Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17749 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17749 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) LOMI LANCIOTTO N. IL 13/01/1947
avverso l’ordinanza n. 197/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
12/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12 ottobre 2011 la Corte d’appello di Firenze, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Lomi
Lanciotto, volta al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati
oggetto di tre sentenze di condanna, emesse la prima dal Tribunale di Livorno il
12 novembre 2003 e le altre dalla stessa Corte il 27 marzo 2007 e il 18 febbraio

dei reati secondo un unitario disegno criminoso, preclusivi anche della
valorizzazione del dato relativo allo stato di tossicodipendenza.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, il condannato chiedendone l’annullamento sulla base di unico
motivo con il quale ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) e b), cod.
proc. pen., mancanza e/o illogicità manifesta della motivazione ed errata
applicazione di legge in punto di applicazione dell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
quanto al diniego del riconoscimento del vincolo della continuazione e in
relazione al requisito della sua tossicodipendenza al momento della commissione
dei fatti, per non essersi tenuto conto dei criteri per l’individuazione e il
riconoscimento del detto vincolo e per non essersi svolto alcuna attività
istruttoria.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il Giudice dell’esecuzione, adeguandosi ai condivisi principi di diritto
costantemente affermati da questa Corte, ha preso in considerazione i reati, cui
il ricorrente ha riferito la sua richiesta di unificazione, e i dati di fatto tratti dalle
sentenze in atti, e ha logicamente e ragionevolmente valorizzato la distanza nel
tempo tra le condotte e l’assenza di elementi concreti di collegamento tra le
stesse, che fossero rivelatori della identità del disegno criminoso in coerenza con
gli indici, elaborati in questa sede e pure richiamati.
Plausibilmente la Corte ha ritenuto che, a fronte di tali emergenze, la
situazione di tossicodipendenza, peraltro non documentata, era da considerare
sub valente nell’apprezzamento della esistenza di un medesimo originario
disegno criminoso, non offrendo alcun elemento concreto di positiva valutazione.

2

2008, avuto riguardo alla mancanza di elementi probativi della preordinazione

Non può invero dubitarsi che, non essendo mutate le norme che delineano la
continuazione, lo status di tossicodipendente può e deve essere preso in esame
per apprezzare, sotto il profilo indiziario, l’unicità del disegno criminoso con
riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dallo stesso stato, ma tale
elemento non si sovrappone, sostituendolo, alla nozione stessa di continuazione
delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen., e cioè alla necessità che i fatti siano
riferibili a un medesimo (originario) disegno criminoso.
1.2. Le linee argomentative dell’ordinanza resistono alle censure formulate

attinenti al fondamento dell’istituto della continuazione e sono invasive,
inammissibilmente, del merito laddove oppongono, sotto l’aspetto dell’apparente
critica, una reiterazione delle deduzioni già svolte e una rilettura dei dati emersi,
già esaminati e correttamente valutati nel loro aspetto fattuale e sul piano
giuridico.
3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

dal ricorrente, che sono generiche nella parte in cui prospettano considerazioni

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