Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17712 del 16/01/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17712 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
COSTANTINI CESARE (n. il 31/10/1986)
avverso il decreto della Corte di Appello di Roma, IV Sezione Penale, in data
04/07/2017.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano Iasillo.
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottoressa Francesca
Loy, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Osserva:

Data Udienza: 16/01/2018

Con decreto del 04/07/2017 la Corte di appello di Roma confermava il
decreto emesso dal Tribunale di Roma, in data 06/02/2017, che aveva disposto
per Costantini Cesare la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.
per la durata di 1 anno. La misura di cui sopra è stata disposta perché il
Costantini “non risultava avere una stabile attività lavorativa, manteneva uno
stile di vita antisociale con frequentazione di pregiudicati, di disprezzo e condotte
aggressive nei confronti delle forze dell’ordine nonché commissione di reati di
diversa specie” e che “dalle iscrizioni SDI risultava che dal 2007 il proposto ha

Avverso detto decreto ha presentato ricorso per Cassazione Costantini
Cesare, difeso dall’Avvocato Pietro Nicotera, deducendo: 1) difetto assoluto,
insufficienza e contraddittorietà di motivazione sull’attualità della pericolosità
sociale; 2) applicazione della misura di prevenzione

“al di fuori dei principi

applicabili ai sensi della normativa in materia” (L. 575/65 e 1423/56); 3) la
Corte di appello non ha assolutamente preso in considerazione le attività
lavorative che sta svolgendo e che lo stesso ha vinto un concorso per autista del
COTRAL (si veda pagina 7 del ricorso).
Il difensore del ricorrente conclude, dunque, per l’annullamento del
provvedimento impugnato.
In data 02/01/2018 il difensore del ricorrente deposita memoria con la
quale insiste nella richiesta di annullamento.

motivi della decisione

1.

Il ricorso è inammissibile.

1,1. Si deve, invero, ricordare che nel procedimento di prevenzione il
ricorso per Cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge in forza della
disposizione della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 10, che detta un principio
di ordine generale, applicabile anche nei casi di pericolosità qualificata di cui alla
L. n. 575 del 1965, visto il richiamo del predetto articolo 4 operato dall’art. 3 ter,
comma secondo, della legge 575/65 (disposizioni confermate nell’art. 10, III
comma, del D.L.vo del 06.09.2011). In sede di legittimità, pertanto, non è
deducibile il vizio di motivazione, tranne che nei casi di difetto assoluto o di
motivazione meramente apparente, poiché tali vizi si traducono in realtà in
violazione di legge per mancata osservanza, da parte del giudice di merito,
dell’obbligo di provvedere con decreto motivato, sancito dal comma 9 del citato
art. 4 (cfr. art. 125 c.p.p., comma 3, ultima parte; v. Sez. 2, Sentenza n. 2181
del 06/05/1999 Cc. – dep. 26/05/1999 – Rv. 213852; Sez. 2, Sentenza n. 19914
del 31/01/2005 Cc. – dep. 26/05/2005 – Rv. 231873; Sez. U, Sentenza n. 33451

commesso vari reati” (indicati alle pagine 2 e 3 dell’impugnato decreto).

del 29/05/2014 Cc. – dep. 29/07/2014 – Rv. 260246). Sul punto anche la Corte
Costituzionale si è pronunziata e ha ritenuto non irragionevole la scelta del
legislatore di consentire – per i provvedimenti in materia di prevenzione – il
ricorso per Cassazione soltanto per violazione di legge (si vedano le sentenze
della Corte Costituzionale n. 321/2004 e n. 106/2015).
1,2. Orbene l’ampia ed esauriente motivazione del provvedimento
impugnato non può certo essere definita apparente avendo, la Corte territoriale,

dai quali ha tratto il convincimento della sussistenza della pericolosità del
proposto Costantini Cesare e l’attualità di tale pericolosità (si vedano le pagine
da 2 a 4 dell’impugnato provvedimento nelle quali la Corte di appello riporta i
vari elementi presi in considerazione dal Tribunale per accertare quanto sopra,
espone correttamente le ragioni per le quali valuta rilevanti tali elementi e ritiene
fondate le conclusioni del giudice di prima istanza e infondati i motivi di
impugnazione). Non è, pertanto, compito di questa Corte di legittimità
ripercorrere l’analisi dei singoli elementi effettuata dal giudice di merito poiché
rilevata la puntuale applicazione di consolidati principi di diritto e la corretta
motivazione ogni ulteriore considerazione sul punto si risolverebbe in una mera
“quaestio facti”, inammissibile in questa sede.
1,3. La Corte di appello ha, dunque, esattamente ritenuto sussistenti i
presupposti per l’applicazione della sorveglianza speciale dopo aver anche
affrontato le generiche contestazioni del proposto. In particolare la Corte di
merito prende in considerazione la dichiarazione della madre del proposto sul
suo saltuario lavoro presso la stessa. Per quanto riguarda l’attività di vendita di
autovetture la censura è generica perché il ricorrente in realtà dimostra
unicamente che è stata aperta la partita IVA senza dire nulla su eventuali
effettive vendite effettuate. Lo stesso discorso vale per la non dimostrata
assunzione presso il COTRAL; assunzione affermata genericamente nel ricorso.
Quindi la Corte territoriale – con motivazione incensurabile in questa sede – ben
evidenzia le ragioni per le quali ritiene che il proposto tragga anche dal reato i
mezzi di sostentamento proprio e dei familiari. Infine, non si deve dimenticare
che, in ogni caso, la misura è stata applicata anche per la lettera C del D.Lgs.
159/2011.
1,4.

Dunque i giudici di merito hanno applicato la misura non sulla base di

presunzioni, ma sulla base di elementi di fatto ben esposti e sui quali il proposto
si è difeso.
2. Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ne consegue,
per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende,

esaminato correttamente tutti gli elementi specifici acquisiti – e ben specificati –

di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in Euro 2.000,00.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle

Così deciso in Roma, il 16/01/2018.

ammende.

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