Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17690 del 19/12/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17690 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ADDIO VINCENZO N. IL 09/09/1961
D’AMBROSIO ANGELINA N. IL 21/10/1945
D’AMBROSIO DOMENICO N. IL 30/04/1970
avverso la sentenza n. 10599/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/06/2016
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2017 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ,4, 7
che ha concluso per z- ..% , , 2, ?,-. e, ,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv./c‘
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Data Udienza: 19/12/2017

RITENUTO IN FATTO

D’ADDIO Vincenzo, D’AMBROSIO Angelina e D’AMBROSIO Domenico, tramite i difensori, con separati atti, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza 20.6.2016
con la quale la Corte d’Appello di Napoli li ha condannati per i delitti di estorsione
e usura come da capi di imputazione rispettivamente contestati.
Le difese chiedono l’annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti
motivi così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

1) Ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.: vizio di motivazione in ordine
alla credibilità della persona offesa DIGLIO Elio in difetto di un’autonoma
valutazione del materiale probatorio
2) Ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen., violazione dell’art. 500 IV
comma cod. proc. pen.: manca la prova oggettiva della subornazione del
testimone DIGLIO, fondata su congetture
3) Ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. vizio di motivazione per il
mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, siccome pretermessa
ogni valutazione in ordine alle condizione di salute dell’imputata
D’ADDIO Vincenzo
1) Ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.violazione di legge e vizio
di motivazione circa il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 62 n. 6 cod. pen. e il mancato riconoscimento della prevalenza delle
circostanze attenuanti generiche.
D’AMBROSIO Domenico
1) ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. violazione dell’art. 500 IV
comma cod. proc. pen. non ricorrendo le condizioni di legge per procedere
all’acquisizione delle dichiarazioni rese dal DIGLIO alla polizia giudiziaria.
2) ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc pen.: vizio della motivazione perchè
carente nell’analisi delle diverse e contraddittorie dichiarazioni rese dal testimone DIGLIO che ha riferito del D’AMBROSIO in data 29.3.2010, nulla
avendo rivelato a tal proposito nelle precedenti audizioni alla polizia giudiziaria.
3) ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. vizio di carenza di motivazione
in ordine alle contraddittorie dichiarazioni rese dal DIGLIO e di quelle rese
da MIGLIORE Filomena con riferimento al capo O)
4) ex art. 606 comma 1 lett. c) ed e) in relazione al capo c) dell’imputazione,
perché la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto della sentenza
9.12.2011 della Corte d’Appello di Napoli (passata in giudicato) con la quale (a seguito di giudizio celebrato con il rito abbreviato) sono stati assolti
D’AMBROSIO Assuntino e D’AMBROSIO Alfonso dal medesimo reato ascrit1

D’AMBROSIO Angelina

to all’odierno ricorrente. La difesa sottolinea in particolare che la condotta
del D’ABROSIO Domenico presenta i caratteri della irrilevanza penale, non
avendo partecipato al patto usurario intercorso tra il padre Vincenzo e la
persona offesa DELLE CAVE Francesco, né avendo proceduto alla riscossione degli interessi usurari, frutto di quell’illecito accordo.

RITENUTO IN DIRITTO

tamente, trattandosi di pronunce fra loro conformi, sovrapponibili i criteri di valutazione delle prove e i richiami fatti nella sentenza di appello a quella di primo
grado [Cass. sez. 3 n. 44418 del 16.7.2013 in Ced Cass. rv. 257595] avendo la
Corte territoriale puntualmente risposto alla censure mosse dalla difesa con i rispettivi atti di gravame. Separatamente esaminando i vari ricorsi, il Collegio osserva quanto segue
Il primo motivo del ricorso D’AMBROSIO Angelina è inammissibile: le ragioni in esso esposte esulano dal perimetro dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc.
pen.; la difesa non ha specificato in concreto il vizio di motivazione denunciato e la
sua desumibilità dal testo del provvedimento impugnato; la difesa, scendendo in
inammissibili valutazioni di merito, si confronta in modo diretto con il materiale
probatorio e non con la motivazione del provvedimento impugnato o con
quest’ultima e uno specifici atti processuali da indicarsi in modo puntuale.
La difesa, nella sostanza procede ad una valutazione della testimonianza della
persona offesa, acriticamente valutando l’apporto probatorio costituito dalle dichiarazioni da questa rese nelle indagini preliminari ed acquisite ex art. 500 IV
cod. proc. pen. In tal modo il motivo di doglianza è generico ed in fatto.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Nel corso del giudizio di primo grado
il Tribunale valutando l’ondivaga testimonianza del DIGLIO, con ordinanza
10.6.2014 ha acquisito, con ordinanza articolatamente motivata, ex art. 500
comma IV cod. proc. pen. le dichiarazioni dallo stesso rese nel corso delle indagini preliminari di tenore ben diverso.
La Corte d’appello, investita della questione relativa alla legittimità dell’ordinanza
citata [v. pag. 7 – 8 della sentenza di appello] con apprezzamento non sindacabile
in merito, ha motivatamente ritenuto la decisione del Tribunale conforme al parametro legale.
La Corte territoriale ha esaminato le dichiarazioni rese dal testimone DIGLIO nel
corso del dibattimento, le ha confrontate quelle dallo stesso rese nel corso delle
indagini preliminari, ha preso in esame ulteriori circostanze di fatto processuali ed
extraprocesusali [puntualmente indicate: v. pag. 8] ed è così pervenuta a convincente conclusioni sulla correttezza in fatto e in diritto dell’ordinanza del tribunale
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Va premesso che le due sentenze di merito possono essere lette congiun-

del 10.6.2014. I giudici di merito hanno ritenuto che il DIGLI° sia stato sottoposto a violenza e minaccia in base ad elementi concreti sintomatici della violenza e
della minaccia, connotati da precisione, obbiettività e significatività [v. Cass. sez.
1 n. 9646 del 19.10.2016 in Ced Cass. rv 269272]. Il Tribunale, ripercorrendo la
dinamica del rapporto del DIGLIO con i propri usurai, ha sottolineato e spiegato
[pag. 136 e 137 della sentenza di primo grado] le ragioni della ritenuta inverosimiglianza delle dichiarazioni rese dal testimone nel corso del dibattimento. La Corte territoriale, a sua volta ha messo in evidenza ulteriori elementi di fatto compro-

La motivazione dell’ordinanza 10.6.2014 si fonda pertanto su elementi di fatto
concreti e non già sulla base di meri sospetti come sostenuto dalla difesa [v. pag.
6 del ricorso]. La renitenza del testimone che è stato accompagnato coattivamente a rendere la propria deposizione, la strategia processuale messa in atto dal legale di parte civile, unitamente alla valutazione critica del contenuto delle incoerenti dichiarazioni rese dal testimone in dibattimento costituiscono elementi di fatto oggettivi correttamente apprezzati dai giudici di merito ai fini della valutazione
di un’attività di intimidazione esercitata nei confronti del testimone.
Con il terzo motivo si censura il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: la corte territoriale non avrebbe valutato le condizioni di salute dell’imputata.
La doglianza della difesa scade in valutazioni di merito: la decisione è corretta in
diritto, congruamente motivata in relazione all’entità della non irragionevole sanzione che è parametrata alla gravita e alla reiterazione delle condotte illecite protrattesi nel tempo, cioè secondo i criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen. [Cass.
sez. 3 n. 11963 del 16.12.2010 in Ced Cass. rv. 249754 e Cass. sez. 5 n. 43952
del 13.4.2017 in Ced Cass. rv. 271269].
Il ricorso del D’ADDIO è manifestamente infondato. La difesa lamenta il
mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen., affermando che il risarcimento del danno patito dalle persone offese sarebbe stato adempiuto prima del processo.
Il Tribunale [pag. 184 della sentenza] ha affermato che non poteva essere riconosciuta all’imputato l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. perché il risarcimento è avvenuto nel corso del giudizio, dopo la apertura del dibattimento.
Peraltro, il Tribunale ha preso comunque in considerazione l’azione dell’imputato
sotto il profilo del comportamento processuale e lo ha apprezzato unitamente alle
parziali ammissioni dei fatti addebitati: per tale ragione così riconoscendo le attenuanti ex art. 62 bis cod. pen., contenendo gli aumenti di pena ex art. 81 cpv.
La Corte territoriale, a sua volta, verificando le circostanze di fatto relative alle
condotte

risarcitorie,

confermando

l’inesistenza

giuridica

degli

estremi

dell’attenuante invocata ha ulteriormente diminuito la pena inflitta, con motivazione in questa sede insindacabile.

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vanti l’avvenuta subornazione del testimone [v. pag. 8 della sentenza di appello].

Le censure mosse dalla difesa, in questa sede sono meramente reiterative di quelle contenuto dell’atto di appello, ma non dimostrano né l’erroneità della decisione
in diritto, né vizi della motivazione, con la conseguenza che le censure mosse attengono ad un insindacabile merito valutativo.
Il ricorso di D’AMBROSIO Domenico è inammissibile. Il primo motivo, relativo alla acquisizione delle dichiarazioni del DIGLIO ex art. 500 IV comma cod.
proc. pen., è sovrapponibile all’analoga doglianza mossa dalla difesa della
D’AMBROSIO Angiolina e, rinviandosi a pag. 2 della presente decisione va dichia-

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Si tratta di censure generiche
e in fatto che non mettono in evidenza alcun specifico vizio della motivazione desumibile dal testo del provvedimento impugnato. Le due sentenze di merito valutano in modo conforme l’attendibilità del DIGLIO: il Tribunale [pag. 142 della sentenza] esaminando le dichiarazioni rese il 29.3.2010 alla Guardia di Finanza ne
sottolinea il carattere “asciutto”, la assoluta precisione nella indicazione dei prestiti, delle condizioni di restituzione delle somme pagate in adempimento degli impegni assunti, non rilevando elementi di sospetto di una volontà calunniatoria in
danno dell’imputato. L’omessa specifica motivazione circa il momento in cui il DIGLIO si sarebbe deciso a fare rivelazioni sull’imputato non costituisce valida censura in assenza di qualsivoglia altra indicazione in fatto che consenta di poter ritenere che le valutazioni di attendibilità e credibilità del testimone siano illogiche o
contraddittorie con atti del processo.
La denuncia di omessa valutazione della divergenza delle dichiarazioni del DIGLIO
con quelle della MIGLIORE Filomena, genericamente enunciata nei motivi di appello, è in questa sede inammissibile. La difesa sollecita in questa sede un giudizio di
confronto del contenuto delle deposizioni di due diversi testimoni, aspetto che si
traduce in una improponibile valutazione di merito. La difesa lamenta poi, che
detta doglianza non sarebbe stata considerata dal giudice dell’appello con conseguente vizio di carenza della motivazione. Anche sotto questo diverso profilo il
motivo è inammissibile. Infatti da un lato la difesa omette di riferire l’aspetto di
decisività dell’apprezzamento richiesto e dall’altro non tiene conto del fatto che
non è suscettibile di annullamento la decisione del giudice dell’appello che abbia
omesso di prendere in considerazione un motivo di gravame che per la sua formulazione presenti i caratteri della inammissibilità.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. La sentenza irrevocabile acquisita ex art. 238 bis cod. proc. pen. ha valore di prova esclusivamente per il fatto in
esse accertato. Dall’esposizione contenuta nel ricorso, è da ritenersi accertato
che i coimputati del ricorrente (Alfonso e Assuntino) sono stati assolti nel parallelo
giudizio abbreviato, per non avere commesso il fatto, sull’assunto che non avrebbero riscosso gli interessi usurari pattuiti dal D’AMBROSIO Vincenzo con il DELLE
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rato manifestamente infondato per le medesime ragioni già indicate.

CAVE, nulla venendo riferito in relazione al D’AMBROSIO Domenico. La stessa difesa affermando la piena sovrapponibilità delle posizioni processuali dei fratelli
D’AMBROSIO, richiamati taluni precedenti di legittimità (Cass. sez. 2 n. 41045 del
13.10.2005), sostiene che vi sarebbe contraddittorietà fra il contenuto della sentenza in questa sede impugnata e quella del 9.12.2011 della Corte territoriale. La
esi della difesa non può essere condivisa: 1) nessun vincolo può derivare dalla
sentenza 9.12.2011 della Corte partenopea in ordine alla valutazione della posizione dell’odierno ricorrente; potendosi la più solo affermare che è accertata la as-

sprudenziali è fuori luogo: la difesa non si confronta, in diritto, con la motivazione
delle sentenze di merito ove la responsabilità del ricorrente è apprezzata in termini di concorso ex art. 110 cod. pen. avendo dato un contributo causale ala riscossione dell’illecito profitto del reato attraverso le continue sollecitazioni fatte nei
confronti del DELLE CAVE spingendo quest’ultimo a recarsi dal D’AMBROSIO Vincenzo a pagare le somme richieste. Le decisioni del Tribunale e della Corte
d’Appello sono corrette in diritto nell’applicazione dell’art. 110 cod. pen. e non sono sindacabili nel merito valutativo dell’apporto del contributo reso dall’imputato.
Per le suddette ragioni i ricorso sono inammissibili e i ricorrenti vanno condannati
al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 ciascuno alla
Cassa delle Ammende, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta dei ricorrenti
gli estremi della responsabilità ivi stabilita.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 2.000~ ciascuno a favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 19.12.2017

Il giucjite estensore
Ug

e Crescienzo

il Presidente
Piercàinillo DAVIGO

senza di responsabilità dei correi del ricorrente; 2) il richiamo ai precedenti giuri-

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