiti dei rilievi svolti sul luogo e nell'immediatezza del sinistro dal personale della polizia municipale, sulle valutazioni svolte dal consulente tecnico del PM. Da tali elementi emergeva, infatti, che al momento dell'impatto il Musumeci aveva iniziato una manovra di inversione di marcia, oltrepassando, per circa la metà della lunghezza della sua auto, la doppia striscia continua di mezzeria della strada in quel momento percorsa in discesa. Osservava, inoltre, che la tesi difensiva dell'imputato, secondo cui l'impegno della propria autovettura nella carreggiata opposta era limitato a soli 30 cm, era contrastata da oggettivi dati tecnici e di carattere logico più persuasivi, come l'insufficiente peso specifico del motociclo - sia pure alla velocità sostenuta da questo raggiunta - per determinare lo spostamento dell'autovettura fino al punto di quiete, da ritenersi pertanto coincidente con il punto d'urto tra i due mezzi. Rigettava altresì la tesi secondo cui la condotta di guida gravemente imprudente della stessa vittima potesse ritenersi causa esclusiva dell'evento. Sotto il profilo sanzionatorio, riformava nei termini sopra detti la sentenza impugnata rilevando che la pena irrogabile, ancorché a giudicare fosse stato il tribunale, non poteva che essere quella prevista per i reati giudicabili dal giudice di pace, dovendosi altresì escludere ai sensi dell'art. 60 del citato decreto legislativo il beneficio della sospensione condizionale della pena. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, per mezzo del proprio difensore, sulla base di sette motivi. 2.1. Con il primo deduce inosservanza di norme processuali in punto di incompetenza per materia del giudice di primo grado. Deduce che erroneamente la Corte d'appello, confermando la decisione adottata sul punto dal giudice di primo grado, ha ritenuto la relativa eccezione tardiva, in relazione all'art. 491 cod. , proc. peri.. Il termine ivi previsto, infatti, secondo il ricorrente, non poteva co r' e spirato, considerato che la prima udienza veniva rinviata per provvedere alla notificazione al difensore dell'imputato, non avvisato, e la seconda veniva rinviata, in via preliminare, 3 dichiarazioni rese da uno dei verbalizzanti, nonché sull'esito delle esaustive essendo in corso trattative di bonario componimento, su richiesta congiunta dei difensori dell'imputato e della costituenda parte civile. Soggiunge che peraltro, la circostanza che il tribunale avesse ammesso la costituzione di parte civile dopo aver rigettato l'eccezione di incompetenza per materia, non può non significare che il termine per tale eccezione non era ancora spirato, essendo la richiesta di costituzione di parte civile soggetta allo stesso termine di cui all'art. 491, comma 1, cod. proc. pen. in relazione alla ammissione della costituzione di parte civile. Osserva che contraddittoriamente il Tribunale ha ritenuto spirato il termine per l'eccezione di incompetenza per materia ma ha invece ritenuto tempestiva la richiesta di costituzione di parte civile, sebbene soggetta al medesimo termine. 2.3. Con il terzo e con il quarto motivo, congiuntamente esaminabili, deduce ancora inosservanza di norme processuali oltre che vizio di motivazione per avere il Tribunale ammesso la costituzione di parte civile sebbene veicolata da un atto che indicava generalità della parte civile costituenda e dell'imputato per nulla corrispondenti a quelle dei soggetti effettivamente coinvolti nel procedimento, e ciò senza specificamente motivare le ragioni del rigetto della eccezione di inesistenza dell'atto per tale ragione sollevata dall'imputato. Rileva infatti il ricorrente che il descritto contenuto, investendo l'atto nei suoi requisiti indispensabili, lo rendeva addirittura inesistente in quanto privo dei requisiti minimi di forma e di sostanza previsti dalla legge e tale dunque da potersene predicare la rilevabilità anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, anche in assenza di eccezione di parte. 2.4. Con il quinto e il sesto motivo, a loro volta congiuntamente esaminabili, il ricorrente deduce inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in relazione alla declaratoria di contumacia dell'imputato nel giudizio di primo grado. Rileva che tale dichiarazione avrebbe dovuto necessariamente precedere il rinvio del processo ad altra udienza ed è invece intervenuta dopo che il processo era già stato preliminarmente rinviato. Deduce inoltre che la Corte d'appello ha omesso di motivare o, comunque, ha motivato in modo illogico e contraddittorio, in ordine al contrasto esistente tra l'ordinanza resa all'udienza del 2/4/2008 di dichiarazione di contumacia dell'imputato e quella, resa all'udienza del 14/1/2009, di dichiarazione di apertura del dibattimento. Solo in quest'ultima, secondo il ricorrente, postulando 4 2.2. Con il secondo motivo deduce ancora inosservanza di norme processuali la dichiarazione d'apertura del dibattimento la verifica della costituzione delle parti, avrebbe potuto e dovuto essere legittimamente pronunziata la dichiarazione di contumacia. 2.5. Con il settimo motivo deduce infine vizio di motivazione in relazione all'affermazione della sua penale responsabilità in relazione al sinistro. Assume che la ricostruzione accolta dalla Corte d'appello, in conformità al giudice di primo grado, è «in evidente contraddizione con le risultanze istruttorie, Rileva in particolare che il superamento da parte dell'autovettura, per circa metà della sua lunghezza, della striscia di mezzeria deriva solo dalla ricostruzione dei vigili urbani, e dunque sulla base dello stato di quiete dei mezzi, senza tener conto dello spostamento subito dall'autovettura a seguito dell'urto. Osserva al riguardo che non è condivisibile, perché contrasta con le leggi della fisica, con la logica e con l'id quod plerumque accidit, la tesi secondo cui la moto non ha potuto provocare lo spostamento dell'autovettura a causa del suo insufficiente peso specifico, poiché non tiene conto che si trattava di una moto di rilevantissima stazza, quale la Piaggio Beverly 500 e della sua elevatissima velocità, nonché dello stato di usura degli pneumatici. Considerato in diritto 3. Con i primi due motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili, entrambi afferendo al censurato rigetto della eccezione di incompetenza per materia del tribunale, il ricorrente deduce in buona sostanza che la ragione di tale rigetto consistente nella ritenuta tardività dell'eccezione medesima - è da ritenersi: a) infondata essendo stata essa proposta all'udienza del 14/1/2009, alla quale il processo era stato rinviato dalla prima udienza del 2/4/2008 su richiesta concorde delle parti private, per essere in corso trattative di bonario componimento, e, comunque, quando ancora non era spirato il termine all'uopo fissato dall'art. 23, comma 2, cod. proc. pen. con richiamo all'art. 491, comma 1, cod. proc. pen.; b) contraddittoria per avere lo stesso Tribunale ritenuto invece tempestiva la richiesta di costituzione di parte civile subito dopo intervenuta nella medesima udienza del 14/1/2009, ancorché per legge soggetta al medesimo termine finale. La doglianza è infondata sotto entrambi i profili. 3.1. A norma dell'art. 23, comma 2, primo periodo, cod. proc. pen., «se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, se rettamente intese». l'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'articolo 491 comma 1». Stabilisce tale richiamata disposizione, per quel che in questa sede interessa, che «le questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, ..., la costituzione di parte civile, ... sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente». Nel caso di specie, risulta dall'esame degli atti, la cui consultazione è formulata, che alla prima udienza effettiva del 2/4/2008 (quella precedente essendo stata rinviata in limine per un difetto di notifica) il Tribunale ha, secondo l'ordine grafico delle proposizioni ricavabile dal relativo verbale: i) provveduto al controllo della regolare costituzione delle parti (parte prestampata del verbale); li) concesso il rinvio del processo ad altra udienza richiesto dalle parti private per bonario componimento (parte scritta a mano); iii) compiuto l'accertamento della costituzione delle parti e quindi, sentite le parti, dichiarato la contumacia dell'imputato Musumeci Alessio (proposizioni quasi tutte prestampate, salvo l'indicazione del nome e cognome dell'imputato dichiarato contumace, scritta ovviamente a mano). È pertanto evidente che in tale udienza il Tribunale ha provveduto all'incombente preliminare dell'accertamento della costituzione delle parti, indicato dalle richiamate norme come termine finale per l'eccezione di incompetenza per materia in favore di giudice inferiore, tanto da pervenire anche alla declaratoria di contumacia dell'imputato, con la conseguenza che correttamente il Tribunale, prima, e la Corte d'appello, poi, hanno ritenuto tardiva l'eccezione predetta in quanto per la prima volta sollevata all'udienza successiva. Né potrebbe sostenersi che detto accertamento non potesse considerarsi compiuto alla predetta prima udienza del 2/4/2008 per essere stata preceduta la dichiarazione di contumacia dal rinvio ad altra udienza disposto su richiesta delle parti. Non è possibile, invero, ricavare un siffatto ordine dei provvedimenti dalla mera collocazione grafica delle relative proposizioni nel verbale, in quanto evidentemente condizionata dal carattere prestampato dello stesso (tale per cui il testo manoscritto attraverso il quale è espresso il rinvio ad altra udienza, in realtà precede graficamente quello, in parte prestampato in parte manoscritto, della declaratoria di contumacia dell'imputato solo in ragione della sua fisica collocazione in una parte del verbale che ne consentiva l'inserimento per la presenza di righe vuote) e considerato che comunque il verbale non risulta 6 consentita a questa Corte in ragione della natura processuale della censura affatto chiuso subito dopo il provvedimento di rinvio, ma vi contiene anche le successive proposizioni, potendosi l'atto considerare chiuso solo con la sottoscrizione del giudice. Esattamente, pertanto, la sentenza impugnata ha dichiarato l'imputato decaduto dalla relativa eccezione. Peraltro, deve essere anche osservato che le disposizioni citate non comminano alcuna sanzione di nullità per l'ipotesi in cui il giudice avente competenza superiore abbia deciso in ordine ad un reato di competenza del ascritto all'imputato, in quanto di competenza del giudice di pace, non può essere rilevata di ufficio in sede di legittimità, non ricorrendo un caso di nullità della pronuncia sul punto, stante la tassatività della previsione normativa in materia. 3.2. Non sussiste poi la rilevata contraddittorietà con il provvedimento adottato alla successiva udienza del 14/1/2009 (quella stessa in cui è stata proposta ma rigettata l'eccezione di incompetenza, in quanto tardiva) di ammissione della costituzione di parte civile, potendosi ritenere nel caso di specie giustificata e quindi ammissibile la costituzione della parte civile intervenuta all'udienza successiva a quella in cui è stato compiuto l'accertamento della costituzione delle parti, ma pur sempre prima dell'apertura del dibattimento, essendo tale spostamento frutto di una precisa e concorde richiesta delle parti private, ossia dell'imputato e della persona offesa (evidentemente presente, dunque, e pronta a costituirsi anche in prima udienza) di un rinvio del processo in tale stato avanzata «per bonario componimento» (cfr. Sez. 5, n. 4972 del 13/12/2006, Fortunato, Rv. 236313; Sez. 2, n. 11818 del 05/02/2003, Gobbato, Rv. 223906; Sez. 4, n. 24877 del 22/05/2002, Pisano, Rv. 222004; Sez. 3, n. 8880 del 16/06/1998, Stringa, Rv. 211690): giustificazione questa che, legata alle descritte peculiarità del caso concreto, se può valere a rendere ammissibile la costituzione di parte civile in un momento immediatamente successivo all'accertamento della costituzione delle parti ma pur sempre in fase di atti preliminari al dibattimento, non v'è ragione invece di estendere anche alla proposizione dell'eccezione di incompetenza per materia ex art. 23, comma 2, cod. proc. pen.. 4. Devono anche rigettarsi il terzo e quarto motivo di ricorso, anch'essi come detto congiuntamente esaminabili. Correttamente infatti il Tribunale ha disatteso l'eccezione di nullità della costituzione di parte civile, motivata da dedotti vizi formali inerenti il contenuto 7 giudice di pace. Pertanto, l'incompetenza del tribunale a conoscere del reato dell'atto, in quanto tardivamente proposta. Ai sensi dell'art. 80, comma 3, cod. proc. pen., infatti, nell'ipotesi di esercizio dell'azione civile durante la fase degli atti preliminari al dibattimento o nel corso di quelli introduttivi, la richiesta di esclusione dev'essere formulata in sede di trattazione delle questioni preliminari (art. 491 comma 1 cod. proc. pen.), prima della formale apertura del dibattimento, al fine di consentire l'immediata decisione del giudice in merito alla stessa (v. Sez. 3, n. 37507 del 13/07/2011 Ud., M., Rv. 251303). termine, all'udienza del 1/7/2009, nella quale il giudizio di primo grado, già in fase avanzata dibattimentale, venne addirittura definito. 5. Sono invece da ritenere inammissibili, per difetto di interesse (art. 568, comma 4, cod. proc. pen.), le censure svolte con il quinto e sesto motivo in relazione alla dichiarazione di contumacia dell'imputato effettuata, nel giudizio di primo grado, alla predetta prima udienza del 2/4/2008, non essendo specificato il pregiudizio che dalla contestata declaratoria sarebbe derivato rispetto al successivo svolgimento e all'esito finale del giudizio, considerato peraltro che, due udienze dopo, la declaratoria di contumacia è stata revocata per la sopravvenuta presenza dell'imputato. Può comunque aggiungersi che, alla luce delle considerazioni già svolte, le doglianze si appalesano anche destituite di fondamento, atteso che la mera collocazione grafica delle proposizioni contenute nel verbale del 2/4/2008 spiegabile per le ragioni dette - non è sufficiente ad attribuire priorità logico temporale al provvedimento di rinvio dell'udienza rispetto alla dichiarazione di contumacia dell'imputato, né tantomeno a ritenere questa come nulla in quanto in ipotesi effettuata al di fuori dell'udienza e del contraddittorio tra le parti. Né tantomeno può ravvisarsi contraddizione di sorta nella consecuzione temporale tra la dichiarazione di contumacia, operata come detto all'udienza del 2/4/2008, e quella di apertura del dibattimento, resa alla successiva udienza del 14/1/2009. Da una coordinata lettura delle norme di cui agli artt. 484, comma 1, cod. proc. pen. (il quale prevede che, prima di dare inizio al dibattimento, il presidente controlli la regolare costituzione delle parti), dell'art. 492 cod. proc. pen. (il quale dispone che, compiute le attività indicate negli articoli 484 e seguenti, il presidente dichiara aperto il dibattimento) e dell'art. 491 (che, come s'è già ricordato, prescrive, al comma 1, che le questioni concernenti competenza e la costituzione di parte civile sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle 8 Nel caso di specie, l'eccezione risulta invece proposta ben al di là di tale parti e sono decise immediatamente) risulta evidente che le attività descritte si svolgono secondo una sequenza prestabilita e sono tra loro distinte, dovendosi quindi escludere ogni coincidenza tra la verifica della regolare costituzione della parti e l'apertura del dibattimento. Se è certamente vero che, nella prassi, la sequenza procedimentale descritta si svolge frequentemente in un contesto unico, che vede il giudice effettuare la verifica prevista dall'art. 484 cod. proc. pen. e dichiarare contestualmente aperto il dibattimento senza alcuna soluzione di continuità, ciò l'identità loro attribuita dal codice di rito (v. in tal senso, in motivazione, Sez. 3, n. 44442 del 03/10/2013, 0., Rv. 257529). 6. È infine infondato anche il settimo e ultimo motivo impingente la motivazione, asseritamente contraddittoria rispetto alle risultanze istruttorie, poste a fondamento della affermata responsabilità penale. Con ogni evidenza, tali censure sono di carattere meramente valutativo, in quanto costituiscono esclusivamente una critica della valutazione delle risultanze probatorie da parte dei giudici di merito, senza che risulti evidenziato un effettivo vizio di motivazione della pronuncia, tale da integrare l'ipotesi della carenza o manifesta illogicità. Giova al riguardo rammentare che in tema di sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito, ma solo quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, dandone una corretta e logica interpretazione, con esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti; se abbiano, quindi, correttamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 - dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203428; Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260). E poiché il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità deve, per espressa previsione normativa, risultare dal testo del provvedimento impugnato, o - a seguito della modifica apportata all'art. 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen., dall'art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 - da «altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame», tanto comporta, quanto al vizio di manifesta illogicità, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l'iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, quand'anche in tesi egualmente corretti sul 9 non significa però che tali adempimenti perdano per ciò solo l'autonomia e piano logico; ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si presterebbero ad una diversa lettura o interpretazione, ancorché, in tesi, munite di eguale crisma di logicità (cfr. Sez. U, n. 30 del 27/9/1995; Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; in termini sostanzialmente identici, ancorché con riferimento alla materia cautelare, Sez. U, n. 16 del 19/6/1996, Di Francesco, Rv. 205621; e non dissimilmente, Sez. U, n. 30 del 27/9/1995, Mannino, Rv. 202903; Sez. U, n. 19 del 930/96 del 13/12/1995, cit.; Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, cit). Inoltre, l'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.., è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu °culi, proprio perché l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi - come s'è detto - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di una nuova valutazione delle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003; Petrella, Rv. 226074; Sez. 1, n. 5854 del 30/11/2000 - dep. 12/02/2001, Andretta, Rv. 218119; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, cit.). Ebbene una siffatta evidente illogicità non è certamente predicabile rispetto alla decisione qui impugnata, la quale risulta adeguatamente motivata, peraltro anche con richiamo alle conformi valutazioni del giudice di primo grado, con riferimento ai rilievi svolti sul luogo e nell'immediatezza del sinistro dal personale della polizia municipale, alle dichiarazioni testimoniali rese da uno dei verbalizzanti, nonché alle valutazioni svolte dal consulente tecnico del PM, tutte convergenti a fondare il convincimento che, al momento dell'impatto, il Musumeci aveva iniziato la manovra di immissione nella opposta semicarreggiata, oltrepassando, per circa la metà della lunghezza della sua auto, la doppia striscia continua di mezzeria della strada. L'opposta ricostruzione dedotta dalla difesa dell'imputato risulta peraltro espressamente presa in considerazione dal giudice di merito e rigettata sulla base del rilievo secondo cui «essa contrasta con oggettivi dati tecnici e di carattere logico certamente più persuasivi, come l'insufficiente peso specifico del motociclo, sia pure alla velocità sostenuta raggiunta, per determinare lo spostamento dell'autovettura fino al punto di quiete, che invece alla luce dei complessivi elementi desunti dai rilievi svolti nell'immediatezza sul posto e documentati in foto, deve ritenersi coincidente con il punto d'urto tra i due mezzi». Con tale argomentata valutazione il ricorrente omette sostanzialmente di confrontarsi, contrapponendovi semplicemente la generica affermazione secondo 10 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; e, con riguardo al giudizio, Sez. U, n. cui le «leggi della fisica» e « l'id quod plerumque accidit» dovrebbero condurre a ritenere che il peso specifico di una moto quale quella condotta nell'occorso dalla vittima ha provocato lo spostamento dell'autovettura: valutazione evidentemente non dotata di pregnanza logico-dimostrativa talmente forte e univoca da disarticolare il diverso ragionamento seguito dai giudici di merito e quindi, inidonea, come detto, a dimostrare la sussistenza di un vizio di contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza. pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 7/3/2014 5. In definitiva il ricorso va rigettato, con la condanna del ricorrente al

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