Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1763 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1763 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAPARO SERGIO N. IL 23/02/1967
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 14/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Fi cz_ut e e)co
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Uditi fensor Avv.;

Data Udienza: 03/12/2013

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 15 maggio 2012 la Corte di Appello di Milano
rigettava la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da Paparo
Sergio dal 16.03.2009 al 29.09.2010, in riferimento al reato di cui all’art. 416 bis,
cod. pen., nell’ambito del procedimento definito con sentenza assolutoria della
Corte di Appello di Milano resa in data 30.09.2011, nei confronti del prevenuto, per
non aver commesso il fatto.

cautelare carceraria in relazione al delitto di cui all’art. 416 bis, cod. pen.; e
considerava che la richiesta di riparazione non poteva essere accolta, avendo il
Paparo realizzato una attività collaborativa in perfetta consapevolezza della altrui
responsabilità penale. Al riguardo, il Collegio faceva riferimento alla “ambasciata”
che il fratello Marcello aveva incaricato di fare all’odierno esponente, in relazione ad
una guerra che era in corso con una famiglia rivale.
Il Collegio evidenziava che l’imputato era stato assolto; che la Corte di
merito aveva dato per certa la connivenza di Sergio Paparo nell’attività criminosa
posta in essere dal fratello Marcello; e rilevava che nel caso sussistevano i
presupposti per riconoscere alla connivenza il ruolo di causa ostativa all’indennizzo
richiesto, atteso che il richiedente aveva posto in essere una attività collaborativa,
in perfetta consapevolezza della altrui responsabilità penale.
2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Milano ha
proposto ricorso per cassazione Paparo Sergio, a mezzo del difensore, deducendo la
violazione di legge ed il vizio motivazionale.
La parte osserva che la Corte territoriale ha omesso di indicare i profili di
colpa ascrivibili al richiedente e le ragioni per le quali il comportamento di Sergio
Paparo avrebbe dato causa alla detenzione subita.
Il ricorrente evidenzia che il giudice della riparazione ha fatto riferimento ad
una circostanza di fatto che, in sede di merito, non risulta altrimenti accertata.
Rileva che la Corte distrettuale, nella motivazione della sentenza assolutoria,
afferma che non è dato sapere se la funzione di ambasciatore, che Marcello aveva
conferito al fratello Sergio, sia mai stata realizzata. L’esponente sottolinea di avere
negato, in sede di interrogatorio, di avere svolto tale incarico e di avere spiegato di
conoscere i Paparo, in quanto suoi fratelli. Al riguardo, evidenzia di avere ricevuto
due sole telefonate dai predetti fratelli, nell’arco di due anni; e ritiene che tale
sporadica frequentazione non possa essere interpretata come segnale della sua
affiliazione alla consorteria.
3. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta ha chiesto che la Suprema
Corte annulli l’ordinanza impugnata. La parte ha rilevato che provvedimento
impugnato non risulta congruamente motivato in riferimento alla attività posta in
2

La Corte territoriale rilevava che Paparo era stato sottoposto alla misura

essere dal richiedente, che avrebbe influito sull’emissione e sul mantenimento
dell’ordinanza cautelare.
4.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio per il

Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile ovvero respinto.
Considerato in diritto
5. Il ricorso è destituito di fondamento.

di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi
causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti
gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di
condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione
di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che,
se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice
deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta
tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine
di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico motivazionale del
tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale
condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia
ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa
apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del
26/06/2002, dep. 15/10/2002, Rv. 222263).
Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extraprocessuale
(grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del
provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio
consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della
cognizione.
A tal fine, nei reati contestati in concorso, va apprezzata la condotta che si
sia sostanziata nella consapevolezza dell’attività criminale altrui e, nondimeno, nel
porre in essere una attività che si presti sul piano logico ad essere contigua a quella
criminale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4159 del 09/12/2008, dep. 28/01/2009, Rv.
242760). E deve in particolare rilevarsi che la Corte regolatrice ha ripetutamente
affermato che anche il comportamento passivo del connivente può assumere
valenza ostativa, rispetto al diritto alla equa riparazione, qualora il soggetto non si
sia limitato ad assistere passivamente alla consumazione di un reato, ma abbia
tollerato che il reato venisse consumato, pur essendo in grado di impedire la
consumazione o la prosecuzione della attività criminosa (cfr. Cass. Sezione 4,
Sentenza n. 40297 del 10.06.2008, dep. 29.10.2008, Rv. 241325).
3

5.1 Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice

6. L’ordinanza impugnata si colloca coerentemente e puntualmente
nell’alveo del suddetto quadro interpretativo.
6.1 La Corte di Appello di Milano ha apprezzato la sussistenza di fattori
ostativi al riconoscimento dell’indennizzo, rifacendosi al richiamato orientamento
espresso dalla Corte regolatrice, in riferimento al ruolo da assegnare alla
connivenza non punibile, quale causa ostativa alla riparazione per l’ingiusta
detenzione. Al riguardo, il Collegio ha osservato che il richiedente, in realtà, aveva

responsabilità penale. Richiamando il contenuto del parere espresso dal Procuratore
Generale territoriale, il giudice della riparazione ha invero evidenziato che dalle
operazioni di intercettazione telefonica era emerso che Paparo Marcello,
all’indomani di un attentato ai suoi danni, aveva incaricato il fratello Sergio di
effettuare una delicata missione di pace e di rappresentare a chi di dovere
l’estraneità dei Paparo rispetto alla guerra che era in atto tra gli Arena ed i Nicosia.
La Corte territoriale ha quindi rilevato che il comportamento assunto da Sergio
Paparo, nel ricevere il predetto incarico, era tale da integrare una attività
collaborativa nella azione criminale svolta da Marcello, di cui l’odierno richiedente
era a perfetta conoscenza; ed ha considerato che con detto comportamento Paparo
Sergio aveva colposamente dato causa alla genesi ed al protrarsi della misura
cautelare a suo carico. Come si vede, il giudice della riparazione ha valorizzato il
dato obiettivo relativo al fatto che Paparo Sergio non aveva espresso alcuna
titubanza di fronte alla pressante richiesta proveniente dal fratello Marcello di porre
in essere una fattiva collaborazione per risolvere i conflittuali rapporti intercorrenti
tra clan malavitosi rivali (come peraltro risulta dal contenuto delle conversazioni
intercettate) ed ha ritenuto tale comportamento idoneo ad ingenerare l’apparenza
di una collaborazione del medesimo Sergio Paparo rispetto alla prosecuzione della
attività criminosa.
6.2 Orbene, il richiamato percorso argomentativo sviluppato dalla Corte di
Appello, in ordine alla valutazione dei fattori colposi ostativi al riconoscimento
dell’indennizzo per l’ingiusta detenzione subita, è immune da censure rilevabili in
sede di legittimità. La valutazione effettuata dalla Corte di Appello di Milano, quale
giudice della riparazione, sulle caratteristiche assunte in concreto dalla condotta
connivente posta in essere dell’odierno richiedente, ritenute ostative ai fini della
riparazione per ingiusta detenzione, si sottrae al vaglio di legittimità, giacché il
Collegio ha dato conto in modo congruo, non illogico, delle ragioni poste a
fondamento della descritta efficacia ostativa da assegnare alla condotta passiva
dell’esponente, pure evidenziando che Paparo Sergio era ben consapevole della
attività criminale che veniva realizzata dal fratello Marcello.

4

posto in essere una attività collaborativa, in perfetta consapevolezza della altrui

7. Al rigetto del ricorso, che si impone, segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione in favore del Ministero
dell’Economia e delle Finanze delle spese di questo giudizio, liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre
alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che liquida in complessivi

Così deciso in Roma il 3 dicembre 2013.

euro 750,00.

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