Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17752 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17752 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CANNATA MICHELE N. IL 22/07/1981
avverso l’ordinanza n. 517/2011 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
25/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25 ottobre 2011 il G.i.p. del Tribunale di Milano, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Cannata
Michele, volta al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati
giudicati con la sentenza del 26 aprile 2010 dello stesso Giudice, irrevocabile il
25 marzo 2011, e con la sentenza del 14 luglio 2006 resa dalla Corte d’appello di

14 ottobre 2006, avuto riguardo alla mancanza di elementi probativi della
riconducibilità delle condotte tenute dall’istante a un programma di attività
delinquenziale predeterminato nelle sue linee generali ed essenziali in vista del
raggiungimento di un fine specifico.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione per mezzo
del suo difensore il condannato, che ne chiede l’annullamento sulla base di unico
motivo con il quale deduce mancanza, illogicità e contraddittorietà della
motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per essere
stata ritenuta non sufficientemente provata la programmazione unitaria dei
delitti oggetto della richiesta, nonostante l’omogeneità delle violazioni, e per
essersi omessa la motivazione in ordine all’elemento psicologico e alle finalità
perseguite.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. La nozione di continuazione delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione
in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale
tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente

ab origine

progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al
conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.
2

Milano in riforma della sentenza di primo grado del 14 febbraio 2006, definitiva il

1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta di unificazione, e i dati di fatto
pertinenti, ha evidenziato che l’unico elemento certo era costituito dalla identica
natura dei reati, mancando altri elementi che potessero far presumere la
sussistenza di un programma criminoso unitario, sia pure generico, invece che
dimostrare la sussistenza di una capacità a delinquere nell’area specifica dei reati
concernenti il patrimonio.
Le linee argomentative dell’ordinanza, congrue sul piano logico e corrette in

generica prospettazione della omogeneità delle violazioni e nella deduzione della
omessa valutazione dell’elemento psicologico e delle finalità perseguite in vista di
una rilettura dei dati fattuali e di una loro rivalutazione di merito, non consentite
in questa sede.
2. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

diritto, resistono alle censure formulate dal ricorrente, che si risolvono nella

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