Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17648 del 06/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17648 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SAMMARTINO LUCIA nato il 10/01/1984 a VITTORIA
avverso la sentenza del 17/02/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPINA ANNA ROSARIA PACILLI;

Data Udienza: 06/03/2018

6/-

f ).

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza emessa dal Tribunale di Ragusa, SAMMARTINO LUCIA, in
atti generalizzata, è stata condannata alla pena ritenuta di giustizia in relazione ai
reati di ricettazione di un’autovettura e di guida senza patente (capo b).
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Catania, in parziale
riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato il reato di cui al capo b) estinto
per prescrizione, confermando nel resto e sospendendo la pena inflitta all’imputata.

manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla
ritenuta manomissione dei fili di accensione dell’autovettura, oggetto del reato, e,
quindi, sull’elemento psicologico del reato.
2. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo privo di specificità e
comunque manifestamente infondato.
La ricorrente reitera doglianze già disattese dalla Corte territoriale (v. f. 2 della
sentenza impugnata) con argomentazioni corrette, logiche, non contraddittorie e,
pertanto, esenti da vizi censurabili in questa sede.
La Corte d’appello ha infatti ritenuto che non possono sussistere dubbi sia
sull’elemento oggettivo del reato, “perché l’auto è sicuro provento di furto, né su
quello soggettivo, perché l’imputata non ha neppure riferito di avere le chiavi
dell’autovettura, avendo accertato il teste verbalizzante che l’auto aveva i fili di
accensione divelti. Ovviamente il verbale menzionato dalla difesa non riporta questo
particolare, ma non lo esclude neppure, sicché la deposizione testimoniale sul punto
mantiene intatta la sua valenza con riguardo alla colpevolezza dell’appellante”.
Le doglianze della ricorrente si risolvono, dunque, in una sollecitazione a
valutare diversamente il materiale probatorio: richiesta, questa, inammissibile, atteso
che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla
coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo
logico argomentativo, restando precluse la rilettura degli elementi di fatto, posti a
fondamento della decisione, e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti.
3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
— valutati i profili di colpa nella proposizione del ricorso inammissibile (Corte cost.,

2

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata personalmente, deducendo

13 giugno 2000 n. 186) — della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa
delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro duemila alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, udienza camerale del 6 marzo 2018

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