Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17800 del 17/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17800 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MARCONI GIANLUCA, N. L’8.2.1968,
2) VEZZONI PAOLO, N. IL 1.5.1955,
avverso la sentenza n. 2635/2009 pronunciata dalla Corte di Appello di Brescia
il 9/4/2013;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Vito D’Ambrosio, che ha chiesto il rigetto dei
ricorsi;
udito il difensore dell’imputato Vezzoni, avv. Cesare Gualazzini, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 marzo 2009 il Tribunale di Cremona dichiarava Marconi
Gianluca e Vezzoni Paolo responsabili del delitto di omicidio colposo, commesso
con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno
di Carera Angelo, e previa concessione ad entrambi delle attenuanti generiche,
stimate equivalenti alla contestata aggravante, condannava ciascuno alla pena di
mesi sei di reclusione, con i benefici di legge. Secondo l’accertamento condotto
nel grado di merito, il 16 luglio 2005 – nel cantiere edile di Casalmaggiore nel
quale si svolgevano lavori di costruzione di un complesso residenziale appaltati
dalla “Impresa Costruzioni Casalasca di Benvenuti Fortunato e Franco s.n.c.”
alla “Benvenuti Costruzioni S.r.l.”, che a sua volta li aveva subappaltati alla ditta

Data Udienza: 17/01/2014

individuale “MK EDIL di Marconi Gianluca” – il Carera, al suo primo giorno di
lavoro quale dipendente del Marconi, stava eseguendo il disarmo di una trave di
gronda in cemento armato collocato sul muro perimetrale dell’edificio quando
questa, dopo essere stati tolti i puntelli sottostanti, si era capovolta
travolgendolo e schiacciandolo. Nell’occorso il lavoratore riportava lesioni
personali che ne comportavano il decesso la sera stessa dell’accaduto.
Ritenuto accertato che l’infortunio era stato determinato dal fatto che il disarmo
della trave era stato praticato prima che il tetto fosse stato completato, e quindi

responsabile del sinistro perché, in qualità di datore di lavoro dell’operaio
deceduto, aveva redatto un piano operativo di sicurezza assolutamente generico,
che non evidenziava i rischi specifici connessi alle modalità di costruzione
dell’edificio ed in particolare relativi all’esecuzione delle gronde; ed aveva altresì
omesso qualsiasi valutazione dei rischi e di prevedere e disporre che si
attendesse la posa del tetto per effettuare il disarmo.
Quanto al Vezzoni, coordinatore per la sicurezza sia nella fase di progettazione
dei lavori che in quella di esecuzione degli stessi, al medesimo veniva ascritto di
aver redatto un piano di sicurezza e di coordinamento non conforme ai requisiti
indicati nell’articolo 12 del d.lgs. n. 494/1996, giacché con riguardo alla
pericolosa operazione di disarmo delle gronde era stato semplicemente indicato
che tale attività dovesse avvenire dopo quella relativa alla posa del tetto e che il
disarmo doveva essere eseguito da operai specializzati, quale non era il Carera,
senza ulteriori specificazioni o indicazioni.
Inoltre il Vezzoni non aveva debitamente verificato il carente piano operativo di
sicurezza predisposto all’impresa subappaltatrice; cosa che ephirigi fatta avrebbe
comportato la necessaria modifica o integrazione del medesimo.
2. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello ha disatteso ogni
prospettazione difensiva.
Quanto al Marconi giudicava indimostrata la circostanza dell’essersi questi
limitato a fornire mera manodopera alla ditta Benvenuti; in punto di fatto, dal
contratto del 2 gennaio 2005 intervenuto tra la società Benvenuti Costruzioni
S.r.l. e la ditta individuale di Marconi Gianluca MK EDIL risultava emergere un
ordinario contratto di subappalto in forza del quale la ditta del Marconi si
impegnava ad effettuare per conto della prima una serie di lavori nel cantiere in
questione, dichiarando di avere, oltre all’idoneità tecnico professionali
necessaria, anche il capitale, le macchine e attrezzature necessarie e sufficienti
per garantire l’esecuzione delle opere ad essa affidate, oggetto del contratto.
Nel documento il Marconi dichiarava, altresì, di aver preso conoscenza dei luoghi
e di tutte le altre circostanze attinenti al lavoro ed esaminati tutti gli aspetti del

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prima che lo stesso venisse a stabilizzare la trave, il Marconi veniva giudicato

progetto di costruzione, gli elaborati progettuali impegnandosi con la controparte
ad assumersi gli oneri relativi alla materia necessaria l’esecuzione dell’opera e
alla manodopera con i relativi oneri contributivi fiscali salariali e gli adempimenti
di una sicurezza sul lavoro e sicurezza sul cantiere.
Il dato documentale, ha aggiunto la Corte di Appello, risultava coerente con
quanto emerso in dibattimento in merito al ruolo attivo e all’ingerenza del
Marconi nell’organizzazione e gestione del cantiere. Richiamava al riguardo la
testimonianza del Gualini, il quale aveva riferito che le gronde erano state

dell’infortunio egli aveva accompagnato sul cantiere la vittima, al suo primo
giorno di lavoro, proprio su indicazioni del Marconi, con l’incarico di fare ciò che
rimaneva da concludere nel cantiere; dal che era derivato che egli, pur non
avendone ricevuto espressa indicazione del direttore dei lavori, aveva dato al
Carera l’ordine di eseguire il disarmo delle gronde poiché esse erano state posate
già da circa un mese e quello era l’ultimo lavoro rimasto da compiere. In punto
di diritto, ha concluso la Corte distrettuale, anche se il rapporto tra la ditta del
Marconi e la Benvenuti Costruzioni fosse consistito in un illecito patto di fornitura
di mera manodopera, ciò non avrebbe esentato il primo – quale datore di lavoro
dell’infortunato – dalla posizione di garanzia nei confronti del proprio lavoratore
dipendente. Su tali premesse la Corte di Appello ha ribadito il giudizio di assoluta
inadeguatezza del piano operativo di sicurezza redatto dal Marconi, la violazione
dell’obbligo di formazione e informazione dei lavoratori da lui dipendenti ed
l’affermazione di sussistenza del nesso causale tra tali inadempimenti e l’evento
quale si era determinato. A tale ultimo riguardo il giudice di secondo grado ha
respinto la tesi di una condotta della vittima imprevista e imprevedibile,
richiamandosi alle argomentazioni svolte in merito dal primo giudice, ed in
particolare l’affermazione secondo la quale, poichè le gronde erano state
eseguite da oltre un mese e si prospettava quindi l’eventualità di procedere al
loro disarmo, non poteva ritenersi imprevista ed imprevedibile la condotta del
lavoratore e anche quella del Gualini, che con una iniziativa autonoma aveva
dato l’ordine di procedere al disarmo delle gronde. In ordine alle doglianze
relative al trattamento sanzionatorio, queste sono state giudicate generiche e
pertanto respinte.
Relativamente alla posizione del Vezzoni la Corte di Appello ha precisato che il
coordinatore per l’esecuzione dei lavori non è tenuto a svolgere una puntuale,
stringente quotidiana vigilanza sul cantiere. E tuttavia ha rilevato la
inconsistenza e superficialità del piano di sicurezza e di coordinamento redatto
dal Vezzoni, in specie con riferimento alla fase del disarmo delle gronde, rispetto
alla quale, lungi dall’aver segnalato i rischi specifici ad essa connessi, le misure

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eseguite dei dipendenti del Marconi su ordine del medesimo e che la mattina

di prevenzione da adottare e soprattutto la tempistica con la quale effettuare le
operazioni, l’imputato aveva liquidato il problema limitandosi a segnalare alla
voce “cronologie e fasi lavorative”, contenente la successione cronologica delle
attività svoltesi nel cantiere, la previsione dell’esecuzione del tetto del porticato
ed il successivo disarmo delle gronde. Il tutto senza alcuna raccomandazione di
sorta, in particolare senza segnalare che un anticipato disarmo delle armature
delle gronde poteva comportare il rischio concreto di crollo, con le inevitabili
conseguenze sotto il profilo della sicurezza dei lavoratori, e senza richiamare

sottovalutando, o meglio mostrando di ignorare la potenzialità del pericolo,
rappresentata dalla stessa presenza di cemento armato a sbalzo. Inoltre, ha
aggiunto la Corte distrettuale, il Vezzoni, in violazione dell’articolo 5 lett. B) del
d.lgs. n. 164/56, non si preoccupò neppure di verificare l’idoneità del piano
operativo di sicurezza della ditta del Marconi, perché diversamente avrebbe
dovuto evidenziare le lacune che lo inficiavano, in particolare quanto alla
mancata previsione del rischio specifico rappresentato dal disarmo delle gronde.
Pertanto, pur muovendo dal principio per il quale al coordinatore per l’esecuzione
dei lavori competono funzioni di alta vigilanza, la Corte di Appello ha precisato
che essa non è diretta solo ai lavoratori dipendenti dell’impresa esecutrice ma
anche ai datori di lavoro delle imprese esecutrici, ed ha concluso per la
sussistenza delle omissioni antinfortunistiche attribuite contestate al Vezzoni,
rilevando che il Gualini aveva impartito l’ordine di disarmo delle gronde sulla
base delle sole sue conoscenze proprio perché nessuno dei soggetti tenuti per
legge a segnalare i rischi per la sicurezza lo aveva informato, oralmente o per
iscritto, attraverso la predisposizione di idonei e completi documenti di
valutazione dei rischi, della pericolosità di tale manovra, qualora attuata prima
dell’ultimazione del tetto. Ove tali inadempienze non si fossero verificate
l’infortunio, con ragionevole certezza, non si sarebbe realizzato. La Corte di
Appello ha evidenziato che l’addebito di responsabilità a carico del Vezzoni
faceva riferimento anche alla mancata adozione delle precauzioni necessarie ad
impedire la caduta della trave di gronda, che era risultata non essere stata
legata ad alcuna struttura, in violazione delle prescrizioni contenute nel decreto
ministeriale del 20 novembre 1987, relativo alle norme tecniche per la
progettazione, l’esecuzione ed il collaudo degli edifici in muratura. Il consulente
tecnico del pubblico ministero aveva accertato che anche prima dell’ultimazione
del tetto la gronda non sarebbe crollata, se disarmata, qualora fossero state
rispettate le norme tecniche citate, che prevedono la realizzazione di
collegamenti tra le pareti, la muratura e le gronde medesime; in particolare la
trave che si era staccata (da cui usciva a sbalzo la gronda) non era stata in

tutti gli addetti alla scrupolosa osservanza di tale tempistica, di fatto

alcun modo legata con ancoraggi (non era stata ‘ammorsata’) e non erano stati
posti in essere neppure collegamenti tra la gronda e la correa del solaio
sottostante. Qualora fossero stati attuati gli accorgimenti dinanzi indicati il
ribaltamento non si sarebbe verificato pur in assenza del tetto.
Concludeva la Corte distrettuale che poiché il fatto che la trave fosse
semplicemente puntellata era situazione certamente a conoscenza del
coordinatore per la sicurezza, posto che la realizzazione del manufatto risaliva a
circa un mese prima, ed egli avrebbe dovuto prendere atto del potenziale

alcun modo garantita, e quindi indire riunioni di cantiere sulla sicurezza, al fine di
individuare le misure atte ad impedire la rimozione dei puntelli di sostegno prima
del completamento del tetto.

3. Ricorre per cassazione Vezzoni Paolo a mezzo del difensore di fiducia,
avvocato Cesare Gualazzini, e con motivo unico denuncia violazione di legge con
riferimento agli articoli 40, 41, commi 2 e 3 cod. pen. nonché all’articolo 5,
comma 1 lettere B) e C) d.p.r. n. 164/1956, ed altresì vizio motivazionale e
travisamento della prova.
Ad avviso dell’esponente andava affermata l’assoluta imprevedibilità della
condotta del Gualini, che aveva impartito l’ordine di disarmare la gronda
nonostante fosse unicamente sorretta dai sottostanti puntelli. Rileva che nel
cronoprogramma redatto dall’imputato era scritto che l’operazione di disarmo
delle gronde, da affidare ad operai esperti, andava eseguita solo dopo la
costruzione del tetto e quindi a maggior ragione l’ordine di eseguire tale
operazione non poteva essere che del tutto imprevedibile, perché “demenziale
anche a persone non dotate di particolari cognizioni in materia di vizi”.

La

sentenza – aggiunge l’esponente – non spiega in che modo il coordinatore,
ignaro dell’assunzione del Carera e del suo affidamento al Gualini medesimo,
nonché dell’ordine da questi impartito, potesse impedire che si verificasse
l’evento. Sicché causa esclusiva dell’evento era stata la decisione del Gualini di
far disarmare la gronda. La sentenza impugnata per l’esponente è ispirata
manifestamente ad un principio di responsabilità oggettiva nei confronti del
Vezzoni, il quale non sapeva nè poteva sapere del colloquio intervenuto tra il
Marconi ed il Gualini, nessuno dei quali era autorizzato ad assumere decisioni in
merito al disarmo della gronda. E’ poi apodittica l’affermazione secondo la quale
una maggiore quantità di dettagli nel piano operativo della sicurezza avrebbe
evitato la tragedia; vi è inoltre travisamento della prova laddove la Corte di
Appello richiama la dichiarazione del Gualini secondo la quale nessuno gli aveva
detto che non si poteva disarmare; l’assunto dell’esponente è quindi che il

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pericolo costituito dalla recente struttura a sbalzo, la cui stabilità non era in

Gualini non abbia letto alcunché e che di conseguenza una maggiore
adeguatezza del piano non avrebbe evitato l’evento. Ritiene l’esponente che non
vi fosse alcuna carenza nel piano operativo di sicurezza predisposto dal
coordinatore, essendo sufficiente osservare il cronoprogramma per evitare
qualunque tipo di rischio e di pericolo. L’eventuale maggiore dettaglio del piano
di sicurezza della ditta del Marconi non avrebbe avuto alcuna incidenza sul
verificarsi dell’evento posto che il Gualini non avrebbe potuto esserne a
conoscenza perché dipendente dell’impresa Benvenuti. Quanto alla ritenuta

trave in cemento armato più volte menzionata, rileva l’esponente che la trave si
era capovolta staccandosi dal muro perimetrale unitamente a due file di forati, a
dimostrazione che era ammorsata alle pareti circostanti; inoltre la gronda era
perfettamente in sicurezza fintantoché rimaneva puntellata e quindi non erano
necessari ulteriori accorgimenti tecnici per sostenerla in vista della costruzione
del tetto. Pertanto, conclude il ricorrente, se le disposizioni impartite dal Vezzoni
erano adeguate al punto da costituire il parametro per valutare le responsabilità
altrui, costituisce un vero proprio paradosso logico ritenere che egli sia
responsabile dell’accaduto.

4. L’avvocato Giambattista Scalvi ricorre per cassazione nell’interesse di
Marconi Gianluca. Con un primo motivo deduce violazione di legge e manifesta
illogicità della motivazione in punto di nesso causale. Rileva l’esponente che non
è dato comprendere perché possa addebitarsi responsabilità al Marconi per
l’operazione di lavoro intrapresa da un lavoratore in una fase di attività non
idonea e per ordine di un carpentiere reo di aver assunto una decisione in
assoluto spregio di quanto stabilito nel progetto, in mancanza di specifica
autorizzazione del direttore dei lavori ed eventualmente del datore di lavoro
appaltante principale, ovvero il Benvenuti. La condotta del Gualini era
assolutamente imprevedibile né poteva essere prevista e comunque non poteva
essere impedita dal Marconi, che non aveva obblighi di vigilanza su un lavoratore
non alle sue dipendenze.
Con un secondo motivo si deduce violazione di legge e difetto di motivazione
quanto alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’articolo 114 del codice
penale ed al giudizio di bilanciamento delle circostanze. Lamenta il ricorrente che
a fronte di più rilievi concernenti il trattamento sanzionatorio la Corte di appello
non avrebbe potuto trattare unitariamente il tema ma avrebbe dovuto esaminare
ciascuna delle richieste indipendentemente dal giudizio sulla pena base e
giustificare la ragione del mancato accoglimento di quelle. Lamenta che il motivo
relativo al bilanciamento di circostanze non è stato preso in alcun modo in

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violazione delle regole tecniche previste per l’esecuzione di manufatti quali la

considerazione; non può valere al riguardo la motivazione che si compendia
nell’affermazione secondo la quale “la concessione delle circostanze attenuanti
generiche in equivalenza sia misura fin troppo benevola”.
CONSIDERATO IN DIRITTO

5. I ricorsi sono infondati, nei termini di seguito precisati.

6.1. Prendendo in esame in primo luogo il ricorso proposto nell’interesse del
Marconi, va ricordato ancora una volta che risulta pacifico che la ditta della quale

che contemplavano la preliminare costruzione della trave di gronda in cemento
armato, va affermato che la sentenza impugnata è immune da vizi.
In quanto datore di lavoro del Carera, il Marconi aveva l’obbligo di formarlo
e di informarlo dei rischi connessi all’esecuzione del tetto secondo le modalità già
ricordate, prevedenti il solo puntello della trave di gronda, e di fargli divieto di
eseguire operazioni di disarmo della trave. Al contrario, come scrive la Corte di
Appello, il Marconi affidò il Carera, al suo primo giorno di lavoro come manovale
di primo livello, al Gualini, con l’incarico di fargli fare “quello che c’è da fare”,
nella più totale approssimazione, trascuratezza e violazione dei doveri di
vigilanza. Siffatta condotta è appunto conseguenza della omessa considerazione
nel piano operativo di sicurezza dei rischi connessi alla realizzazione delle
strutture in cemento armato.
Sulla colpevole ignoranza o trascuratezza di siffatto rischio è quindi
germinato il sommario affidamento del Carera al Gualini; né assume rilievo il
fatto che sia stato questi ad impartire l’ordine di disarmare la gronda, o la
considerazione che egli non avrebbe potuto in ogni caso leggere il POS della ditta
Marconi, perché il dato essenziale non è quanto fatto dal Gualini ma piuttosto
quanto non fatto dal Marconi, in termini di programmazione del rischio,
formazione ed informazione del lavoratore. Va rammentato che “in tema di reati
colposi, la causalità si configura non solo quando il comportamento diligente
imposto dalla norma a contenuto cautelare violata avrebbe certamente evitato
l’evento antigiuridico che la stessa norma mirava a prevenire, ma anche quando
una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il
danno” (Sez. 4, n. 19512 del 14/02/2008 – dep. 15/05/2008, P.C. in proc.
Aiana, Rv. 240172).
In merito alla supposta cesura del nesso eziologico tra la condotta colposa
del Marconi e l’infortunio, mette conto rammentare che la giurisprudenza di
legittimità in tema di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare
l’evento afferma che tali sono non solo quelle che innescano un percorso causale
completamente autonomo da quello determinato dall’agente, bensì anche quei

egli era il titolare stava eseguendo i lavori di realizzazione del tetto dell’edificio,

fatti sopravvenuti che realizzano una linea di sviluppo del tutto anomala e
imprevedibile della condotta antecedente (Sez. 4, n. 42502 del 25/09/2009 dep. 05/11/2009, Begnardi e altri, Rv. 245460).
Nel caso che occupa, l’ordine impartito dal Gualini non può ritenersi
imprevedibile alla luce delle carenze sopra evidenziate dell’attività della ditta del
Marconi, dello stato dei lavori e della genericità delle indicazioni date al Gualini
dal Marconi nell’affidargli il Carera.
6.2. Non coglie il segno neppure il motivo concernente i profili incidenti sul

massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è
insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più,
se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a
richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli
elementi di cui all’art. 133 cod. pen (Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013 – dep.
17/05/2013, Serratore, Rv. 256197).
Nel caso che occupa la pena di mesi sei di reclusione è pari al minimo
edittale. Peraltro, la Corte di Appello ha escluso la concedibilità dell’attenuante di
cui all’art. 114 cod. pen. facendo esplicito riferimento al ruolo non marginale
svolto dal Marconi nella vicenda; quanto al giudizio di bilanciamento ex art. 69
cod. pen. soddisfa l’onere motivazionale il richiamo del “gravissimo grado della
colpa” in guisa giustificatrice della conferma della mera equivalenza delle
attenuati generiche.

7.1. Il ricorso proposto nell’interesse del Vezzoni opera, con qualche
sovrapposizione, riferimenti tanto alla sussistenza della condotta colposa – che si
vorrebbe esclusa dalla previsione del cronoprogramma – che alla efficienza
causale della medesima, assumendo che la condotta del Gualini ha natura di
causa da sola sufficiente a determinare l’evento.
Entrambi i profili risultano erroneamente delineati.
Il primo chiama in causa il contenuto degli obblighi gravanti sul coordinatore
per l’esecuzione dei lavori.
Mette conto rammentare che secondo le puntualizzazioni offerte da questa
Corte, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ex art. 5 D.Lgs. n. 494 del 1996,
oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine
di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta
osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse e sulla
scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell’incolumità dei lavoratori
nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori,
con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le

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trattamento sanzionatorio. La determinazione della pena tra il minimo ed il

singole lavorazioni (Sez. 4, n. 18651 del 20/03/2013 – dep. 26/04/2013,
Mongelli, Rv. 255106). Ampliando lo sguardo, può rilevarsi come le figure del
coordinatore per la progettazione ex art. 4 D.Lgs. n. 494 del 1996 e del
coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ex art. 5 stesso D.Lgs., non si
sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della
sicurezza, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di
una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima
garanzia dell’incolumità dei lavoratori (Sez. 4, n. 7443 del 17/01/2013 – dep.

Risulta quindi conforme al quadro normativo di riferimento imputare al Vezzoni
di aver redatto un piano di sicurezza e di coordinamento inadeguato, perché
recante la sola successione cronologica delle attività da svolgersi in cantiere; di
non aver verificato l’idoneità del piano operativo di sicurezza della ditta del
Marconi, in particolare quanto alle previsioni concernenti il rischio specifico
rappresentato dal disarmo delle gronde; di non aver assunto iniziative (quali, ad
esempio, l’indire riunioni per individuare le misure atte ad impedire la rimozione
dei puntelli di sostegno prima del completamento del tetto) idonee a verificare il
grado di consapevolezza dei diversi attori in merito al rischio derivante dalla
presenza della trave.
La sola previsione della successione cronologica delle diverse operazioni non
può valere quale misura di sicurezza, perché tal ultimo concetto implica
l’identificazione del rischio, la sua esplicitazione in termini convenzionali,
l’individuazione di misure specificamente rivolte ad eliminare o ridurre al minimo
possibile siffatto rischio, con l’indicazione dei ruoli e dei compiti chiamati a
realizzare la misura in parola. Detto altrimenti, la misura di sicurezza deve
segnalarsi inequivocabilmente come tale, onde proporsi ad ogni interessato come
oggetto di comportamento doveroso, di attuazione e/o di osservanza.
Ove il piano di sicurezza fosse stato predisposto nel senso dianzi indicato,
poiché il coordinatore per l’esecuzione dei lavori deve verificare, con opportune
azioni di coordinamento e controllo, che trovino applicazione, da parte delle
imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, le disposizioni loro pertinenti
contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, il Vezzoni avrebbe potuto e
dovuto assicurarsi che quanto in esso disposto per la procedura di disarmo della
trave fosse stato conosciuto ed attuato dalle imprese esecutrici, e quindi tanto
dalla ditta Benvenuti, dalla quale dipendeva il Gualini, che dalla ditta Marconi.
Solo ove adempiuti tali doveri l’eventuale mancanza di informazioni lungo i
livelli gerarchicamente sottordinati delle imprese esecutrici non potrebbe
ricondursi al coordinatore medesimo.

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Te,

14/02/2013, Palmisano e altri, Rv. 255102).

Risulta quindi chiaro che i giudici di merito, lungi dall’ascrivere al Vezzoni
un mancato controllo quotidiano delle attività condotte nel cantiere, hanno
rimproverato al medesimo di aver posto le condizioni di fondo per il verificarsi
dell’evento illecito, alla cui realizzazione hanno concorso anche altri soggetti, ma
con condotte che non possono qualificarsi come imprevedibili sia per quanto
appena osservato circa il carattere fondante degli inadempimenti del Vezzoni, sia
perché non può valere quale causa da sola sufficiente a produrre l’evento un
comportamento che per quanto colposo non sia abnorme, ovvero del tutto

posto in capo all’autore della diversa condotta della cui valenza causale si
discute. Nel caso che occupa, per quanto grave possa esser stata la negligenza,
l’imprudenza e/o l’imperizia del Gualini (e del Marconi), essa va comunque
ricondotta alle attività lavorative condotte nel cantiere.
Attingono invece alla dimensione del merito (ovvero della ricostruzione del
fatto) le ulteriori censure mosse dal ricorrente, quanto alla ritenuta violazione
delle regole tecniche previste per l’esecuzione di manufatti quali la trave in
cemento armato. Il giudizio reso sul punto dai giudici di merito non appare
manifestamente illogico; ed è il ricorrente medesimo ad evidenziare che la
gronda era perfettamente in sicurezza fintantoché rimaneva puntellata; come
ignorando che il nodo cruciale, nella vicenda che qui occupa, è la mancata
previsione di misure di sicurezza adeguate per il caso che i puntelli fossero
eliminati prima della collocazione del tetto.

8. In conclusione, i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti vanno condannati al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17/1/2014.

estraneo o avulsa dall’area di rischio sulla quale si proietta il dovere di sicurezza

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