Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17680 del 06/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17680 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’APOLITO MAURIZIO nato il 18/02/1977 a MILANO

avverso la sentenza del 13/07/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
BRINDISI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPINA ANNA ROSARIA PACILLI;

Data Udienza: 06/03/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il GIP presso il Tribunale di Brindisi ha
applicato a D’APOLITO MAURIZIO, in atti generalizzato, la pena concordata ex
art. 444 c.p.p. per i reati ascrittigli.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo
violazione di legge in ordine alla ritenuta insussistenza di cause di proscioglimento
ex art. 129 c.p.p. e vizi di motivazione in merito alla qualificazione dei fatti, che al

all’art. 648 bis c.p.
2. Il ricorso è integralmente inammissibile perché presentato per motivi privi di
specificità e, comunque, non consentiti.
2.1 Il giudice, nell’applicare la pena concordata, ha escluso, motivatamente,
sulla base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p. per il
proscioglimento dell’imputato. Tale pur sintetica motivazione, avuto riguardo alla
rinunzia alla contestazione delle prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione
implicita nella domanda di patteggiamento, nonché alla speciale natura
dell’accertamento, devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena
su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri
indicati per questo genere di decisioni dall’ormai consolidata giurisprudenza di
legittimità (cfr., tra le altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, Di Benedetto, Rv.
191135; Sez. un., n. 10372 del 27 settembre 1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. un., n.
20 del 27 ottobre 1999, Fraccari, Rv. 214637).
2.2 Va poi altresì rilevato che, per consolidato orientamento di questa Corte di
legittimità, ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013,
dep. 6 febbraio 2014, in motivazione), in tema di patteggiamento, il ricorso per
cassazione può denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così
come prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal giudice, in quanto la
qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e timore su di
essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.
proc. pen. Nondimeno, l’errore sul nomen iuris deve essere manifesto, mentre la
deducibilità di esso deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione
presenti margini di opinabilità.

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più avrebbero potuto integrare il delitto di cui all’art. 648 c.p. e non quello di cui

Nel caso di specie, la deducibilità dell’invocato errore deve essere esclusa, non
risultando prima facie erronea o strumentale la qualificazione giuridica dei fatti, così
come proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo.
3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché —
apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di
inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della

sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di curo duemila alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale del 6 marzo 2018

rilevante entità di detta colpa – della somma indicata in dispositivo a titolo di

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