Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17635 del 06/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17635 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: DI PISA FABIO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CELLA UMBERTO nato il 15/11/1949 a NAPOLI
avverso la sentenza del 22/09/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;
Data Udienza: 06/03/2018
R.G. 32057/2017
FATTO E DIRITTO
1. CELLA Umberto, a mezzo difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
in epigrafe deducendo:
a. violazione di legge quanto alla omessa qualificazione del fatto di reato quale fatto di
particolare tenuità ai sensi dell’ art. 648 comma 2 cod. pen.;
circostanze attenuanti generiche.
2. Il ricorso deve ritenersi inammissibile in quanto le suindicate censure devono ritenersi
manifestamente infondate.
2.1. In ordine al primo motivo va osservato che del tutto corretta e congrua deve ritenersi la
motivazione della parte in cui è stata esclusa l’ ipotesi attenuata di cui all’ art. 648 cpv in
ragione del numero e delle caratteristiche dei beni oggetto di ricettazione (assegni, proiettili,
dipinti, vassoi, candelabri, centrotavola, orologi ed altri beni).
2.2. Anche il secondo motivo deve ritenersi inammissibile in quanto i giudici di merito, nel
negare le circostanze attenuanti generiche alli imputato nell’ ottica di una adeguata dosimetria
della pena, hanno correttamente valutato i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., richiamando la
gravità dei fatti contestati nonché l’ assenza di segni di resipiscenza.
La Suprema Corte ha, d’altronde, più volte affermato che ai fini dell’applicabilità delle
circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62
bis cod. pen., il Giudice deve riferirsi ai
parametri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo
sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento. (Si veda ad esempio Sez. 2,
Sentenza n. 2285 del 11/1072004 Ud. – dep. 25/01/2005 – Rv. 230691), sicchè la sentenza
sul punto è immune da censure.
3. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla
declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento alla Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in euro duemila.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6 Marzo 2018
H consigliere estensore
presidente
b. violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione delle