Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17753 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17753 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) LELLI ROBERTO N. IL 27/04/1971
avverso l’ordinanza n. 4/2011 TRIB.SEZ.DIST. di SANT’ELPIDIO A
MARE, del 15/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 novembre 2011 il Tribunale di Fermo – sezione
distaccata di Sant’Elpidio a Mare, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha
rigettato l’istanza avanzata da Lelli Roberto, volta al riconoscimento del vincolo

provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, emesso il 18 novembre 2010
dal Pubblico Ministero di Fermo, avuto riguardo alla mancanza di elementi
probativi della riconducibilità delle condotte tenute dall’istante a un pur generico
disegno unitario, peraltro incompatibile con il dedotto “disturbo borderline” della
personalità del medesimo.
2.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

personalmente il condannato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
due motivi con i quali ha dedotto:
– mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per non avere il Giudice
della esecuzione ritenuto sufficientemente provata la programmazione unitaria
dei delitti oggetto della richiesta, fondata su una patologia, rappresentata dal
gioco d’azzardo patologico, tale da ricondurre tutti i reati al reperimento di fondi
da destinare unicamente al gioco;
– violazione e falsa applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc.
pen., per avere il Giudice della esecuzione fatto riferimento alla mancanza di
indici rivelatori della unicità del disegno criminoso, rappresentati dalla
omogeneità delle condotte e del bene giuridico leso e dalla contiguità temporale
dei reati, dovendo aversi riguardo allo stretto legame tra la patologia del gioco
d’azzardo e i reati commessi.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. La nozione di continuazione delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.

della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze irrevocabili indicate nel

Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della
continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con
la generale tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una
scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose.
Occorre invece che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di
compiere una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente
ab origine progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale
previsti in funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al

Deve, pertanto, escludersi che una tale programmazione possa essere
desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui essi
sono maturati. Né l’inciso “anche in tempi diversi”, contenuto nell’art. 81,
comma 2, cod. pen., consente di escludere rilevanza all’aspetto del tempo di
commissione dei reati, non potendo ritenersi che la vicinanza temporale
costituisca di per sé “indizio necessario” dell’esistenza del medesimo disegno
criminoso, né escludersi che la distanza temporale possa costituire in concreto
un limite logico alla possibilità di ravvisare la continuazione per le difficoltà di
programmazione e deliberazione a lunga scadenza dei singoli episodi criminosi.
1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha valorizzato l’assenza di
indici esteriori, quali l’omogeneità delle condotte e del bene giuridico offeso e la
contiguità temporale dei fatti, confermata dallo stesso istante, ha tratto ragioni
di esclusione della sussistenza di un programma criminoso originario e unitario
anche dal “disturbo borderline” di personalità, dedotto a fondamento della
richiesta e valutato come incompatibile con la unicità del disegno criminoso.
Le linee argomentative dell’ordinanza, congrue sul piano logico e corrette in
diritto, resistono alle censure difensive, che opponendo il disturbo del ricorrente
rappresentato dal gioco d’azzardo patologico, che si manifesta con il rilevato
disturbo di personalità, e descrivendone le caratteristiche, si risolvono nella
prospettazione di una possibile generica rilettura dei dati fattuali, attraverso
una affermata loro riconducibilità all’affermato vizio patologico, prescindendo da
ogni verifica concreta e da ogni altro parametro, e secondo un modello
argomentativo che, richiamandosi all’abitualità nel reato, contrasta con il
fondamento dell’istituto della continuazione.
2. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

3

conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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