Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17703 del 19/12/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17703 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI FORLI’
nei confronti di:
VAGAGGINI SERGIO N. IL 31/07/1972
avverso l’ordinanza n. 13/2017 TRIB. LIBERTA’ di FORLI’, del
15/03/2017
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
-7
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
C-(r7 7 C-C

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/12/2017

RITENUTO IN FATTO

Il Procuratore della Repubblica di Forlì ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza
15.3.2017 con la quale il Tribunale, accogliendo la richiesta di riesame avanzata il
22.7.2016 da VAGAGGINI Sergio (indagato per la violazione degli artt. 81 cpv.
comma 2, 110, 323 cod. pen.) avverso il decreto di perquisizione e sequestro del
14.7.2016, ha ordinato la restituzione di quanto in sequestro.
L’ufficio ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo i

pen.
1) Violazione dell’art. 568 IV comma cod. proc. pen.: il Tribunale avrebbe omesso di pronunciare in merito alla denunciata carenza di interesse del
VAGAGGINI, il quale al momento dell’impugnazione aveva già ottenuto il
dissequestro della documentazione digitale e dei files contenuti negli apparati elettronici, avendo il Pubblico Ministero provveduto ad estrarre la copia
dei suddetti files.
2) Violazione di legge in relazione all’art. 125 cod. proc. pen. perché la motivazione dell’ordinanza sarebbe contraddittoria in quanto fondata sulla contrapposizione di argomentazioni decisive di segno opposto.
3) Violazione di legge in relazione al disposto normativo dell’art. 253 cod.
proc. pen. Il Pubblico Ministero censura la motivazione del provvedimento
del Tribunale di riesame in ordine alla dichiarata insussistenza del fumus

commissi delicti, richiamando principi generali in tema di sequestro probatorio.

RITENUTO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Il tribunale, nella sua funzione del giudice del rinvio a seguito di annullamento di precedente decisione da parte della
Corte di Cassazione, esaminando il ricorso dell’indagato entro i circoscritti limiti
segnati dal giudice remittente, ha implicitamente ritenuto sussistente l’interesse
processuale del ricorrente alla coltivazione dell’impugnazione pur essendo avvenuta la restituzione degli originali essendo stata disposta l’estrazione di copia elettronica delle memorie informatiche.
Nella specie il vizio denunciato integrerebbe un’ipotesi di carenza di motivazione,
come tale non censurabile in sede di legittimità ex art. 606 comma 1 lett. e) cod.
proc. pen. ex art. 325 cod. proc. pen.
Peraltro, qualora si volesse ritenere che il vizio in esame riconduca alla violazione
dell’art. 125 cod. proc. pen. la tesi non potrebbe essere comunque accolta alla luce della decisione S. U. n. 40963/2017, Andreucci con la quale si è affermato il

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seguenti motivi così riassunti entra i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc.

principio dell’impugnabilità del provvedimento di sequestro anche nel caso in cui
ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, purchè sia
dedotto l’interesse, concreto e attuale, alla loro esclusiva disponibilità. Nel caso in
esame il VAGAGGINI ha dedotto l’interesse processuale perseguito consistente
nell’ ottenere una dichiarazione di insussistenza del nesso di pertinenzialità tra
quanto in sequestro e la fattispecie contestata nonchè la dichiarazione della natura esplorativa del decreto impugnato.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile ex art. 325 cod. proc. pen. Al di là

mente su aspetti della motivazione sottoponendoli a vibrata critica previa la loro
segmentazione. La disposizione processuale indicata limita il ricorso per Cassazione dei provvedimenti cautelari reali, alle sole “violazione di legge”, fra le quali,
per costante e nota giurisprudenza di legittimità non rientra la fattispecie di cui
all’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. [Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017 dep. 08/02/2017, Zaharia, Rv. 26911901; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010 – dep.
01/10/2010, Angelini, Rv. 2481290]. Il richiamo della giurisprudenza fatta dal ricorrente, pur se pienamente condivisa in linea astratta, mal si attaglia al caso
concreto. Il Tribunale non ha giustificato il provvedimento con argomentazioni fra
loro radicalmente contrastanti, ma dopo avere definito i limiti della propria indagine, ha motivato le ragioni per le quali non erano condivisibili le tesi della Pubblica
accusa e le ragioni della ritenuta insussistenza del fumus commissi delicti. Va sul
punto rammentato che in sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale è
chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il
“fumus commissi delicti” in relazione alla congruità degli elementi rappresentati,
non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la
notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire
prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del
bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria [Cass. Sez. 2, n. 25320 del .5.5.2016, P.M. in proc. Bulgarella e altri, in Ced
Cass. rv. 26700701]
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile ex art. 581 comma 1 lett. c) cod. proc.
pen. L’ufficio ricorrente muove doglianze generiche senza indicare quale sia violazione di legge nella quale il Tribunale sia incorso nell’accogliere il ricorso del VAGAGGINI.
Va in particolare rammentato che in tema di sequestro probatorio, il sindacato del
giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma è circoscritto alla verifica dell’astratta possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato e al controllo circa la qualificazione dell’oggetto sequestrato come “corpus delicti” e, quindi, all’esistenza di una relazione di

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della mera etichetta formale che intitola il motivo, la doglianza si appunta chiara-

immediatezza tra il bene stesso e l’illecito penale [Sez. 3, n. 19141 del
08/04/2014 – dep. 09/05/2014, Villani, Rv. 26011201].
Nel caso in esame il Tribunale ha messo in evidenza (confermando aspetti già sottolineati dalla Corte di Cassazione con la sentenza 26.1.2017) che il Pubblico Ministero non ha indicato quale incidenza abbia l’attività di commercio di olio con le
funzioni di Pubblico Ufficiale ricoperte dal VAGAGGINI.
Trattasi di aspetto rilevante ai fini dell’affermazione (quantomeno sotto un profilo
astratto) della sussistenza della fattispecie incriminatrice. L’assenza pertanto di e-

dell’art. 323 cod. pen., determina, nel caso in esame, come correttamente ritenuto dal Tribunale, l’assenza del carattere di “pertinenzialità” probatoria tra quanto
sequestrato e il fatto ascritto all’indagato.
Di qui consegue la correttezza della decisione circa la ritenuta illegittimità del sequestro operato e della conseguente restituzione degli originali e delle copie dei
documenti sequestrati.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il provvedimento va confermato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma il 19.12.2017

Il giudice
Ugo De1

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il Presidente

lementi che possano, almeno in via astratta, far ritenere sussistente la violazione

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