Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1779 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1779 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DI VIRGINIO ADOLFO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SANFILIPPO ALFIO N. IL 20/01/1966
avverso l’ordinanza n. 860/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
04/07/2012
sentita la relazione fatta dal Presidente Dott. ADOLFO DI VIRGINIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. C a..1
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Data Udienza: 11/12/2012

Ricorre per il tramite del proprio difensore Sanfilippo Alfio avverso ordinanza in data
4.1uglio 2012 del Tribunale di Catania, che aveva rigettato il suo appello avverso ordinanza reiettiva
di sua richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, applicatagli per i
reati di cui all’art. 73 d.p.r. n.309/90 e all’art. 378 c.p., entrambi aggravati ai sensi dell’art. 7 1.
n.203/91, con quella degli arresti domiciliari. Deduce vizio di motivazione relativamente alle
ravvisate esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, che sono state ritenute ostative
all’applicazione dell’art. 89 d.p.r. citato.

Il Sanfilippo era stato condannato in primo grado alla pena di anni dieci e mesi sei di
reclusione e di E 40000 di multa, poi ridotta in appello a quella di anni sei di reclusione e di e 32000
di multa. L’ordinanza richiama la particolare gravità dei fatti (detenzione di oltre quindici
chilogrammi di marijuana e favoreggiamento della latitanza del capo della associazione mafiosa
locale posti in essere attraverso molteplici condotte), nonché i numerosi e gravi precedenti penali
per reati contro il patrimonio anche mediante violenza o minaccia e per ripetute violazioni in
materia di misure di prevenzione per cui ha riportato ben otto condanne. Tutt’altro che carente od
illogica si deve quindi ritenere la motivazione dell’ordinanza, tanto più quando il ricorrente
pretende di introdurre impropriamente nella presente sede contestazioni in punto di fatto circa la
valutazione delle prove che sono state poste a fondamento della condanna nei due gradi di merito
del processo che lo vede detenuto.
Ciò posto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Consegue alla dichiarazione di
inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1000, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria
per gli adempimenti di cui all’art. 94 c.1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, all’udienza dell’Il dicembre 2012

Le censure del ricorrente appaiono manifestamente infondate.

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