Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17733 del 14/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17733 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: SEMERARO LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
DIANA Gennaro nato a Caserta il 08.09.1987

avverso la sentenza del 8 aprile 2016 della Corte di appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere LUCA SEMERARO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Piero
Molino, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 14/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di Gennaro Diana ha proposto ricorso per cassazione avverso
la sentenza della Corte di appello di Napoli del 8 aprile 2016 con la quale, in riforma
della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di S. Maria C.V., previa
riqualificazione del fatto nel reato ex art. 73 comma 4 D.P.R. 309/90, l’imputato è
stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 14.000,00 di multa,
con la sospensione condizionale della pena.
Con il primo motivo la difesa ha dedotto, ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen.,

contraddittorietà della motivazione quanto alla valutazione delle prove; ha dedotto
il travisamento della prova quanto alla valutazione del dato ponderale della
marijuana sequestrata ed alla dichiarazione dibattimentale dell’imputato.
Secondo la difesa, la Corte di Appello di Napoli ha recepito la motivazione
della sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere senza affrontare i motivi di
appello, reputando che fossero ripropositivi di temi già esposti in primo grado.
Per la difesa, la motivazione è apparente, per l’adesione acritica alla decisione
del Tribunale ed elude il tema principale evidenziato dalla difesa, relativo
all’esigenza di accertare l’effettiva consistenza del dato ponderale della sostanza
stupefacente sequestrata e di valutare la condotta considerando il complesso delle
circostanze dell’azione.
Rileva la difesa che con l’appello aveva evidenziato che, all’esito della
consulenza farmacologica acquisita in atti con il consenso delle parti, il peso netto
della sostanza sequestrata fosse di grammi 64,321 con la presenza del principio
attivo di THC alla concentrazione del 4,2%; la quantità di THC puro presente nel
reperto esaminato risultava del peso di grammi 2,701, che rappresenta il dato per
stabilire l’offensività della condotta.
Rileva la difesa che la Corte di Appello ha fondato la valutazione sia sulla
sussistenza del reato che per la esclusione dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art.
73 DPR n. 309/90, su di un dato ponderale erroneo – grammi 70 – recepito dal
capo di imputazione, omettendo di considerare quello costituito dall’esito della
consulenza tossicologica nonché la circostanza relativa alla effettiva composizione
della sostanza rinvenuta dalla P.G.
Rileva la difesa che con i motivi di appello aveva dedotto che nell’imputazione
era indicato erroneamente il quantitativo di grammi 70 di marijuana, quale
risultante dal verbale di sequestro e che il Tribunale aveva omesso di considerare
che la sostanza sequestrata comprendeva anche il materiale vegetale (rami ecc.)
e non solamente le foglie e le infiorescenze che costituiscono la sostanza dopante.

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il vizio della motivazione in relazione all’art. 73 D.P.R. n. 309/90 per la

Tale circostanza emergeva dalla testimonianza del carabiniere Pulvirenti, il
quale dichiarava che i ragazzi all’interno del locale erano intenti a separare dalla

matassa l’erba utilizzabile (pag. 8 verbale dell’udienza del 23 febbraio 2011).
Pertanto, per la difesa, la Corte di appello, che ha ugualmente fatto
riferimento al peso di 70 grammi di marijuana, ha omesso di valutare il
contenuto della consulenza tecnica quanto al peso netto della sostanza
stupefacente ed alla percentuale del principio attivo.
Ha poi rilevato la difesa una serie di errori, da attribuire al copia ed incolla di
parti di un altro provvedimento; il primo quanto al cognome dell’imputato

sentenza); il secondo nella pagina 3 laddove si fa riferimento alla «condotta
ammissiva manifestata dell’imputato, già valutata dal GUP per la concessione delle
circostanze attenuanti generiche».
Rileva la difesa che è erronea l’indicazione dell’Autorità giudiziaria di primo
grado; inoltre, per la difesa la motivazione non offre un’adeguata risposta ai motivi
di appello relativi al dato ponderale della sostanza stupefacente ed alla
configurabilità della ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 DPR n. 309/90.
Per la difesa, la Corte di appello di Napoli non ha spiegato le ragioni per le
quali le argomentazioni della difesa non sono idonee ad intaccare il giudizio di
colpevolezza formulato all’esito del processo di primo grado.
Rappresenta la difesa che con i motivi di appello aveva indicato gli elementi
che, se valutati, facevano propendere per l’uso personale dello stupefacente,
dando una spiegazione agli oggetti in sequestro: il tritaerba era un mero
strumento utile al consumatore della sostanza; l’assenza di somme di denaro (il
Diana possedeva solamente 5 euro) e di uno strumento per la pesatura,
indispensabile per confezionare dosi commerciabili.
Rileva la difesa che è del tutto assente la risposta ai motivi di appello con i
quali era stata dedotta la possibilità di un uso di gruppo, posto che il Tribunale
aveva ritenuto che la detenzione della sostanza stupefacente fosse imputabile
anche agli altri ragazzi presenti sul luogo del fatto.

2. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto, ex art. 606 lett. e) cod. proc.
pen. il vizio della motivazione quanto alla mancata riqualificazione del fatto ai sensi
del comma 5 dell’art. 73 DPR 309/90, richiesta con i motivi di appello.
Per la difesa, è assente la risposta della Corte di appello al motivo di
impugnazione relativo alla contraddittorietà della motivazione della sentenza di
primo grado sulla attendibilità della dichiarazione dell’imputato; sussiste invece il
travisamento della prova quanto invece al dato ponderale, come indicato nel primo
motivo di ricorso per cassazione, in quanto la Corte di appello lo ha ritenuto

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(Mazzarella anziché Diana), nella parte dedicata al calcolo della pena (pag. 4 della

ingiustificatamente preponderante ed ha affermato erroneamente che l’imputato
avrebbe dichiarato di aver acquistato la droga per una pluralità di persone.
La difesa ha quindi concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va in primo luogo rilevato che i motivi, per come sono formulati, non sono
inammissibili. Deve infatti rilevarsi che avverso la sentenza del Tribunale di S.
Maria Capua Vetere furono proposte due impugnazioni; nella sentenza della Corte

motivi di appello dedotti dalla difesa del ricorrente non sono stati esaminati.
Dagli atti risulta però che il termine di prescrizione è già decorso perché, come
indicato in sentenza, il reato è stato commesso il 5 dicembre 2008, sicchè il
termine complessivo di 7 anni 6 mesi applicabile per il delitto ex art. 73 comma 4
d.p.r. 309/1990 è decorso il 5 giugno 2016.
Pertanto la sentenza deve essere annullata senza rinvio per essere il reato
estinto per prescrizione.

2. Va ricordato (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 35180 del 2017) che in
presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi
di motivazione della sentenza, perché l’inevitabile rinvio . della causa all’esame del
giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l’obbligo
della immediata declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del
reato, stabilito dall’art. 129 cod. proc. pen.
Come affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza
n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, in presenza di una causa di estinzione del
reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma
dell’art. 129 comma 2 cod. proc. pen., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee
ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente
non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo
appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu ocull, che a
quello di apprezzamento, e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento. In presenza di una causa di estinzione del
reato (come nel caso in esame la prescrizione), la formula di proscioglimento nel
merito può essere adottata solo quando dagli atti risulti evidente la prova
dell’innocenza dell’imputato e non nel caso di insufficienza o contraddittorietà della
prova di responsabilità (Cass. Sez. Unite n. 35490 del 28/05/2009 Tettamanti, Rv.
244274; Cass. Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia, Rv. 259445; Cass. Sez.

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di appello si fa riferimento ad una sola impugnazione, sicchè effettivamente i

1, n. 43853 del 24/09/2013, Giuffrida, Rv. 258441; Cass. Sez. 5, n. 39220 del
16/07/2008, Pasculli, Rv. 242191).
I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., come
appena delineati, non sussistono nel caso di specie, perché proprio l’eventuale
accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, imporrebbe una nuova
motivazione in punto di attribuzione della condotta e della sua valutazione.
La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché il

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso il 14/03/2018.

reato è estinto per intervenuta prescrizione.

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