Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17594 del 06/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17594 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COSENTINO MASSIMO nato il 07/05/1983 a NAPOLI

avverso la sentenza del 28/04/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SGADARI;

Data Udienza: 06/03/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di NAPOLI, con sentenza in data 28/04/2016, parzialmente ‘riformando la
sentenza pronunciata dal GIP TRIBUNALE

di NOLA, in data 10/02/2010, nei confronti di

COSENTINO MASSIMO confermava la condanna in relazione al reato di cui all’ art. 628 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio
di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’uso dell’arma, della
mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con reati precedentemente giudicati ed in
ordine al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è inammissibile.

infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerarsi non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare
le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente
dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv.
216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 39598, Burzotta, Rv.
230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492,
Tasca, Rv. 237596).
La sentenza impugnata ha sottolineato, infatti, che l’arma era stata vista da entrambe le persone
offese che l’avevano anche saputa descrivere nelle caratteristiche e che l’aggravante del reato di
rapina sussisteva anche quando si tratta di arma giocattolo (conforme Sez. 2, n. 18382 del
27/03/2014, Venanzi, Rv. 260084)..
La Corte ha anche negato il riconoscimento della continuazione con altri reati precedentemente
giudicati valutando nel merito e, dunque, in modo non rivedibile, la condotta illecita dell’imputato,
frutto di estemporaneità e di un modus vivendi illecito e non di programmazione iniziale.
La Corte ha poi ritenuto congrua una pena prossima al minimo edittale e di gran lunga inferiore alla
sua media.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le
circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133
cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una
nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o
di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò
che – nel caso di specie – non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla
quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è
necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale,
potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
le espressioni del tipo: ‘pena congrua’, ‘pena equa’ o ‘congruo aumento’, come pure il richiamo alla
gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv.
245596).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

Il primo motivo è fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/03/2018
Il Consigliere Estensore

GIUSEPPE SGADARI

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