Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17744 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17744 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ATTANASIO ALESSIO N. IL 16/07/1970
avverso l’ordinanza n. 3721/2011 GIUD. SORVEGLIANZA di
SPOLETO, del 24/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 ottobre 2011, il Magistrato di sorveglianza di
Spoleto ha respinto il reclamo proposto da Attanasio Alessio, detenuto presso la
Casa circondariale di Terni, avverso il provvedimento disciplinare a suo carico,
adottato dal consiglio di disciplina dello stesso Istituto in data 4 agosto 2011,
rilevando l’ammissibilità del reclamo perché tempestivo e corredato da motivi, la
rituale contestazione dell’addebito, la regolare composizione del consiglio di

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato
personalmente, che ha dedotto la illegittimità del provvedimento e l’incorso
travisamento dei fatti per avere partecipato al consiglio di disciplina il
comandante della polizia penitenziaria; violazione di legge per il mancato
riconoscimento della esimente della reazione da parte di esso ricorrente ad atti
arbitrari del predetto comandante; violazione di legge per avere fato parte del
consiglio di disciplina l’educatrice da lui querelata.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.

è, invero, principio consolidato (tra le altre, Sez. 1, n. 47875 del

29/10/2004, dep. 10/12/2004, Russo, Rv. 23058) che avverso l’ordinanza del
magistrato di sorveglianza, che decide sui reclami dei detenuti o degli internati
inerenti a provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti dall’autorità
penitenziaria, è ammesso ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge
e, in particolare, soltanto per inosservanza delle norme concernenti l’esercizio
del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell’organo disciplinare, la
contestazione degli addebiti e l’esercizio della facoltà di discolpa da parte del
condannato o dell’internato, e non per altri motivi, poiché già il controllo del
magistrato di sorveglianza sull’atto amministrativo, tale essendo il
provvedimento emesso in materia disciplinare dall’autorità penitenziaria, è di
stretta legalità.
2.1. Nella specie, il ricorrente, che ha contestato la validità del rapporto, ha
formulato rilievi di diffuso dissenso rispetto alle ragioni argomentate della
decisione impugnata, che, con puntuali richiami agli elementi fattuali e con
coerente lettura dei principi di diritto affermati da questa Corte (tra le altre, Sez.
1, n. 35562 dell1/07/2008, dep. 17/09/2008, Belfiore, Rv. 241236), ha rilevato

2

disciplina e il corretto svolgimento del procedimento disciplinare.

che erano state rispettate le procedure compiutamente descritte dalla normativa
regolamentare, ha rimarcato con articolati rilievi la corretta composizione del
consiglio di disciplina e la estraneità del comandante della polizia penitenziaria
alla fase deliberativa della procedura disciplinare, e ha escluso che il
procedimento disciplinato fosse comunque viziato anche quanto alla
partecipazione di un componente raggiunto da querela da parte del ricorrente,
richiamando la condivisa giurisprudenza di questa Corte relativa alle ipotesi di
ricusazione previste dal codice di rito penale.

alle censure del ricorrente che, in chiave di contrapposizione argomentativa,
oppone una sua lettura della vicenda disciplinare, che, invadendo la ricostruzione
dei dati fattuali attinenti all’esercizio del potere disciplinare e all’organo
disciplinare anche con generici riferimenti ad atti, non disponibili, in contrasto
con il principio di autosufficienza del ricorso, sfocia nell’aspecificità e quindi nella

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che
appare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

2.2. Tali argomentazioni, esaustive in fatto e corrette in diritto, resistono

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