Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17605 del 05/04/2013
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17605 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: CITTERIO CARLO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LEBID YEVHEN VLADYSLAVOVYCH N. IL 11/12/1985
avverso l’ordinanza n. 54/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
23/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
1(e/sentite le conclusioni del PG Dott. A. MURA per il rigetto del
ricorso
Udito il difensore Avv. An-igoni per raccoglimento;
Data Udienza: 05/04/2013
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CONSIDERATO IN FATTO
1. Avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Milano ha dichiarato
sussistenti le condizioni per la sua estradizione al Governo della Repubblica di
Ucraina, in relazione al mandato di arresto emesso il 25.11.2008 dal Tribunale di
Pryluky per lesioni personali commesse il 30.8.2007 ricorre, a mezzo del difensore,
1-. Violazione degli artt. 698, 705.1 lett. C) c.p.p. anche alla luce degli artt. 2,
4.2 e 5 Convenzione europea 4.11.1950, perché la pena del lavoro correzionale,
prevista dal codice penale ucraino per il reato in relazione al quale è richiesta
l’estradizione, equivarrebbe ai lavori forzati, in contrasto con la Convenzione
europea 4.11.1950 e con l’art. 705 c.p.p.. Il ricorrente richiama, in proposito,
giurisprudenza di questa Corte suprema in relazione a casistica afferente la
Bielorussia (sentenze 15578/11 e 32625/06) e giurisprudenza di merito.
2-. Mancanza e/o contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione
in relazione agli artt. 125.3 e 546 c.p.p., sul punto della violazione dell’art. 698
c.p.p., a fronte dei contenuti del rapporto 2011 e 2012 di Amnesty International, di
giurisprudenza di merito pure richiamata e di ricorsi e decisioni della Corte europea
dei diritti dell’uomo (genericamente richiamati).
2. Il ricorso va rigettato.
2.1 Preliminarmente va dato atto che la notifica personale alla parte, dovuta
nel caso del procedimento per estradizione, risulta effettuata, ma tardiva. La
relativa nullità non è stata tuttavia eccepita dal difensore fiduciario, presente, che
ha efficacemente svolto le proprie difese. Né, tenuto conto di tale effettiva efficace
presenza tecnica fiduciaria e dei limiti propri della natura devolutiva
dell’impugnazione originarla, si sono rinvenute ragioni per rilevare d’ufficio tale
nullità, che non rientra tra quelle assolute rilevabili in ogni stato e grado del
giudizio.
2.2 n primo motivo è manifestamente infondato. La Corte distrettuale ha
opportunamente richiamato il precedente specifico di questa Corte e Sezione (sent.
28714/2012) che, affrontando e risolvendo proprio la questione del rapporto tra il
lavoro ‘correzionale’, previsto dal codice penale ucraino per il reato di lesioni
volontarie (artt. 122 e 296), ed i lavori ‘forzati’ ha escluso la dedotta parificazione
od omologazione, richiamando i contenuti delle diverse discipline e dei distinti
i
il cittadino ucraino LEBID YEVHEN VLADYSLAVOVYCH, enunciando due motivi:
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istituti. Il ricorrente ignora il contenuto di tale precedente, con cui non si confronta,
richiamando invece i precedenti relativi a Stato diverso (e quindi del tutto irrilevanti
perché afferenti a diverso contesto normativo, come evidenziato nella ricordata
sentenza 28714/12) ovvero giurisprudenza di merito che, da quanto succintamente
dedotto dal ricorrente, non risulta essersi confrontata con l’effettivo contenuto degli
istituti sanzionatori del codice ucraino e del loro rapporto con quelli previsti dal
codice penale nazionale e dall’ordinamento penitenziario nazionale.
si confronta con quanto sul punto – relativamente allo Stato ucraino – hanno
argomentato le sentenze Sez.2, 26588/11 e, ancora, Sez.6, 28714/2012, in
particolare con il rilievo che le situazioni denunciate negli interventi di pur
autorevoli Associazioni internazionali fanno riferimento a situazioni contingenti ed
occasionali, non a comportamenti e orientamenti previsti o favoriti istituzionalmente
e tantomeno normativamente (Sez.6, sent. 21985/2006). In proposito, l’assunto
difensivo che il sistema carcerario ucraino sarebbe basato sulla tortura e il
maltrattamento sistematico dei detenuti risulta svolto in termini generici e
apodittici, senza un’elaborazione compiuta che attesti come dalla documentazione
allegata debba, appunto, giungersi alla conclusione di un contesto normativamente,
o almeno istituzionalmente e di fatto (ma a seguito di orientamento istituzionale
programmatico), volto a quel genere di gestione, sistematicamente e per scelta
statale e non occasionalmente e per scelta eventualmente anche di singoli
componenti delle varie autorità o delle varie forze di polizia interessate, lesiva dei
diritti umani, senza possibilità di rimedi anche giurisdizionali interni.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma, equa al caso, di euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 5.4.2013
Anche il secondo motivo è infondato. Pure per questo aspetto il ricorrente non