Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17574 del 06/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17574 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LO NARDO ANTONINO nato il 21/06/1975 a PALERMO

avverso la sentenza del 07/04/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SGADARI;

Data Udienza: 06/03/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di NAPOLI, con sentenza in data 67/04/2016, parzialmente riformando la
sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di NAPOLI, in data 14/05/2009, nei confronti di LO NARDO
ANTONINO confermava la condanna in relazione al reato di cui alli art. 648 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio
di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità ed al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è inammissibile.
Il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale
processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per

caso di cosiddetta ‘doppia conforme’, essere superato il limite costituito dal devolutum con recuperi
in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute
nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n.
19710 del 03/02/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013,
Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 – 29/01/2014, Capuzzi, Rv. 258438).
Nel caso in esame, il ricorrente pretenderebbe di ritenere insignificanti in punto di prova ed a fronte
di una doppia decisione conforme di condanna, la circostanza che egli non avesse offerto alcuna
plausibile giustificazione in ordine alla provenienza della merce contraffatta e soprattutto non
avesse offerto alcuna documentazione fiscale a corredo del suo acquisto.
La contraffazione della merce è stata provata, secondo la motivazione, attraverso le evidenze
indicate dagli agenti della polizia giudiziaria unite alla mancata documentazione della provenienza, il
ricorrente avendo optato per il rito abbreviato precludendo per sua volontà ogni ulteriore
approfondimento sul punto, della cui mancanza egli oggi si duole in contrasto logico con la scelta di
definizione del processo allo stato degli atti.
Quanto alla utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee dell’imputato rese nella immediatezza dei
fatti e comunque superate dall’assenza di documentazione attestante l’acquisto della merce, deve
ricordarsi che nel giudizio abbreviato sono utilizzabili a fini di prova le dichiarazioni spontanee rese
dalla persona sottoposta ad indagini perché l’art. 350, comma 7, cpp, ne limita l’inutilizzabilità
esclusivamente al dibattimento (Sez.5, n. 13917 del 16/02/2017, Pernicola, Rv. 269598).
La Corte ha ritenuto la spontaneità delle dichiarazioni dell’imputato nell’immediatezza dei fatti e la
difesa ha genericamente contestato siffatta qualificazione senza alcuna allegazione.
La Corte di appello si è, pertanto, correttamente conformata – quanto alla qualificazione giuridica
del fatto accertato – al consolidato orientamento di questa Corte (per tutte, Sez. II, n. 29198 del
25/05/2010, Fontanella, rv. 248265), per il quale, ai fini della configurabilità del reato di
ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o
non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice
della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede; d’altro canto
(Sez. II, n. 45256 del 22/11/2007, Lapertosa, Rv. 238515), ricorre il dolo di ricettazione nella
forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o
ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel
verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di
cose di sospetta provenienza. Né si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso
delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose
medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che
potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice,

cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel

e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del
libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., n. 35535 del 12/07/2007, Rv. 236914).
Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Corte lo ha motivato in ragione dei
precedenti specifici del ricorrente.
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente
da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del
24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non
è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 del

La sospensione condizionale della pena è stata negata in ragione del precedente penale per il quale
era già stata concessa, la Corte implicitamente così soddisfacendo all’onere motivazionale relativo
alla positiva prognosi di ricaduta criminale di cui all’art. 164, comma 4, cpp.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/03/2018
Il Consigliere Estensore
GIUSEPPE SGADARI
Il Presidente
ADRIANO IASILLO

18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).

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