Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17743 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17743 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ATTANASIO ALESSIO N. IL 16/07/1970
avverso l’ordinanza n. 3770/2011 GIUD. SORVEGLIANZA di
SPOLETO, del 24/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARD10;

f

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 ottobre 2011, il Magistrato di sorveglianza di
Spoleto ha respinto il reclamo proposto da Attanasio Alessio, detenuto presso la
Casa circondariale di Terni, avverso il provvedimento disciplinare a suo carico,
adottato dal consiglio di disciplina dello stesso Istituto in data 21 luglio 2011,
rilevando l’ammissibilità del reclamo perché tempestivo e corredato da motivi, la
rituale contestazione dell’addebito, la regolare composizione del consiglio di

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato
personalmente, che ha dedotto la illegittimità del provvedimento, manifesta
illogicità della motivazione e travisamento dei fatti per essere stata mossa la
contestazione in presenza della sola educatrice e per avere partecipato al
consiglio di disciplina il comandante della polizia penitenziaria, e manifesta
illogicità della motivazione anche quanto ai poteri istruttori del consiglio di
disciplina e al rifiuto dallo stesso opposto all’acquisizione della querela sporta da
esso ricorrente nei confronti dell’operante di polizia penitenziaria che aveva
redatto il “falso” rapporto disciplinare.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.

E, invero, principio consolidato (tra le altre, Sez. 1, n. 47875 del

29/10/2004, dep. 10/12/2004, Russo, Rv. 23058) che avverso l’ordinanza del
magistrato di sorveglianza, che decide sui reclami dei detenuti o degli internati
inerenti a provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti dall’autorità
penitenziaria, è ammesso ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge
e, in particolare, soltanto per inosservanza delle norme concernenti l’esercizio
del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell’organo disciplinare, la
contestazione degli addebiti e l’esercizio della facoltà di discolpa da parte del
condannato o dell’internato, e non per altri motivi, poiché già il controllo del
magistrato di sorveglianza sull’atto amministrativo, tale essendo il
provvedimento emesso in materia disciplinare dall’autorità penitenziaria, è di
stretta legalità.
2.1. Nella specie, il ricorrente, che ha contestato la validità del rapporto, ha
formulato rilievi di diffuso dissenso rispetto alle ragioni argomentate della
decisione impugnata, che, con puntuali richiami agli elementi fattuali e con

2

disciplina e il corretto svolgimento del procedimento disciplinare.

coerente lettura dei principi di diritto affermati da questa Corte (tra le altre, Sez.
1, n. 35562 de111/07/2008, dep. 17/09/2008, Belfiore, Rv. 241236), ha rilevato
che, in tema di reclami concernenti il potere disciplinare dell’amministrazione
penitenziaria, l’assenza della previa contestazione dell’addebito al detenuto da
parte del direttore dell’istituto, nelle forme previste dalla normativa
regolamentare (art. 81 d.P.R. n. 230 del 2000), spiega effetti sulla validità del
provvedimento adottato solo quando sia stata pregiudicata la conoscenza del
fatto addebitato o l’esplicazione dei diritti difensivi, e resta assorbita dalle

disciplinare dal consiglio di disciplina; ha evidenziato che la contestazione dei
fatti addebitati, nella specie, era stata fatta al ricorrente già in data precedente
all’udienza; ha rilevato con articolati rilievi la corretta composizione del consiglio
di disciplina e ha rimarcato che i poteri istruttori nel corso del procedimento
disciplinare sono ricollegati all’obbligo del consiglio di sentire l’interessato,
mentre è facoltà dello stesso consiglio acquisire atti e compiere ulteriori
accertamenti.
2.2. Tali argomentazioni, esaustive in fatto e corrette in diritto, resistono
alle censure del ricorrente che contrappone, senza correlarsi con le articolate
risposte ricevute, una sua lettura generica e infondata dei principi che attengono
all’esercizio del potere disciplinare, e oppone vizi argomentativi non consentiti.
3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che
appare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

comunicazioni eventualmente date al proposto “in limine” dell’udienza

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