Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17706 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17706 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) BRATELLI FABRIZIO N. IL 02/11/1967
avverso la sentenza n. 2078/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
11/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
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Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1.A seguito di giudizio con rito abbreviato, il Tribunale di Bergamo- Sezione di
Clusone ha condannato il Bratelli Fabrizio alla pena di mesi otto di reclusione e a
varie pene accessorie, con i doppi benefici di legge, per il reato di cui all’art. 4 D.
Lgs. n. 74 del 2000, per avere, quale legale rappresentante della Bratelli
Costruzioni srl, indicato nella dichiarazione fiscale relativa all’anno d’imposta
2004 elementi dell’attivo per un ammontare inferiore a quello effettivo, ma
superiori al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi denunciati e una

alla soglia di punibilità di € 103.291,38.
2. Avverso tale sentenza il Bratelli proponeva appello, chiedendo la riforma della
sentenza ovvero la rideterminazione della pena, fermi i doppi benefici di legge,
ma la Corte di appello di Brescia, con sentenza dell’il. gennaio 2012,
confermava la decisione del giudice di prime cure.
3. Contro tale decisione l’imputato ha proposto, tramite il proprio difensore,
ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento, affidato a tre motivi di
doglianza.
3.1. Con il primo (violazione di legge, inosservanza ed erronea applicazione
degli artt. 4, comma 1, lett. a) e f) D. Lgs. n. 74 del 2000 e 6 D. Lgs. n. 218 del
1997), ha lamentato la mancata considerazione, in fatto, dell’istanza di
accertamento con adesione presentata, ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 218/97, con
successo ( atto di adesione T9FA3T100147/2010) dalla Bratelli Costruzioni srl, in
conseguenza

del

quale vi era stata una riduzione della determinazione

dell’ammontare dei componenti attivi di reddito non dichiarati (in conseguenza
del fatto che uno degli appartamenti venduti dall’impresa era stato acquistato dal
fratello dell’amministratore, Bratelli Diego, il quale aveva beneficato di uno
sconto sul prezzo) ed una conseguente riduzione dell’imposta effettivamente
dovuta da €118.905,90 a 102.300,00, determinante il non superamento della
cd. soglia di punibilità del reato ascritto all’imputato. Entrambi i giudici avrebbero
svalutato tale dato (ritenendo, da un lato, non vincolante l’accertamento con
adesione e, dall’altro, la sussistenza di fatti che accertassero l’avvenuta fruizione
dello sconto in favore del congiunto, come già computato nella misura di quel
componente attivo evaso e posto a base della contestazione penale).
3.2. Con il secondo mezzo (mancanza o contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione) il ricorrente si è doluto della mancanza della prova nella
ricostruzione del corrispettivo non dichiarato, con particolare riferimento alla
cessione immobiliare effettuata in favore del fratello dell’amm.re, Diego Bratelli.
Anche la sentenza di appello, avrebbe affermato l’esistenza della responsabilità
sulla base di mere ipotesi, diversamente da quanto concluso dall’Agenzia delle
Entrate, che avrebbe considerato come non scontato il prezzo di cessione di

conseguente sottrazione di imposta sui redditi pari ad € 118.905,90, superiore

quel bene, così come rilevato nella contabilità ufficiosa, ed avrebbe acceduto alla
tesi del contribuente circa la necessità di considerare una sua diminuzione in
ragione della relazione di parentela, dato utile a far rifluire l’imposta evasa entro
il limite della soglia di non punibilità.
3.3. Con il terzo motivo (inosservanza o erronea applicazione dell’art. 533 c.p.p.
e contrasto tra motivazione e dispositivo) il ricorrente ha lamentato l’eccessività
della pena, determinata senza riconoscere le attenuanti generiche (art. 62-bis
c.p.) o quella del risarcimento del danno (art. 62 n. 6 c.p.), con l’ulteriore

giudici di secondo grado riconosciuto che l’attenuante del risarcimento del danno
non poteva essere concessa in ragione del fatto che esso avrebbe già integrato
la distinta attenuante di cui all’art. 13 D. Lgs. n. 74/2000, gli stessi avrebbero
mancato di consequenzialità, facendo applicazione di quella già determinata, ma
rimasta quantificata nella misura di mesi otto, in ragione della sola riduzione per
il rito abbreviato applicato sulla pena base di anni uno di reclusione (contrasto
tra motivazione e dispositivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso risulta parzialmente fondato e deve essere accolto.
2. Possono essere trattati congiuntamente, ed anche respinti per la loro comune
infondatezza, i primi due motivi, tra di loro strettamente connessi (in quanto
riferiti alla medesima circostanza di fatto, diversamente intesa e provata,
secondo il ricorrente: quella relativa all’acquisito di un appartamento con
accessori da parte del fratello dell’imputato e quella concernente lo sconto da
quest’ultimo praticato al proprio congiunto, circostanza avente rilievo penale in
quanto idonea ad escludere la soglia di punibilità dell’illecito).
In tal modo il ricorrente propone una diversa ricostruzione del fatto, rispetto a
quella fatta propria dai giudici di merito (e, particolarmente, da quello di appello)
e per giurisprudenza pacifica è preclusa al giudice di legittimità una rilettura degli
elementi di fatto posti a base della decisione o l’adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione dei fatti (Sez.6, n. 22256 dd26/4/2006, dep.
23/6/2006, Bosco, Rv. 234148), in quanto il suo compito è stabilire se i giudici di
merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano
fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente
risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole
della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre. Di conseguenza quando i giudici di
merito abbiano esposto le motivazioni della propria decisione in coerenza con i
dati risultanti dal processo, non è ammessa in questa sede una diversa
ricostruzione in fatto della vicenda oggetto del giudizio. (cfr., tra le altre, Sez. 1,

riduzione della pena a mesi 5 e giorni 10, fermi i doppi benefici. Inoltre, avendo i

n. 24667 del 15/6/2007, dep. 21/6/2007 Musumeci, Rv. 237207, Sez.4, n.
35683 del 10/7/2007, dep. 28/9/2007, Servidei, Rv. 237652).
3. La ricostruzione operata dai giudici di merito, infatti, tiene conto della
attendibilità delle risultanze della contabilità informale ricostruita sui files
contenuti nel computer dell’impresa e sull’esame analitico delle operazioni di
compravendita, ciascuna ricondotta alle varie compravendite relative all’anno
d’imposta considerato. Quella conclusa con il fratello dell’amministratore, è stata
ricostruita dai giudici di merito attraverso una ragionamento non ipotetico, ma
tipologia (principale ed accessorio: box) e complessità (dotazioni quali giardino,
solarium e locale interrato) dei beni acquistati ed al loro prezzo normale, per
inferire l’entità dello sconto, con la conclusione della correttezza della cifra
(scontata e non da scontare, come sostenuto dalla difesa) indicata per
quell’immobile (240.000 euro) così come risultante dall’appunto informatico
rinvenuto nel computer dell’impresa, nel file significativamente denominato
Diego.
4. Così respinto il profilo di doglianza relativo alla prova, deve essere respinto
anche quello relativo alla rilevanza, in sede penale, dell’accertamento con
adesione ottenuto dalla società amministrata dall’odierno imputato. Questa
Corte, ha già chiarito (cfr. Sez. 3, n. 5640 del 2/12/2011, dep. 14/02/2012,
Manco, Rv. 251892) che il giudice penale non è vincolato dalle risultanze
dell’atto negoziale concordato dal contribuente evasore con l’ente impositore, ma
solo dalla considerazione metodologica dell’esistenza di un tale diverso contenuto
dell’obbligazione tributaria, rispetto a quella originariamente contestata con
l’avviso di accertamento. Il Giudice, infatti, deve solo considerare le due diverse
motivazioni e aderire a quella delle due che le risultanze processuali indicano
come provata. Ciò che nella specie è stato, avendo i giudici di merito motivato,
in maniera esaustiva e priva di vizi logici e giuridici, in ordine alla veridicità del
primo accertamento, alla stregua dei dati e degli elementi univocamente indiziari
come sopra richiamati.
In conclusione, quindi, i due motivi di ricorso vanno respinti.
5. Il terzo motivo di doglianza, invece, deve essere accolto. Infatti il Collegio di
appello ha escluso le circostanze attenuanti generiche, valutando lo spessore del
dolo di evasione fiscale e la pluralità di rapporti economici, mentre ha fornito
ragione del mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno,
collegandola semplicemente al fatto che “il pagamento del tributo evaso a
seguito della procedura amministrativa è stato previsto quale attenuante
specifica ex art. 13 d.lgs n. 74 del 2000”, senza però spendere alcuna parola a
chiarimento dell’omessa applicazione di tale attenuante, che richiama
espressamente, ma della quale non v’è traccia nel computo della pena, per

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accuratamente condotto attraverso la prova logica, facendo riferimento alla

essere stata la sentenza di primo grado sic et simpliciter confermata dai giudici
del gravame, senza alcuna rideterminazione della pena inflitta.
Invero l’orientamento, seppure non consolidato, della giurisprudenza di
legittimità è nel senso che la menzionata attenuante speciale non possa essere
riconosciuta in caso di accertamento con adesione, in quanto con tale formula di
pagamento in misura ridotta non si verifica l’integrale estinzione dell’obbligazione
tributaria (cfr. Sez. 3, n. 30580 del 13/5/2004, dep. 14/7/2004, Pisciotta, Rv.
229355), ma nel caso di specie i giudici di merito, nel passaggio motivazionale
sanzionatoria all’accesso da parte dell’imputato alla procedura conciliativa ed al
pagamento di quanto con la stessa determinato, per cui risulta colpire nel segno
la censura relativa al mantenimento della medesima dosimetria sanzionatoria
della decisione di primo grado da parte dei giudici di appello, per cui la
determinazione della pena deve essere rivista, alla luce del giudizio già espresso
nella sentenza impugnata, semmai anche mediante l’ambito discrezionale
concesso al giudice ex art. 62 bis c.p.
Pertanto, limitatamente alla determinazione della pena, la sentenza impugnata
deve essere annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di
Brescia, mentre il ricorso va, nel resto, rigettato.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e
rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia; rigetta il ricorso nel
resto.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012.

hanno riconosciuto espressamente una valenza “diminuente” sulla dosimetria

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