Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17660 del 28/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17660 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. RIZZO DOMENICA nata il 03/08/1970;
2.

DE GAETANO ROBERTO nato il 18/08/1969;

3. ABBATE SALVATORE nato il 23/10/1965;
4.

DE SALVO GIUSEPPE SERGIO nato il 27/05/1962

avverso la sentenza del 14/03/2011 della Corte di Appello di Messina;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Roberto Aniello che ha
concluso per l’inammissibilità di tutti i ricorsi;
udito il difensore avv.to Sandra Aromolo, in sostituzione dell’avv.to
Formica, che, per tutti gli imputati, ha concluso per raccoglimento dei
ricorsi
FATTO
1. Con sentenza del 14/03/2011, la Corte di Appello di Messina
confermava la sentenza con la quale, in data 26/06/2007, il giudice
monocratico del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, aveva ritenuto
DE GAETANO Roberto, ALIBERTI Giuseppe, ABBATE Salvatore, RIZZO

Data Udienza: 28/03/2013

Domenica e DE SALVO Giuseppe colpevoli «del reato p. e p. dagli arti.
110, 56, 640 c.p. perché, in concorso tra di loro e previa concerto, De
Gaetano Roberto, quale assicurato con la Compagnia di Assicurazione
Allianz Subalpina S.p.A., trasmettendo una falsa “constatazione

lesioni al minore Celona Simone, figlio di Aliberti Giuseppina; Rizzo
Domenica, in qualità di proprietaria del motociclo Yamaha yzf 600 tg.
Bx90012, De Salvo Giuseppe, quale conducente del predetto motociclo;
Aliberti Giuseppina in qualità di legale rappresentante del minore
Celona Simone, inviando, tramite legale, una richiesta di risarcimento
danni alla predetta Società di Assicurazione in relazione ad un incidente
mai avvenuto, e offrendo in visione al perito della già citata Compagnia
di Assicurazione, fotografie ritraenti un motociclo avente numero di
telaio diverso da quello coinvolto nell’incidente, apponendo allo stesso
la medesima targa di quello presuntamente incidentato; Abbate
Salvatore, sottoscrivendo una falsa dichiarazione con la quale
affermava di essere stato testimone all’incidente, compivano atti idonei
diretti in modo non equivoco a conseguire un ingiusto profitto, per sé
(Rizzo, De Salvo, Aliberti) ovvero per altri (De Gaetano, Aliberti)
consistito nel risarcimento di danni per un incidente mai avvenuto, con
conseguente danno per la predetta Compagnia di Assicurazione».

2. Avverso la suddetta sentenza, gli imputati, Rizzo Domenica, De
Gaetano Roberto, Abbate Salvatore, De Salvo Giuseppe, in proprio,
hanno proposto ricorso.

3. RIZZO Domenica ha dedotto i seguenti motivi:
3.1.

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

per avere la Corte territoriale

desunto la responsabilità di essa ricorrente sulla base di un unico
indizio tutt’altro che grave e preciso ed insuscettibile di essere posto in
relazione con ulteriori elementi. In realtà, la svolta istruttoria avrebbe
consentito una diversa conclusione e cioè che il veicolo danneggiato fu
sostituito «al fine, ad esempio, di ottenere un più lauto risarcimento
ovvero perché vi è stata demolizione. Ma tale ipotesi non è stata

2

amichevole di incidente stradale” nella quale risultava aver cagionato

oggetto di accertamento poiché non contemplata nel capo
d’imputazione ascritto né alcun atto di indagine è stato svolto
dall’Ufficio di procura procedente».
3.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

56

COD. PEN.:

sostiene

la

ricorrente che

ledere il bene giuridico tutelato dall’art. 640 cod. pen. considerato che
ella non avrebbe mai potuto ottenere alcun risarcimento dei danni»
stante «la totale carenza probatoria della richiesta risarcitoria».
4. DE GAETANO Roberto ha dedotto

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

in

quanto la Corte territoriale non aveva offerto «neppure implicitamente,
alcuna plausibile spiegazione del ritenuto coinvolgimento di tutti gli altri
protagonisti della vicenda quale conseguenza inevitabile della
sostituzione del mezzo […] la fallacia del ragionamento deriva
dall’avere ignorato che la ragione alternativa, a quella esclusivamente
individuata, […] è quella perseguita dal danneggiato di conseguire un
risarcimento per danni materiali non riportati o, in misura maggiore di
quelli effettivi, senza che ciò possa richiedere il necessario concorso nel
reato del ricorrente quale assicurato della compagnia obbligata al
risarcimento».
5. ABBATE Salvatore ha dedotto i seguenti motivi:
5.1.

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

per avere la Corte territoriale

affermato la penale responsabilità di esso ricorrente sulla base di
«sporadiche, contraddittorie, lacunose e soprattutto prive di riscontri,
dichiarazioni fatta da n° 2 testi non indifferenti». La Corte, poi, non
aveva motivato sul dolo
5.2.

TRATTAMENTO SANZIONATORIO:

ad

avviso

del ricorrente «la pena

irrogata appare eccessiva tenuto conto del fatto che l’Abbate è persona
che non ha mai avuto dei precedenti».
6. DE SALVO Giuseppe Sergio ha dedotto motivi identici a quelli
della Rizzo.

3

«la condotta ascritta è oggettivamente priva di concreta idoneità a

DIRITTO
1. RIZZO e DE SALVO
1.1.

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE:

la doglianza, nei termini in cui è

stata dedotta, è manifestamente infondata.
ampiamente provato sulla base dei riscontri fattuali e logici indicati dalla
Corte territoriale che, sul punto, ha ritenuto di confermare la sentenza
di primo grado (cfr pag. 3-4 sentenza impugnata). Entrambi i ricorrenti,
in questa sede, lungi dall’evidenziare vizi motivazionali, si sono limitati
ad enunciare una (o più) tesi alternative prive di alcun riscontro
fattuale: da qui l’assoluta genericità della doglianza che ne determina
l’inammissibilità.
1.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

56

COD. PEN:

anche la suddetta doglianza

è manifestamente infondata. Non è chiaro, infatti, di cosa i ricorrenti
intendano dolersi. Ciò che risulta dagli atti processuali è che misero in
moto il meccanismo per ottenere un risarcimento dei danni non dovuto
e l’Assicurazione non pagò sol perché, all’esito degli accertamenti
predisposti, il perito verificò che il ciclomotore non era «il mezzo
indicato come coinvolto nel sinistro ma altro veicolo, cui era stata
apposta la targa del mezzo indicato come incidentato». Tanto basta per
ritenere la configurabilità del tentativo di truffa.
2. DE GAETANO
Anche la doglianza dedotta dal ricorrente è manifestamente
infondata. A quanto è dato capire il ricorrente sostiene che l’incidente si
sarebbe realmente verificato ma che lo scopo della sostituzione del
mezzo era quello «di conseguire un risarcimento per danni materiali non
riportati o, in misura maggiore di quelli effettivi».
Come si è detto, la Corte, ha preso in esame la suddetta tesi
difensiva secondo la quale «non vi sarebbe la prova che l’incidente in
questione non sarebbe mai avvenuto»,

ma l’ha disattesa con

motivazione ampia, congrua ed aderente agli evidenziati elementi
fattuali.

4

Il fatto, così come descritto nel capo d’imputazione, deve ritenersi

La censura, quindi, riproposta con il presente ricorso, va ritenuta
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di
legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze o
contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su
una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va
dichiarata inammissibile anche perché assolutamente generica e
aspecifica.
3. ABBATE
ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE:

la doglianza, nei termini in cui è

stata dedotta è generica ed aspecifica, rispetto alla motivazione della
Corte (letta in uno con quella del giudice di primo grado). Non può,
quindi, che ripetersi quanto appena detto a proposito del ricorso del Di
Gaetano.
3.2.

TRATTAMENTO SANZIONATORIO:

la doglianza è manifestamente

infondata in quanto la motivazione addotta dalla Corte territoriale (cfr
pag. 5 sentenza) deve ritenersi ampia, congrua e logica e, quindi, non
censurabile in questa sede di legittimità, essendo stato correttamente
esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di merito in ordine
al trattamento sanzionatorio.
4. In conclusione, tutte le impugnazioni devono ritenersi
inammissibili a norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza:
alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00 ciascuno.

5

motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati

P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibili i ricorsi e
CONDANNA

versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Roma 28/03/2013
IL PRESID
/94t. Ciro
IL CONSIGLIE
(Dott. G. Ra

E.

t

-2

i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al

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