Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17615 del 06/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17615 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: DI PISA FABIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MASTRODONATO MARCELLO nato il 20/02/1962 a FOGGIA

avverso la sentenza del 14/04/2016 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;

Data Udienza: 06/03/2018

R.G. 31605/2017

FATTO E DIRITTO

1. La Corte di Appello di Bari, con sentenza in epigrafe, confermava quella del Giudice per l’ in
forza della quale MASTRODONATO Marcello è stato ritenuto responsabile del reato di concorso
in tentata rapina.

2. MASTRODONATO Marcello ricorre per Cassazione tramite il difensore sulla base di tre motivi:

responsabile del reato di tentata rapina laddove erano emersi elementi idonei a comprovare la
sua desistenza volontaria;
b. violazione di legge e difetto di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza di una ipotesi di
concorso nel reato tentato posto in essere da altro soggetto non identificato;
c. violazione di legge in ordine alla mancata applicazione dell’ art. 116 comma 2 cod. pen;
d. violazione di legge relativamente alla esclusione l’ attenuante di cui all’ art. 114 cod. pen.

3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Tutte le censure proposte vanno ritenute, infatti, null’altro che un modo surrettizio di
introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla corte territoriale la quale nell’esaminare i medesimi motivi di
doglianza dedotti con l’ odierno ricorso – con motivazione congrua, del tutto coerente con gli
indicati elementi probatori acquisiti e corretta in diritto – ha puntualmente disatteso le tesi
difensiva, condivisibilmente ritenendo integrata la responsabilità del ricorrente per avere lo
concorso, a pieno titolo, nel tentativo di rapina in questione, escludendo la desistenza
volontaria o, comunque, una condotta dello stesso diretta ad impedire l’ evento.
In ordine alla lamentata violazione dell’art. 114 cod. pen. in punto di diritto va rammentato che
costituisce giurisprudenza pacifica quella secondo la quale la circostanza attenuante della
partecipazione di minima importanza è applicabile nei casi in cui il ruolo assunto da taluno dei
concorrenti, nella fase preparatoria o in quella esecutiva, abbia avuto un’efficacia causale del
tutto marginale nella causazione dell’evento, nel senso che il reato sarebbe stato egualmente
posto in essere anche senza l’attività del correo.
In altri termini, la norma di cui all’art. 114 c.p. è applicabile solo nell’ipotesi che la condotta del
correo abbia inciso sul risultato finale dell’impresa criminosa in maniera del tutto marginale,
tanto da poter essere avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale
produttiva dell’evento:

ex plurimis Cass. 6922/2011 riv 249347 – Cass. 11380/2006 riv

233664.
3.1. La Corte territoriale ha correttamente negato la concessione della richiesta attenuante non
potendo ritenersi del tutto marginale ed irrilevante nella produzione dell’evento dannoso il suo
ruolo di palo. Si tratta di motivazione congrua, logica ed adeguata rispetto agli indicati
1

a. violazione di legge e difetto di motivazione per avere la corte territoriale ritenuto il ricorrente

elementi fattuali sicché la doglianza deve ritenersi infondata, dovendosi condividere la
decisione impugnata in quanto fare da palo durante una rapina, non costituisce affatto un ruolo
marginale rispetto a chi compie materialmente la rapina perché il ruolo del “palo” è
fondamentale perché ne garantisce la buona riuscita.

4. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla
declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la

delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in euro duemila.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6 Marzo 2018
H consigliere estensore

H presidente

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento alla Cassa

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