Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1767 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1767 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VACCA SALVATORE N. IL 09/01/1960
avverso l’ordinanza n. 8/2010 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 25/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lettehttardn le conclusioni del PG Dott. – s- erikico De Le AY-E
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Data Udienza: 10/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. In data 25/10/2011 la Corte di Appello di Lecce ha rigettato la domanda
di riparazione per ingiusta detenzione proposta da Vacca Salvatore; ingiusta
detenzione subita nell’ambito di un procedimento nel quale l’istante era indagato
per i reati di cui agli artt. 416,110,81, comma 2, 292,295, comma 2, lett.c) e
comma 3, d.P.R. 43/73 e 110, 81,479,61 n.2 cod.pen. ed era stato sottoposto
alla misura carceraria dal 3/02/2003 al 14/02/2003 ed agli arresti domiciliari fino
al 10/03/2003.

per il reato di cui agli artt.110,117, 81,479,61 n.2, cod.pen. perché in concorso
con altri sottufficiali della Guardia di Finanza e con altri soggetti a vario titolo
coinvolti nella vicenda, al fine di commettere il reato di contrabbando, nella sua
qualità di appartenente alla Guardia di Finanza in servizio presso la Dogana di
Taranto, concorreva alla redazione di oltre 1.700 verbali di “rottamazione e
accertamento” nei quali veniva falsamente attestato da parte dei finanzieri e dei
doganieri delegati ai controlli, in contraddittorio con lo spedizioniere Metta, di
aver “assistito alla pesatura di avanzi alluminio ottenuti dalla foratura o
tranciatura/rottamazione dei T-bars/lingotti/legacci/barre di alluminio (ovvero di
magnesio), a suo tempo effettuata sotto la vigilanza della Guardia di Finanza e
con controlli saltuari di un Funzionario della Dogana”, e che il Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto aveva dichiarato non doversi
procedere nei confronti del ricorrente “perché il fatto non costituisce reato” con
sentenza di non luogo a procedere del 12/07/2005, irrevocabile il 9/06/2009,
rigettava la domanda, ritenendo che l’istante avesse tenuto comportamenti
specifici che avevano dato causa o almeno avevano concorso a dar causa
all’instaurazione dello stato privativo della sua libertà, valorizzando in particolare
le seguenti circostanze fattuali: 1) Vacca era uno dei sottufficiali della Guardia di
Finanza che avevano sottoscritto più verbali falsi, in particolare 42 verbali nel
2001 e 20 nel 2000; 2) la falsità ideologica di questi verbali, che costituiva
l’oggetto della specifica contestazione dell’ordinanza di custodia cautelare, era
stata riconosciuta dallo stesso giudice che aveva emesso le sentenza di
proscioglimento, il quale aveva osservato che tutti i militari della Guardia di
Finanza avevano svolto la loro attività in maniera distratta e superficiale, non
confacente alla funzione pubblica del ruolo loro richiesto; 3) l’istante, in sede di
interrogatorio di garanzia, aveva affermato che, nel corso del servizio di controllo
delle operazioni di pesatura, aveva constatato che l’alluminio era tagliato in due
o anche in tre parti, ma tali dichiarazioni erano smentite dai dati obiettivi
risultanti dalle articolate indagini svolte fino a quel momento, per cui Vacca
aveva dichiarato il falso.
2

2. La Corte territoriale, premesso che l’azione penale era stata poi esercitata

3. Ricorre per cassazione Salvatore Vacca, a mezzo di difensore, deducendo
violazione dell’art.606 lett.e) cod.proc.pen. per mancanza, contraddittorietà e
comunque manifesta illogicità della motivazione in quanto la Corte territoriale
non avrebbe considerato che i verbali di rottamazione erano redatti in via
principale dai funzionari doganali titolari della funzione pubblica, sottesa agli
stessi atti pubblici, e specializzati in quel settore specifico dei dazi, mentre
altrettanto non poteva dirsi per il finanziere che, del tutto occasionalmente, era
destinato a quell’incarico giornaliero dal suo superiore gerarchico senza alcuna

alla redazione di un verbale, facendo affidamento, quanto alla correttezza e
uniformità alla legge delle relative operazioni, sulle attività compiute dal
funzionario doganale, affermando illogicamente la sussistenza di una
macroscopica imprudenza in un caso in cui l’addebito mossogli non si basava
sulla redazione di ipotetici falsi verbali di operazioni ma sulla pretesa secondo la
quale il predetto non avrebbe dovuto solo limitarsi ad attestare natura e quantità
dell’alluminio ma avrebbe addirittura dovuto effettuare una serie di valutazioni
giuridiche e tecniche per rilevare che, nei casi all’esame, non si trattava di
residui di alluminio ma, piuttosto, di alluminio nuovo, sicché esso non poteva
essere considerato come un resto o rifiuto ma come materiale di prima scelta al
fine di applicare il dazio doganale del 6%.
4. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Enrico Delehaye, ha
chiesto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, per quanto
relativo ad una controversia circa l’esistenza di una obbligazione pecuniaria nei
confronti dell’interessato, è regolato dalle norme di rito penale delineate
all’art.646 cod. proc. pen. (alle quali fa rinvio, in quanto compatibili, l’art. 315
stesso codice) ed il ricorso deve dichiararsi inammissibile qualora l’atto difetti di
specificità del motivo (art.581 cod.proc.pen.) ovvero sia sostanzialmente
tendente ad una rivalutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità
(art.606 cod.proc.pen.). Deve rilevarsi, in particolare, che le doglianze difensive
qui proposte fanno generico riferimento al contenuto della decisione impugnata e
costituiscono, nella sostanza, eccezioni in punto di fatto, poiché non inerenti ad
errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata ovvero a travisamento della
prova, ma sono dirette a censurare le valutazioni operate dal giudice di merito.
Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per
pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tes
difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità
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specifica informazione sul compito assegnatogli, se non quello di essere presente

perché in violazione della disciplina di cui all’art. 606 cod. proc. pen.
(Sez. 4, n. 31064 del 02/07/2002, P.O.in proc. Min. Tesoro, Rv. 222217;
Sez. 1, n. 10527 del 12/07/2000, Cuci notta, Rv. 217048; Sez. U,
n.6402 del 30/04/1997,Dessimone,Rv. 207944;Sez. U, n.930 del 13/12/1995
(dep. 29/01/1996), Clarke, Rv.203428). Infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti ne’ deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa

opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente
(Sez. 4, n.47891 del 28/09/2004, n. 47891, Mauro, Rv. 230568; Sez. 4, n.4842
del 2/12/2003-6/02/2004, Elia, Rv. 229369).
2. In merito al dedotto vizio motivazionale, contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente, l’ordinanza impugnata si caratterizza per una
motivazione particolarmente ampia ed esaustiva, che esamina in maniera
analitica la vicenda processuale nella quale il ricorrente è rimasto coinvolto
nonché i fatti specifici accertati nella sentenza di non doversi procedere del
Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto, in particolare
l’obiettiva falsità di quanto attestato nei verbali sottoscritti in qualità di
sottufficiale della Guardia di Finanza da Vacca Salvatore, l’elevato numero dei
verbali dallo stesso sottoscritti, la mancanza da parte dell’istante di un controllo
effettivo sulle operazioni che si svolgevano la sua presenza, desumendo con una
logica consequenzialità da tali fatti specifici il comportamento ritenuto
macroscopicamente imprudente e idoneo ad ingenerare l’apparenza di un’attività
compiacente rispetto alle finalità truffaldine perseguite dalla società importatrice.
La Corte ha, poi, valutato anche l’incidenza del comportamento endoprocessuale
del ricorrente che, in sede di interrogatorio di garanzia, ha reso dichiarazioni
mendaci, affermando di aver constatato, nel corso del servizio di controllo delle
operazioni di pesatura, che l’alluminio era tagliato in due o anche in tre parti, in
contrasto con i dati obiettivi delle indagini, dai quali era risultato che tutto
l’alluminio venduto dalla società importatrice a società nazionali, sebbene
formalmente e cartolarmente sottoposto a “trasformazione sotto controllo
doganale”, era di fatto giunto a destinazione sempre in forma integra, ovvero
mai rottamato, segato o traforato.
3. A fronte di tale impianto motivazionale, fondato su circostanze accertate
nella sentenza assolutoria e, con particolare riguardo al comportamento
endoprocessuale dell’istante, non specificamente contestate nella loro essenza ‘
fattuale, il ricorrente si è limitato ad una pura enumerazione di decisioni della
Corte di legittimità, senza correlare i principi di diritto ivi enunciati alle specifiche
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giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile

circostanze del caso concreto, invocando genericamente, a sostegno del dedotto
vizio motivazionale, una censura in fatto al contenuto del provvedimento
impugnato.
4. Tenuto conto della sentenza Corte Cost. n.186 del 13/06/2000 e rilevato
che non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, alla
declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., l’onere
delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 10 dicembre 2013

Il Presidente

Cassa delle Ammende, determinata nella misura di euro 1.000,00.

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