Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17751 del 20/11/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 17751 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ANDALORO ANTONINO N. IL 02/02/1957
avverso l’ordinanza n. 1540/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
VENEZIA, del 16/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16 novembre 2011 il Tribunale di sorveglianza di
Venezia ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse di Andaloro Antonino, in atto
detenuto presso la Casa di reclusione di Padova con fine pena al 27 febbraio
2014, volta a ottenere il differimento facoltativo della esecuzione della pena per
grave infermità ex art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen. o la detenzione domiciliare

Il Tribunale argomentava la decisione ritenendo le patologie dell’istante,
analiticamente descritte, non incompatibili, allo stato, con la detenzione in
Istituto carcerario e con il senso di umanità, e ben controllabili anche attraverso
una diversa sistemazione del medesimo idonea ad affrontare in Istituto la
sindrome asmatica, e rilevando che lo stato di infermità neppure richiedeva
costanti contatti con i presidi sanitari territoriali.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il condannato
personalmente, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ex art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen. e manifesta illogicità e contraddittorietà della
motivazione, emergente dal testo del provvedimento impugnato, ex art. 606,
comma 1, lett. e), cod, proc. pen., dolendosi della omessa corretta
considerazione delle sue condizioni di salute “in divenire verso il peggioramento”
e della ritenuta compatibilità delle stesse con il regime detentivo, esclusa dalla
consulenza medico-legale prodotta.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.

Questa Corte ha più volte affermato che, mentre la detenzione

domiciliare, al pari delle altre misure alternative alla detenzione, ha come finalità
la rieducazione e il reinserimento sociale del condannato, il rinvio facoltativo
dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147,
comma 1, n. 2, cod. pen., mira a evitare che l’esecuzione della pena avvenga in
contrasto con il diritto alla salute e il senso di umanità, costituzionalmente
garantiti, supponendo che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave,
cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze
dannose e, comunque, da esigere cure e trattamenti tali da non potere essere
praticati in regime di detenzione intramuraria, neppure mediante ricovero in

2

ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1, Ord. Pen.

ospedali civili o altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 Ord. Pen. (tra le
altre, Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Aquino, Rv. 244132;
Sez. 1, n. 16681 del 24/01/2011, dep. 29/04/2011, Buonanno, Rv. 249966), e il
rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 146, comma 1, n.
3, cod. pen., suppone che il condannato sia affetto da una delle patologie
previste dalla legge e non richiede alcuna valutazione circa la compatibilità o
meno della stesa con lo stato di detenzione (tra le altre, Sez. 1, n. 41580 del
01/10/2009, dep. 29/10/2009 Cesarni, Rv. 245054; Sez. 1, n. 42276 del

Pertanto, a fronte di una richiesta di rinvio dell’esecuzione della pena per
grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen., esclusa la
sussistenza di ipotesi di rinvio obbligatorio, il giudice deve valutare se le
condizioni di salute del condannato siano o no compatibili con le finalità
rieducative della pena e con le possibilità concrete di reinserimento sociale
conseguenti alla rieducazione.
Qualora, all’esito di tale valutazione, tenuto conto della natura dell’infermità
e di un’eventuale prognosi infausta quoad vitam a breve scadenza, l’espiazione
di una pena appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da
essa derivanti, ovvero appaia priva di significato rieducativo in conseguenza
dell’impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti della sanzione sul
condannato, deve trovare applicazione l’istituto del differimento previsto dal
codice penale.
Se, invece, le condizioni di salute, pur particolarmente gravi, non presentino
le suddette caratteristiche di sofferenza o di prognosi infausta, e richiedano i
contatti con i presidi sanitari territoriali indicati dall’art. 47-ter, comma 1, Ord.
Pen., può essere disposta la detenzione domiciliare ai sensi della citata
disposizione.
3. Di tali condivisi principi è stata fatta, nel caso di specie, esatta
interpretazione e corretta applicazione.
Il Tribunale ha, infatti, ritenuto che le condizioni di salute dell’istante non
erano incompatibili con il regime carcerario, facendo riferimento ai dati fattuali
disponibili, fondati sugli esiti delle relazioni sanitarie in atti, e ha osservato,
confrontandosi con le deduzioni difensive e con le conclusioni della consulenza di
parte, che dal rilevo che le condizioni cliniche dell’istante erano costantemente
monitorate in Istituto, erano effettuati ripetuti accertamenti diagnostici e la
sindrome asmatica poteva essere adeguatamente affrontata nell’Istituto,
secondo le date indicazioni, discendevano la valutazione della non incompatibilità
del quadro clinico con lo stato detentivo e il rigetto della richiesta di detenzione
domiciliare.

3

27/0/2010, dep. 30/11/2010, Gradizzi, Rv. 249019).

A fronte di tali argomentazioni, il ricorso è nella sostanza generico, perché si
limita a dedurre una situazione sanitaria attuale più grave di quella accertata e
l’insufficienza delle cure apprestate, senza invocare né un immediato pericolo di
vita, né un’effettiva incompatibilità con l’ambiente carcerario e neppure uno
scadimento fisico al disotto della soglia minima di dignità umana, e, nel dissenso
di merito rispetto alle valutazioni del quadro patologico operate dal Tribunale, è
largamente volto a una non consentita rilettura in fatto della vicenda.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna

contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA