Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17740 del 14/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17740 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: SEMERARO LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
VALDRONI NICOLO’ nato il 14/01/1988 a ROMA
VALDRONI FRANCESCA SAVERIA nato il 01/05/1984 a ROMA

avverso la sentenza del 04/03/2016 della CORTE APPELLO di ROMA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere LUCA SEMERARO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Piero
Molino, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;

L’avvocato Pisauro si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede l’accoglimento.
L’avvocato Marsiglia si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede l’accoglimento.

Data Udienza: 14/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza del 4 marzo 2016, ha
confermato la condanna inflitta a Nicolò Valdroni, per il delitto di cui al comma 5
dell’art. 73 d.p.r. 309/1990, con la sentenza del giudice per le..indagini preliminari
del Tribunale di Roma del 6 aprile 2010, ed in parziale riforma della predetta
sentenza, ha ridetedninaIo la pena inflitta a Francesca Saveria Valdroni sempre
per il delitto di cui al comma 5 dell’art. 73 d.p.r. 309/1990.

Il difensore di Francesca Saveria Valdroni ha proposto ricorso per

cassazione avverso la sentenza del 4 marzo 2016 della Corte di appello di Roma.
Con il primo motivo la difesa ha dedotto il vizio di illogicità manifesta e carenza
della motivazione quanto alla risposta ai motivi di appello e per il travisamento
della prova testimoniale. Rileva la difesa che la Corte di appello di Roma ha violato
i canoni valutativi delle prove ed in particolare delle intercettazioni telefoniche.
La difesa ha articolato prima il motivo in diritto, quanto all’obbligo di
motivazione del giudice anche in riposta ai motivi di appello ed ai limiti del giudizio
di cassazione; ha poi rilevato che le contraddizioni segnalate con l’appello non
sono state esaminate, con travisamento della prova (il cui significato in diritto è
espresso nelle pagine 4 e 5 del ricorso).
Per la difesa, non sono stati esaminati i motivi di appello sulla assenza del
ruolo della Valdroni quale intermediaria nella cessione degli stupefacenti ad opera
del Bornisi; sulla destinazione all’uso personale dello stupefacente da parte della
Valdroni, sul cui stato di tossicodipendenza non vi sono dubbi; sull’assenza di
intercettazioni telefoniche dalle quale emerge che la Valdroni abbia fatto da
tramite per terze persone. Afferma la difesa che la Corte di appello di Roma ha
reso una motivazione illogica, ribadendo le contraddizioni in cui era incorso già il
giudice di primo grado.

3. Il difensore di Nicolò Valdroni, con il primo motivo ha dedotto i vizi di
violazione di legge e della motivazione rilevando in particolare, dopo aver riportato
un passo della motivazione della sentenza della Corte di appello, che non è stata
data risposta ai motivi di appello relativi alle intercettazioni telefoniche, in
particolare come esse rivelassero, unitamente al verbale di arresto del Bornisi, che
egli fosse un acquirente per se di stupefacente, non sussistendo per altro contatti
con gli altri acquirenti.
Rileva la difesa che nessuna riposta ai motivi di appello è stata data quanto
alla condotta che il ricorrente avrebbe in concreto posto in essere quale
concorrente nel reato ed elenca nel ricorso per cassazione le conversazioni

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2.

telefoniche favorevoli all’imputato non correttamente valutate dalla Corte di
appello.
3.1. Con il secondo motivo, la difesa ha eccepito la prescrizione dei reati,
perché la data finale di consumazione del reato è 15 ottobre 2008, sicchè, per
l’applicazione dell’art. 73 comma 5 del d.p..T. 30.9/1990, il termine di prescrizione
è decorso il 15 aprile 2016 ed il ricorso per cassazione è ammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione (cfr. da ultimo
Cass. Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389, D’Andrea e altri), in materia
di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva
competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto
delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di
legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della
motivazione con cui esse sono recepite.
Cfr. anche Cass. Sez. Unite, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715, Sebbar:
In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del
linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato,
costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la
quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae
al sindacato di legittimità.
1.2. I difensori hanno in realtà proposto la lettura alternativa delle
intercettazioni telefoniche, anche alla luce dell’interrogatorio della ricorrente ed
hanno dedotto la mancata risposta ai motivi di appello.
Contrariamente a quanto afferma la difesa, la Corte di appello di Roma ha
risposto ai motivi di appello.
1.3. Dopo aver incorporato la ricostruzione del fatto operata dalla sentenza di
primo grado, la Corte di appello di Roma ha affermato che le conversazioni
intercettate dimostrino, quanto alla posizione di Francesca Saveria Valdroni, che
l’imputata svolgeva attività di cessione di sostanze stupefacenti unitamente al
Bornisi, da cui la ricorrente si riforniva anche per il proprio consumo. La Corte di
appello di Roma ha riportato le conversazioni da cui ha desunto l’attività di
intermediazione da parte della ricorrente, poiché risulta che la stessa, in concorso
con il cedente, ha accompagnato i clienti dal cedente, ha raccolto le prenotazioni,
ha aiutato il Bornisi ha spostarsi nei luoghi in cui avveniva la cessione della
sostanza stupefacente, lo avvisava in caso di presenze sospette e si è occupata di
riscuotere i proventi delle cessioni.

3

1. I ricorsi sono manifestamente infondati.

Secondo la Corte di appello tali condotte dimostrano che la ricorrente ha agito
non nell’ambito di un mutuo soccorso con i tossicodipendenti ma per un interesse
proprio.
1.4. Quanto a Nicolò Valdroni, deve rilevarsi che nel ricorso la difesa ha
riportato solo l’ultima parte della motivazione della sentenza della Corte di appello
di Roma; ha omesso di indicare la parte in cui la Corte di appello di Roma ha
valutato le telefonate ed ha affermato che il ricorrente venisse contattato dai
tossicodipendenti in cerca della dose e che in alcune occasioni ha egli stesso ceduto

La sentenza da atto che Nicolò Valdroni si riforniva dal Bornisi e che riusciva
ad acquistare a credito rimborsando il venditore solo dopo aver riscosso i
corrispettivi delle cessioni. La Corte di appello di Roma ha anche fatto riferimenti
ai rapporti tra i ricorrenti, entrambi finalizzati alla cessione.
Dunque, la motivazione, in risposta ai motivi di appello, è del tutto presente
ed è immune da vizi.
1.5. Quanto al vizio del travisamento della prova dichiarativa, il motivo
proposto nell’interesse di Francesca Saveria Valdroni è privo di specificità non
essendo stato né indicato né allegato il verbale di prova il cui significante sarebbe
stato travisato.
Analoghe considerazioni valgono quanto al vizio di travisamento della prova
proposto dal difensore di Nicolò Valdroni: la difesa ha riportato nel ricorso le sintesi
delle conversazioni e non i testi. Dunque, ha contrapposto una valutazione ad
un’altra.

2. Infine, non può essere dichiarata la prescrizione del reato maturata dopo
la sentenza di appello, in presenza di ricorso inammissibile.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto,
preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod.
proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento
di legittimità.

3.

Pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n.
186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, si condanna altresì ciascun ricorrente al pagamento della somma

delle dosi.

di euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna-i ricorrenti al pagamento delle
o

spese processuali e della somma di-C 2.000’7n favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 14/03/2018.

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