Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17616 del 29/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17616 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) CREDENTINO ROCCO N. IL 03/01/1955
avverso la sentenza n. 5820/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MARANO DI
NAPOLI, del 04/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Emn:, C-0
che ha concluso per
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Lt

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 29/11/2012

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 4.7.2011 il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, condannava
Credentino Rocco alla pena di euro 750,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 20-bis legge
110/1975 per non aver adoperato nella custodia di tre pistole Beretta cal. 7,65 le necessarie
cautele, nonostante nella medesima abitazione vivesse la sorella Vincenza, affetta da un forte
stato depressiva, la quale aveva già esternato propositi anticonservativi; reato accertato in
Marano in data 9.5.2009.

Raffaele, all’epoca già deceduto, i Carabinieri della Tenenza di Marano effettuavano in data
9.5.2009 una perquisizione nell’abitazione sita in Marano Via Vallesana 19 e sequestravano tre
pistole delle quali l’imputato, che risiedeva nella suddetta abitazione, aveva denunciato la
detenzione in data 2.2.1998.
Due delle suddette pistole erano riposte in una cassetta metallica senza chiave, riposta dietro
un lettino sito al primo piano dell’abitazione, e la terza pistola era all’interno di un comodino
nella camera da letto dell’imputato, sita al piano terra dell’abitazione.
Il Tribunale affermava la responsabilità dell’imputato perché, dalla deposizione del maresciallo
Vecchione che aveva – insieme ad altri militari – effettuato la perquisizione, era risultato che
tutti gli occupanti della suddetta abitazione avevano libero accesso in ogni parte della stessa e
che due pistole erano custodite in una cassetta di metallo priva di chiave e con serratura
aperta, mentre la terza era stata rinvenuta in un comodino facilmente accessibile.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente l’imputato, chiedendone
l’annullamento e deducendo che il Tribunale aveva travisato la prova, poiché dal verbale di
sequestro, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, non risultava che la cassetta nella
quale erano state rinvenute due pistole avesse la serratura aperta, risultando invece che la
cassetta era priva di chiavi e che il Credentino Rocco aveva provveduto ad aprirla mediante
strumenti meccanici.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha accertato il modo con il quale le tre pistole cal. 7,65 erano custodite, oltre che
attraverso il verbale di sequestro delle armi, dall’esame in dibattimento del teste Vecchione, il
maresciallo dei Carabinieri che aveva effettuato la perquisizione nell’abitazione dell’imputato.
Dalla motivazione della sentenza risulta che una pistola era custodita nel cassetto di un
comodino facilmente accessibile e che le altre due pistole erano state riposte in una cassetta di
metallo non chiusa a chiave.
Il ricorrente non contesta che la pistola rinvenuta nel comodino fosse custodita in un luogo
facilmente accessibile per tutti coloro che abitavano in quella casa, ma sostiene che le due

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A seguito del suicidio di Credentino Vincenza, mediante un fucile di proprietà del fratello

pistole riposte nella cassetta metallica non fossero invece accessibili a tutti, poiché la cassetta
era chiusa a chiave.
Il giudice ha approfondito nel corso dell’esame del suddetto teste quest’ultima circostanza ed
ha accertato che la cassetta metallica era dotata di una serratura ma questa, all’atto della
perquisizione, era aperta.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al

proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 29 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella

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