Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1765 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1765 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HASSAN ABD ALLA N. IL 15/07/1977
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 112/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO
BLAIOTTA;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 10/12/2013

cc 8 Hassan A.

Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Milano ha respinto l’istanza avanzata da Hassan
Abd Alla intesa ad ottenere l’equa riparazione per l’ingiusta detenzione subita.
2. Ricorre per cassazione l’interessato deducendo diverse censure.
Si lamenta che illogicamente si sono tratti elementi di giudizio negativi dal
primo interrogatorio avvenuto subito dopo l’arresto ed in una situazione confusa,
trascurato le successive, ben più ampie ed esaustive dichiarazioni. La Corte,
inoltre, pretende che il richiedente dovesse spiegare ciò che non sapeva,
trascurandosi il diritto di difesa. Si lamentano reticenze inesistenti, senza
specificare quali fatti dirimenti siano stati taciuti o falsati.
Si deduce che incongruamente si è ritenuto ambiguo il comportamento
dopo la cessazione della convivenza. Il richiedente era in una situazione
economica e giuridica favorevole mentre la donna non lo era; sicché egli si
preoccupava di offrire il possibile aiuto. Non si comprende quale profilo di colpa
sia configurabile al riguardo.
Si lamenta che la Corte ha attribuito erroneo rilievo ad inesistenti
dichiarazioni del teste Saleh, a proposito di possibili ripercussioni negative in
Egitto della convivenza con la vittima.
Si argomenta che senza ragione è stata definita “livida e glaciale
indifferenza” l’atteggiamento rispetto alla paternità, non essendo provato che
egli fosse a conoscenza della gravidanza e ritenesse di poter essere il padre,
visto che la donna incontrava anche altri uomini, come emerso dal processo.
Inoltre, la ritenuta opposizione alla nascita del bambino è inesistente, altrimenti
non si sarebbe pervenuti a sentenza assolutoria basata su ben due pronunzie di
legittimità di annullamento con rinvio. In breve ci si fonda su episodi non provati
e sull’interpretazione di circostanze rimaste dubbie nel processo.
Si lamenta altresì che irragionevolmente si trae giudizio negativo dai
contatti telefonici fino a poco tempo prima della morte, trattandosi di condotta
normale e di contenuto neutro.
Ancora, si lamenta che si è pure frainteso il senso di telefonate di
apparente contenuto minaccioso, valorizzando i brogliacci, trascurando le
traduzioni ufficiali, omettendo di considerare il vero senso delle conversazioni
talora scherzose, tal’altra riferite a condotte altrui. Se l’imputato si fosse
effettivamente spinto fino all’omicidio non avrebbe certo usato espressioni del
genere.

che giustificava dichiarazioni non particolarmente distese. La Corte d’appello ha

2.1 L’Avvocatura dello stato ha presentato una memoria deducendo tra
l’altro la tardività dell’impugnazione.

3. Il ricorso è tempestivo ma infondato. Il provvedimento impugnato è
stato notificato al richiedente in data 24 gennaio 2012 ed il ricorso per
cassazione è stato depositato il 6 febbraio seguente e quindi nel termine di
legge.

emessa la misura cautelare della custodia in carcere in ordine al reato di omicidio
della cittadina ucraina Zhanna M. e ad altri illeciti connessi; che è infine
intervenuta sentenza assolutoria dopo due pronunzie della suprema Corte di
annullamento con rinvio di sentenza di appello recante l’affermazione di
responsabilità. L’ordinanza ripercorre pure la vicenda illecita. La vittima fu uccisa
con arma bianca ed il suo corpo venne parzialmente bruciato. Essa aveva avuto
un relazione con il richiedente, era incinta ed aveva attribuito la paternità
all’Hassan; la notizia si era diffusa creando allo straniero difficoltà familiari in
Egitto. L’uomo aveva espresso minacce ed aveva richiesto l’aborto. In breve,
secondo i giudici di merito, si era in presenza di un forte movente non
accompagnato, tuttavia da prove univoche. Di qui la sentenza assolutoria.
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L’ordinanza esamina il primo interrogatorio assumendo che esso abbia
dato causa alla detenzione con un comportamento volutamente ambiguo con
riguardo alla natura della relazione con la donna. Si attribuisce altresì rilievo
all’interessamento nei confronti della straniera anche dopo la cessazione del
rapporto, persistendo nell’interessarsi alla sua condizione economica ed alla sua
attività lavorativa. Si assume altresì che egli si oppose in maniera minacciosa e
violenta alla nascita del bambino, come dimostrato dalle ripetute richieste di
aiuto rivolte dalla donna alle forze dell’ordine in situazioni riconducibili alla
presenza della Hassan, tanto che lo stesso ricorrente ha ammesso i fatti pur
proponendo versione alternative. La donna, infine, si rivolse ad un centro di aiuto
riferendo circostanze tali da attribuire al richiedente la paternità.
La Corte reputa che si sia in presenza di condotta altamente censurabile
ed eziologica rispetto all’adozione della misura cautelare. A ciò si aggiungono i
contatti con la donna subito prima dell’evento e le espressioni altamente
minacciose come uccidere, bruciare, far perdere le tracce.
Tale ponderazione è nel suo nucleo essenziale immune da censure.
L’apparato argomentativo di cui si è dato brevemente conto è composito e per
alcuni versi non immune da censure, spingendosi ad attribuire rilievo colposo a
circostanze neutre e comunque ininfluenti ai fini dell’adozione della misura
cautelare e della sua protrazione. Il provvedimento, tuttavia, pone in luce un

3.1 L’ordinanza impugnata espone che nei confronti dell’Hassan è stata

punto di indubbio e dimostrato rilievo; quello relativo alla ripetute minacce nei
confronti della donna, in concomitanza con la gravidanza. La Corte territoriale
ricostruisce le prove acquisite nel giudizio di merito a tale riguardo e la
questione, di notevole rilievo, non può essere qui posta in discussione. Tali
minacce, che concretano colpa grave, dovettero avere un forte peso, se
indussero la donna a richiedere anche l’intervento di polizia; e senza dubbio si
riverberarono sulla complessiva valutazione afferente al quadro indiziario ed
all’adozione della misura cautelare.
espressioni di cui si è dato conto sopra. Esse, quale ne sia la scaturigine, ebbero
pure rilievo nell’ottica accusatoria, considerate le modalità del fatto.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la
condanna al pagamento delle spese processuali. Considerato il contenuto della
memoria dell’Avvocatura, appare congruo compensare le spese tra le parti.

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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Compensa le spese tra le parti.
Roma 10 dicembre 2013

Pure significative ed in accordo con tale quadro, vanno ritenute le

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