Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17626 del 29/11/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 17626 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) NATALE MARIA N. IL 13/11/1956
2) PAPA UMBERTO N. IL 04/10/1983
3) SCAMPERTI TERESA N. IL 11/10/1961
4) PAPA UMBERTO N. IL 24/03/1987
5) NAPOLANO GIUSEPPINA N. IL 18/04/1944
6) PAPA GIROLAMO N. IL 26/08/1980
7) PAPA CONCETTA N. IL 07/01/1984
avverso l’ordinanza n. 43563/2005 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del
19/03/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Doti LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/seelik le conclusioni del PG Dott. F h .2-,e0ii;:e

04-k AA-k- pLeX:,

Uditi difensor Avv.;

7

Data Udienza: 29/11/2012

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 19.3.2010 il GIP del Tribunale di Napoli respingeva l’istanza del
difensore di Papa Umberto (classe 1987), Scamperti Teresa, Natale Maria, Napolano
Giuseppina, Papa Girolamo, Papa Umberto (classe 1983) e Papa Concetta con la quale era
stata proposta opposizione, mediante incidente di esecuzione, avverso il decreto che
disponeva la vendita di beni sequestrati deperibili, con particolare riferimento alle autovetture
in sequestro.

soggetti a deterioramento con il trascorrere del tempo. La vendita, peraltro, sempre che sia
conclusa al valore di mercato, era effettuata anche nell’interesse dei proprietari delle
autovetture, poiché – nel caso in cui non fosse ordinata la confisca del bene – al proprietario
sarebbe stato corrisposto il denaro ricavato dalla vendita ed i frutti dal medesimo prodotti.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cessazione il difensore, chiedendone
l’annullamento con o senza rinvio per carenza di motivazione e per illogicità e contraddittorietà
della stessa.
La difesa aveva dedotto che le condizioni di vendita disposte non consentivano di ricavare dalla
stessa un importo pari al valore di mercato, ma su tale doglianza non vi era alcuna risposta nel
provvedimento impugnato.
Il prezzo di vendita, anche per una riduzione del 15% sul valore del listino di riferimento,
appariva di molto inferiore al prezzo di mercato.
L’ordinanza era contraddittoria per il fatto che, in linea di principio, affermava di voler tutelare
anche l’interesse degli indagati, ma poi in pratica aveva disposto l’alienazione dei beni ad un
prezzo inferiore a quello di mercato.
Inoltre, non era stato tutelato l’interesse di Papa Concetta, poiché l’autovettura a lei intestata
era stata assegnata in uso alle forze dell’ordine, e pertanto la posizione della predetta era stata
trattata irragionevolmente in modo diverso dagli altri proprietari delle auto in sequestro.

Il giudice dell’esecuzione riteneva necessaria la vendita delle autovetture, in quanto beni

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
I ricorrenti non contestano che con il decreto del GIP del Tribunale di Napoli in data 20.1.2010
è stata disposta la vendita di beni in sequestro, nella specie autovetture, in quanto beni
deperibili.
Contestano, però, le modalità della vendita disposte dal suddetto giudice, lamentando che le
stesse non consentirebbero di ricavare dalla vendita un importo pari al valore di mercato.
La contestazione dei ricorrenti è però del tutto generica e non viene indicata alcuna norma che
sarebbe stata violata nella procedura disposta dal GIP per effettuare la vendita delle
autovetture in questione né quale sarebbe il prezzo congruo per ogni autovettura e come
sarebbe possibile conseguire tale prezzo.
1

11/\6

Nel ricorso ci si duole anche per il diverso trattamento subìto da Papa Concetta, poiché
l’autovettura a lei intestata non era stata posta in vendita ed era stata messa a disposizione
delle forze dell’ordine.
Anche questo motivo di ricorso appare del tutto generico, poiché non contiene alcuna
indicazione delle norme che sarebbero state violate dal GIP nell’affidamento ad organi della
Polizia Giudiziaria dell’autovettura sequestrata a Papa Concetta.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
da parte di ciascuno della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta
congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno al versamento della somma di euro 500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 29 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA