Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17671 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17671 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIGLIO RICCARDO N. IL 09/01/1981
avverso la sentenza n. 4628/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
04/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/04/2013

-1- Giglio Riccardo , già condannato con sentenze di primo e di secondo grado — tribunale m
monocratico di Asti in data 18.11.2008 e corte di appello di Torino in data 4/14.5.2012- alla pena
di anni uno di reclusione ed euro 500,00 di multa per il delitto di truffa – ex art. 640 c.p.ricorre avverso la seconda decisione, denunciando, da un lato, la manifesta illogicità della
motivazione per non essere stata riconosciuta senza alcuna ragione la buona fede dell’ imputato in
merito alla solvibilità del titolo speso per l’acquisto di una bicicletta tipo mountain bank, dall’altro
vizio sempre di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio sopra il minimo edittale, in
ordine al diniego delle attenuanti generiche, nonché della conversione della pena detentiva nella
corrispondente pena pecuniaria.
11 ricorso è solo parzialmente fondato.
Invero sulla dedotta buona fede il giudice dell’appello ha reso congrua motivazione funzionale
all’esclusione della dedotta buona fede per non aver fornito il ricorrente alcuna giustificazione
sulla sua sussistenza. Il fatto che un assegno di ben minore importo sia stato successivamente
onorato non equivale certo alla prova della esistenza della provvista correlata all’assegno de quo.
Peraltro il trattamento sanzionatorio ,anche quello collegato alle richieste attenuanti generiche, con
motivazione congrua, è stato ritenuto giustificato perché correlato alla gravità della condotta dell’
imputato, al suo comportamento processuale, improntato al disinteresse alle vicende del processo e,
soprattutto, alla intervenuta condanna per i reati di ricettazione e falso commessi poco dopo la
truffa de qua.
E del tutto infondata è la ragione di doglianza in merito alla omessa pronuncia sulla richiesta della
sostituzione della pena detentiva con la correlata pena pecuniaria: l’ entità della pena detentiva
preclude la possibilità di una conversione nella pena pecuniaria, condizionata, ai sensi dell’art. 53 1.
n.689/1981, alla irrogazione di una pena detentiva non superiore a sei mesi di reclusione.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato
che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché,
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a
favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9.4.2013

Letti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Luigi Riello, per l’ inammissibilità del ricorso.

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