Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17730 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17730 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) FUFI BESNIK N. IL 25/09/1981
avverso l’ordinanza n. 1261/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/02/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17 febbraio 2011 la Corte d’appello di Milano, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Fufi Besnik,
volta al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le
sentenze di condanna indicate nel provvedimento di unificazione delle pene
emesso dalla Procura Generale presso la stessa Corte

ottobre 2010, avuto

tenute dall’istante a una, sia pure generica, preventiva deliberazione a
delinquere di carattere unitario.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, il condannato, che ne chiede l’annullamento sulla base di unico
motivo con il quale deduce violazione dell’art. 81, comma 2, cod. peri., in
relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., e contestuale manifesta
illogicità della motivazione, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., per avere la decisione ritenuto in modo illogico non sufficientemente
provata la programmazione unitaria dei delitti oggetto della richiesta, commessi
in arco temporale continuativo, allo scopo unico e pacificamente preordinato di
realizzare molteplici violazioni del T.U. sugli stupefacenti.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. La nozione di continuazione delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione
in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale
tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente

ab origine

progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al
conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.

2

riguardo alla mancanza di elementi probativi della riconducibilità delle condotte

Deve, pertanto, escludersi che una tale programmazione possa essere
desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui essi
sono maturati. Né l’inciso “anche in tempi diversi”, contenuto nell’art. 81,
comma 2, cod. pen., consente di escludere rilevanza all’aspetto del tempo di
commissione dei reati, non potendo ritenersi che la vicinanza temporale
costituisca di per sé “indizio necessario” dell’esistenza del medesimo disegno
criminoso, né escludersi che la distanza temporale possa costituire in concreto
un limite logico alla possibilità di ravvisare la continuazione per le difficoltà di

1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta di unificazione, e i dati di fatto
tratti dalle sentenze in atti, ha logicamente e ragionevolmente valorizzato la
distanza nel tempo tra le condotte, le loro diverse modalità di esecuzione e
l’assenza di collegamenti tra le stesse, traendone ragioni di esclusione della
sussistenza di un programma criminoso unitario, sia pure generico.
Le linee argomentative dell’ordinanza, congrue sul piano logico e corrette in
diritto, resistono alle censure formulate dal ricorrente, che si risolvono nella
generica prospettazione di considerazioni attinenti al fondamento dell’istituto
della continuazione e nella rilettura dei dati fattuali nell’ottica, inammissibile in
questa sede, di una loro rivalutazione di merito.
2. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

programmazione e deliberazione a lunga scadenza dei singoli episodi criminosi.

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