Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17646 del 06/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17646 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FINESSI GIANPIERO nato il 14/07/1997 a TORINO
avverso la sentenza del 27/04/2017 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPINA ANNA ROSARIA PACILLI;
Data Udienza: 06/03/2018
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Torino, in parziale
riforma della sentenza del GIP del Tribunale della stessa città, ha riconosciuto a
FINESSI GIANPIERO, in atti generalizzato, le attenuanti generiche prevalenti sulle
contestate aggravanti e rideterminato la pena, confermando nel resto la pronuncia
impugnata.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo
della pena base e agli aumenti per la continuazione.
2. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi privi di specificità.
Il ricorrente in concreto non si confronta con la motivazione della sentenza
impugnata, che ha determinato la pena base e gli aumenti per la continuazione
tenendo conto della “non indifferente gravità concreta del fatto”.
In tal modo la Corte territoriale si è posta in linea con l’orientamento di questa
Corte secondo cui è adempiuto l’obbligo della motivazione in ordine alla misura della
pena, allorché sia indicato l’elemento, tra quelli di cui all’art. 133 c.p., ritenuto
prevalente e di dominante rilievo (Sez. un., n. 5519 del 21/4/1979, Rv. 142252).
Riguardo all’indicazione dei criteri utilizzati per determinare gli aumenti disposti
a titolo di continuazione, va ricordato che questa Corte, in tema di determinazione
della pena nel reato continuato, ha precisato che non sussiste l’obbligo di specifica
motivazione per gli aumenti di pena a titolo di continuazione, valendo a questi fini le
ragioni a sostegno della quantificazione della pena base (cfr. Cass., Sez. 2, n. 49007
del 16.9.2014, Rv 261424).
3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché —
valutati i profili di colpa nella proposizione del ricorso inammissibile (Corte cost., 13
giugno 2000 n. 186) – della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle
Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro duemila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale del 6 marzo 2018
l’erronea applicazione della legge e vizi di motivazione in ordine alla determinazione