Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17728 del 16/01/2018

Penale Sent. Sez. 3 Num. 17728 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: ZUNICA FABIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
A.A.
avverso la sentenza del 16-03-2017 della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’avvocato Egidio Sarno, che si riportava al ricorso
chiedendone l’accoglimento.

Data Udienza: 16/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Bari del 4 luglio 2016, A.A.
veniva condannato alla pena di 2, mesi 8 anni di reclusione ed C 4.000 di multa,
in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309/90, per
aver concorso con i coimputati Antonio Savarese e Leigh Joseph Antonio
Giannoccaro, nella detenzione di sostanza stupefacente di tipo hashish e
marijuana, nonchè del reato previsto dall’art. 75 comma 2 del d.lgs. 159/2011,
per aver violato, commettendo il reato sopra descritto e portando con sé un

inerenti la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di
soggiorno nel Comune di Bari cui era sottoposto.
Tali reati risultano accertati in Bari il 16 febbraio 2016.
La Corte di appello di Bari, con sentenza del 16 marzo 2017, in parziale riforma
della pronuncia di primo grado, previo riconoscimento dell’ipotesi di cui al
comma V dell’art. 73 del d.P.R. 309/90, rideterminava la pena inflitta a A.A. in
anni 1 e mesi 2 di reclusione (per gli altri due coimputati appellanti Giannoccaro
e Savarese, chiamati a rispondere del solo reato ex art. 73 del d.P.R. 309/90, la
pena veniva rideterminata in anni 1 di reclusione ed C 1.000 di multa ciascuno).
2. Avverso la sentenza della Corte di appello pugliese, A.A., tramite il
difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo,
riferito al solo reato di cui all’art. 73 comma 5 del d.P.R. 309/90, rispetto al
quale viene lamentata la mancanza di motivazione e la violazione di legge, con
riferimento al ritenuto concorso del ricorrente nella detenzione dello stupefacente
rinvenuto nell’abitazione dei coimputati; al riguardo si osserva che la Corte di
appello, ignorando le specifiche censure difensive, non aveva tenuto conto della
distinzione tra connivenza non punibile e concorso nell’altrui detenzione,
proponendo una motivazione astratta e apparente che non aveva chiarito in cosa
sarebbe consistito il contributo apportato in concreto dal ricorrente.
Il 27 dicembre 2017 la difesa ha depositato una memoria integrativa, con cui
insiste nell’accoglimento del ricorso, ribadendo il difetto motivazionale della
sentenza e l’insussistenza del concorso nella detenzione illecita di stupefacenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso deve essere rigettato.

2. Il tema principale del ricorso, relativo alla configurabilità del concorso del
ricorrente nella detenzione illecita dello stupefacente rinvenuto nell’abitazione di
Giannocaro, è stato adeguatamente affrontato in entrambe le decisioni di merito,
nelle quali è stato ritenuto, in modo tutt’altro che illogico, il pieno coinvolgimento

cellulare la cui detenzione gli era stata proibita, gli obblighi e le prescrizioni

di A.A. nel reato di cui all’art. 73 comma del d.P.R. 309/90, in considerazione di
alcuni elementi fattuali di indubbio rilievo probatorio; innanzitutto, premesso che
presso l’abitazione di Giannoccaro è stato scoperto un vero laboratorio destinato
alla suddivisione e alla predisposizione di singole dosi di hashish e marijuana da
spacciare e premesso altresì che la predetta abitazione era oggetto di un
andirivieni di giovani, è stata valorizzata la circostanza che è stato proprio il
ricorrente, fermato dagli operanti in auto con Giannoccaro e Savarese, a indicare
agli agenti l’armadietto dove si trovava il deposito delle sostanze stupefacenti,
mentre è stato ritenuto parimenti significativo il fatto che A.A. sia stato trovato

Peraltro, al momento dell’arresto, il ricorrente deteneva alcune dosi di droga
dello stesso tipo di quelle presenti nel laboratorio di Giannoccaro, rispetto al
quale è stato correttamente osservato come fosse poco verosimile che egli
consentisse a persone non coinvolte nella propria attività di spaccio di entrare
nella sua abitazione e di conoscerne i luoghi in cui lo stupefacente era custodito.
L’apparato motivazionale delle due conformi sentenze di merito risulta quindi
privo di elementi di irrazionalità e idoneo a giustificare la formulazione del
giudizio di colpevolezza di A.A. rispetto al reato ascrittogli al capo A, avendo le
decisioni di primo e secondo grado operato un buon governo del costante
principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multis Sez. 3, n.
41055 del 22/09/2015, Rv. 265167), secondo cui, in materia di detenzione di
sostanze stupefacenti, integra la connivenza non punibile una condotta
meramente passiva, consistente nell’assistenza inerte, inidonea ad apportare un
contributo causale alla realizzazione dell’illecito, di cui pur si conosca la
sussistenza, mentre ricorre il concorso nel reato nel caso in cui si offra un
consapevole apporto, morale o materiale, all’altrui condotta criminosa, anche in
forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente.
Nella vicenda in esame le considerazioni formulate nella sentenza impugnata (e
prima ancora, in modo più chiaro, in quella di primo grado) consentono di
affermare che la condotta di A.A. abbia superato il perimetro della connivenza
non punibile, per collocarsi nell’area del concorso di persone nel reato, alla luce
degli stretti collegamenti tra il ricorrente e il titolare dell’abitazione sede delle
attività di preparazione e di vendita delle sostanze stupefacenti, rilevando in tal
senso non solo la qualificata conoscenza dello “stato dei luoghi”, ma anche il
fatto che, mentre era in auto con i due coimputati, A.A. è stato trovato in
possesso non solo di singole dosi di droghe dello stesso tipo di quelle presenti
nella casa di Giannoccaro, ma anche di una non trascurabile somma di denaro,
sulla cui provenienza non è stata fornita alcuna spiegazione plausibile, se non
quella di una vincita al gioco non documentata, ciò a conferma di una interazione
non solo conoscitiva tra A.A. e gli altri due coimputati nel medesimo reato.

3

in possesso della somma di C 435 suddivisa in banconote di piccolo taglio.

Deve quindi concludersi che, come anche per il coimputato Savarese, la tesi del
concorso del ricorrente nella detenzione illecita di stupefacenti sia stata fondata
su argomentazioni logiche e aderenti alle risultanze probatorie acquisite.
3. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve
essere quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

P.Q.M.

Così deciso il 16/01/2018

Il Clipe gtensore
a lo Zu ca

Il Presidente
Giulio Sarno

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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