Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17735 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17735 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ATTANASIO ALESSIO N. IL 16/07/1970
avverso l’ordinanza n. 2631/2011 GIUD. SORVEGLIANZA di
SPOLETO, del 24/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

T17

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 ottobre 2011, il Magistrato di sorveglianza di Spoleto
ha rigettato il reclamo con il quale Attanasio Alessio, detenuto presso la Casa
circondariale di Terni in regime differenziato ex art. 41-bis Ord. Pen., si doleva di
alcune limitazioni nel trattamento penitenziario derivanti dalla imposizione del
detto regime.

emesso il 29 settembre 2009, e poi ulteriormente prorogato, era aderente alla
previsione normativa con riguardo alla limitazione a due ore della permanenza del
detenuto all’aperto, alla impossibilità di dialogo tra detenuti sottoposti al regime
differenziato e appartenenti a diversi gruppi di socialità e di cuocere i cibi, e alla
sospensione dei colloqui con i familiari e conviventi con frequenza superiore a uno
al mese e con durata superiore a un’ora, e considerando tali limitazioni non
censurabili perché non irragionevoli.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
Attanasio Alessio, che ne ha chiesto l’annullamento, denunciando:
2.1. travisamento del fatto ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e
violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt.
14-quater e 41-bis, comma 2-quater, lett. f),

Ord. Pen., con riguardo alla

limitazione a due ore di permanenza all’aperto, scissa dall’Amministrazione in una
sola ora d’aria e in un’ora di saletta-palestra al giorno;
2.2. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione
alla sentenza della Corte cost. n. 190/2010, nella parte in cui nel provvedimento
impugnato si escludeva che il magistrato potesse intervenire, quanto ai profili di
legittimità, sulle limitazioni imposte dal decreto ministeriale;
2.3. travisamento dei fatti ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
nella parte in cui si affermava che il divieto di cuocere i cibi era contenuto nel
decreto ministeriale, mentre era imposto arbitrariamente dalla Direzione
dell’istituto.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. peri.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato in ogni sua deduzione.
2.

Il ricorrente, esprimendo un diffuso dissenso rispetto alle ragioni

argomentate della ordinanza impugnata, ha omesso di correlarsi con le

2

A ragione della decisione, il Magistrato riteneva che il decreto ministeriale

medesime, che, procedendo da una rigorosa lettura dei principi attinenti alla
sindacabilità dei provvedimenti dell’Amministrazione penitenziaria incidenti sui
diritti soggettivi dei detenuti e sui limiti di sindacabilità dei decreti ministeriali di
applicazione e proroga del regime detentivo differenziato, ha, con argomentazioni
esaustive in fatto e corrette in diritto, espresso un apprezzamento di conformità
delle limitazioni imposte al ricorrente ai principi fissati normativamente dall’art.

41-bis Ord. Pen. e richiamati motivatamente e non irragionevolmente, in rapporto
ai presupposti che lo giustificano, dal decreto ministeriale.

del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna

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