Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17675 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17675 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VAICIULYTE LINA N. IL 14/05/1975
TESTA GIOVANNI N. IL 23/12/1958
avverso la sentenza n. 18/2012 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO,
del 24/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Doti ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udít i difensor Avv.

Data Udienza: 09/04/2013

-1- Vaiciuyte Lina e Testa Govanni, già assolti dal reato di truffa aggravata – ex artt. 61.7 e 640
c.p. – con sentenza del tribunale monocratico di Campobasso datata 9.5.2011- ricorrono per
cassazione avverso la sentenza, di secondo grado, della corte di appello della stessa città in data
24.5/21.6.2012 che, in riforma della sentenza appellata dal P.G.e dalla parte civile, ferma restando
l’ imputazione come contestata, li condannava, ciascuno, alla pena di mesi quattro di reclusione ed
euro 200,00 di multa, deducendo carenze di motivazione ed in odine all’ elemento oggettivo ed
all’elemento soggettivo del delitto di truffa.
I giudici dell’appello hanno configurato, nel comportamento degli imputati, una condotta costitutiva
della cd. truffa contrattuale, per avere fin dall’ inizio, divisato di non adempiere al pattuito, e cioè in
corrispettivo, in due soluzioni, della somma complessiva di 35.000,00, versata Iacovino Giuseppe ai
due imputati, gli utili conseguenti alla cessione di una quota della società di fatto che gestiva il
locale notturno “Modi’s”, nonché la costituzione d una nuova società avente quale oggetto di
esercizio per l’appunto il predetto lolcale.
Le ragioni di doglianza all’ incontro si concentrano nel tentativo di evidenziare che alcun artifizio e
raggiro, in positivo, sia stato posto in essere dagli imputati che non avrebbero ripartito alcun utile
spettante alla persona offesa per il cattivo andamento del!’ esercizio, per un verso, e per le difficoltà
burocratiche impeditive della costituzione della promessa e progettata costituenda società per altro
verso.
Senonchè nel ragionamento difensivo si annida un determinante errore di diritto: invero in tema di
truffa cd. contrattuale l’elemento che imprime al fatto dell’inadempienza il carattere di reato è
costituito dal dolo iniziale che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il
processo volitivo – rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria . E gli artifizi e
raggiri, nel particolare contesto contrattuale, possono consistere anche nel silenzio maliziosamente
serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere, indipendentemente
dal fatto che dette circostanze siano conoscibili dalla controparte con ordinaria diligenza ( cfr., per
tutte,Sez. 2,14/30.10.2009, P.C. in proc. Malandria, Rv.244952) Ora, nel caso di specie, aver celato
le iniziali intenzioni, ancor prima dell’accordo, di non versare nulla al contraente truffato, di non
costituire la nuova società, di voler giustificare la mancanza di introiti dal cattivo andamento
dell’esercizio integra quel comportamento reticente incompatibile con i doveri e gli obblighi che il
codice civile impone ai contraenti. Del resto un tale inadempimento, una siffatta volontà di ledere
il contraente racchiude la stessa carica di disvalore giuridico sociale che è dato registrare in un
comportamento attivo costitutivo di artifizio e raggiro non assistito quest’ ultimo da alcun dovere o
obbligo extra-penale: due situazioni fattuali omogenee in vista della loro ricomprensione
nell’archetipo normativo della truffa.
Ai sensi dell’alt 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato
che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché,
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a
favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e ciascuno al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9.4.201

Letti gli atti, la sentenza, impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Luigi Riello, per l’ inammissibilità,e , in
subordine per il rigetto del ricorso.

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