Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17587 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17587 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STOIKO JHON N. IL 30/09/1982
HODOROVICH LEV1S N. IL 29/12/1991
avverso la sentenza n. 1800/2012 TRIBUNALE di PADOVA, del
19/07/2012
sentita la pelazione fatta dal Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA;
lette/septite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.; /

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Data Udienza: 10/04/2013

Con sentenza del 19 luglio 2012, il Tribunale di Padova ha applicato, a norma
dell’art. 444 cod. proc. pen., nei confronti, fra gli altri, di STOIKO Jhon, e
HODOROVIC Levis la pena di mesi undici di reclusone ed euro 450 di multa
ciascuno, quali imputati di indebito utilizzo di un bancomat, furto e resistenza loro
ascritti.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati
anzidetti, lamentando genericamente la mancata applicazione dell’art. 129 cod.
proc. pen.
I ricorsi sono manifestamente inammissibili. Costituisce, infatti, principio
ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui la
sentenza che applica la pena su richiesta si fonda sulla concorde volontà delle parti
negozialmente espressa e che il giudice è tenuto a compiere, da un lato,
l’accertamento positivo in ordine alla validità del consenso prestato, alla corretta
qualificazione giuridica del fatto, alla applicazione ed alla comparazione di
eventuali circostanze, alla congruità della pena ed alla concedibilità dei benefici —
ove a questi l’applicazione della pena sia subordinata — e, successivamente, deve
accertare la non ricorrenza delle cause di non punibilità, non procedibilità o
estinzione del reato, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. Tale accertamento,
peraltro, attesa la connotazione negativa che esso assume nel panorama della
specifica e peculiare delibazione devoluta al giudice chiamato a definire il
procedimento speciale, non comporta l’obbligo di una specifica ed analitica
motivazione, soprattutto quando le ragioni del proscioglimento di cui all’art. 129
cod. proc. pen., non siano allegate dall’imputato o non siano desumibili ex actis,
essendo sufficiente che il giudice enunci l’esito negativo della indagine senza
ulteriormente diffondersi sulla ricerca degli elementi di colpevolezza
dell’imputato, sottesi al consenso prestato ed alla rinuncia dello stesso a contestare
mediante la richiesta di applicazione della pena la fondatezza dell’accusa. Quanto,
poi, alle circostanze ed alla loro comparazione è parimenti sufficiente che il
giudice ritenga la correttezza della loro applicazione e prospettazione, mentre per
ciò che attiene alla pena, l’obbligo di motivazione è soddisfatto dall’esplicito
giudizio circa la relativa congruità. Pertanto, ogni censura attinente al merito del
consenso, alla fondatezza della accusa ed all’accertamento positivo degli altri
elementi dianzi specificati (qualificazione del fatto, applicazione e comparazione
delle circostanze, congruità della pena e benefici) rimane preclusa; sicchè, il
ricorso per cassazione con il quale l’imputato si dolga del mancato
proscioglimento, della contestazione delle circostanze, del giudizio di
comparazione, del trattamento sanzionatorio unicamente per il profilo del difetto di
motivazione della sentenza — quando il giudice abbia effettuato, come nel caso di
specie, gli accertamenti positivi e negativi richiesti dalla legge — deve essere ;
dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza del motivo.

OSSERVA

Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende
di una somma che si stima equo determinare in euro 1.500,00 ciascuno alla luce
dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Cosi deciso in Roma, il 10 aprile 2013.

P. Q. M.

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