Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17732 del 14/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17732 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: GALTERIO DONATELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
LILI ISSAM, nato in Marocco il 9.7.1988
ALAMI TARIK, nato in Marocco 1’11.8.1988

avverso la sentenza in data 14.2.2017 della Corte di Appello di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza in data 14.2.2017 la Corte di Appello di Firenze ha
integralmente confermato la pronuncia resa all’esito del giudizio di primo grado
dal Tribunale di Prato che aveva ritenuto Lili Issam ed Alami Tarik colpevoli dei
reati di cui all’art. 73, primo comma DPR 309/1990 per aver detenuto a fini di
spaccio presso la loro comune abitazione quantitativi di cocaina e di hashish e
per aver rifornito in via continuativa di tali sostanze stupefacenti numerosi
acquirenti, condannando entrambi alla pena di tre anni e dieci mesi di reclusione
ed C 14.000 di multa.

Data Udienza: 14/03/2018

Avverso il suddetto provvedimento entrambi gli imputati hanno proposto
autonomo ricorso per cassazione.
2. Lili Issann ha affidato le proprie censure ad un unico motivo con il quale
deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 73, 5 comma
DPR 309/1990, che l’esigua quantità di stupefacente rinvenuta nella sua stanza,
pari ad appena un grammo e mezzo di hashish e circa 26 grammi di cocaina,
imponeva la qualifica del fatto come di lieve entità, tenuto conto che egli, pur
condividendo l’abitazione con il fratello, era del tutto autonomo nell’espletamento

3. Alami Tarik ha articolato, per il tramite del proprio difensore, anch’egli un
unico motivo con il quale contesta, invocando il vizio motivazionale,
l’affermazione della Corte di Appello secondo cui la separata collocazione dello
stupefacente nelle camere da letto rispettivamente utilizzate dai coimputati non
consentiva di attribuire a ciascuno di essi i singoli quantitativi con riferimento alla
stanza, stante la coabitazione di entrambi in un unico appartamento e la
gestione comune dell’attività di spaccio. Deduce che il mancato rinvenimento
della droga in uno spazio comune della casa, unitamente al fatto che in ogni
stanza fosse stato trovato anche il materiale idoneo al confezionamento
consentiva di ritenere che le attività di spaccio fossero da ognuno di essi svolte
in modo autonomo. Ciò trovava conferma anche nelle dichiarazioni del teste
Zambrano che aveva affermato che Lili Issam era il suo pusher di riferimento, e
che solo sporadicamente nei precedenti sei mesi, senza peraltro neppure indicare
quante volte ciò fosse avvenuto, si era interfacciato con altri due marocchini uno
dei quali era l’imputato. Pertanto l’unico quantitativo riferibile a quest’ultimo, era
risultato dalla perizia essere pari a 22.840 grammi di cocaina, esauribile per un
consumatore medio in 43 giorni: il ridimensionamento del dato ponderale
consentirebbe, ad avviso della difesa, avuto riguardo alle modalità della
cessione, integrante il cd. spaccio da strada ed alla scarsa professionalità
dell’imputato, resa evidente anche dalla casereccia detenzione della droga in
camera da letto senza alcun accorgimento per il suo occultamento, di ravvisare
la minima offensività del fatto complessivamente valutato, con conseguente
riconducibilità della fattispecie criminosa all’ipotesi lieve di cui all’art. 73, quinto
comma DPR 309/1990. Deduce che le suddette circostanze, già ampiamente
evidenziate con i motivi di appello, non avevano trovato risposta nella sentenza
impugnata, limitatasi a ripercorrere acriticamente il percorso argomentativo del
primo giudice, e perciò passibile di annullamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

dell’attività di spaccio, da quest’ultimo.

Entrambi i ricorsi, svolgendo analoghi motivi di censura, devono essere
esaminati congiuntamente.
Le doglianze svolte, costituenti la pedissequa riproduzione delle censure
svolte in appello, puntualmente disattese dai giudici del gravame, si rivelano,
all’evidenza generiche, stante l’omesso confronto argomentativo con le ragioni
esplicitate dalla sentenza impugnata: devono perciò considerarsi, in quanto
omettono di assolvere la tipica funzione di una critica ragionata della sentenza
oggetto di ricorso, soltanto apparenti (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007 – dep.

dep. 16/05/2012 -, Pezzo Rv. 253849).
La Corte distrettuale ha dettagliatamente esaminato le risultanze istruttorie
escludendo, con dovizia di argomentazioni e coerenza di ragionamento, che i
quantitativi rinvenuti all’interno dell’appartamento coabitato dai due imputati,
nelle rispettive camere da letto, potessero essere singolarmente riferiti a
ciascuno di essi. A fondamento di tali conclusioni sono state poste una pluralità
di convergenti risultanze probatorie volte ad evidenziare un accordo tra i due
imputati nella gestione dell’attività di spaccio, quali, oltre alla coabitazione nel
medesimo immobile, il fatto che l’utenza telefonica utilizzata dagli acquirenti
asseritamente in uso al Lili, venisse indifferentemente gestita dal fratello nella
cui stanza è stato rinvenuto nel corso della perquisizione domiciliare il cellulare
mentre questi dormiva, nonché la circostanza che, come dichiarato dal teste,
cliente abituale, una volta contattata la suddetta utenza telefonica, si
presentavano all’appuntamento per la consegna dello stupefacente
indifferentemente tanto il Lili quanto l’Alami, ancorchè quest’ultimo con minore
frequenza, così come un terzo individuo non identificato.
Alla luce di tale quadro, a tratteggiare il quale concorrono altresì il dato
ponderale della droga complessivamente rinvenuta, il numero di dosi da essa
ricavabili, nonché le ingenti somme di danaro trovate presso l’abitazione dei
prevenuti, elementi con i quali nessuno dei due si confronta, incensurabile deve
ritenersi il diniego dell’ipotesi di lieve entità. Invero, secondo il consolidato
orientamento di questa Corte, la fattispecie di cui all’art. 73, comma quinto,
d.P.R. n. 309 del 1990„ può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima
offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e
quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione
(mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno
degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra
considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (da ultimo Sez. 3, n. 23945
del 29/04/2015 – dep. 04/06/2015, Xhihani, Rv. 263651; Sez. 3, n. 27064 del
19/03/2014 – dep. 23/06/2014, P.G. in proc. Fontana, Rv. 259664; Sez. U,
n.35737 del 24/06/2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911 ).

3

cl–

10/09/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012 –

I ricorsi devono in conclusione essere dichiarati inammissibili. Non
sussistendo elementi per ritenere che le parti abbiano proposto la presente
impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, alla relativa declaratoria, segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna di entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 2.000 ciascuno in favore
della Cassa delle Ammende
Così deciso il 14.3.2018

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Donatella Galterio

Giulio Sarno

P.Q.M.

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