Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17555 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17555 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) GRASSI ENRICO N. IL 16/03/1958
avverso la sentenza n. 2667/2011 GIP TRIBUNALE di FERRARA, del
15/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZE!;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 15 marzo 2012, resa ai sensi dell’art. 444 e ss. cod.
proc. pen., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ferrara ha
applicato, su richiesta delle parti, a Grassi Enrico la complessiva pena di
anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 11.000 di multa per i reati di
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illecita detenzione di
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
tramite il difensore, il quale deduce, con unico motivo, la violazione degli
artt. 129 e 444 cod. proc. pen. e la mancata assoluzione dell’imputato.
CONSIDERATO In DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico
ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le
stesse e sull’entità della pena. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di
controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della
pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che non emerga in modo
evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc.
pen.
Ne consegue che -una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen.- l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono
coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, la Corte osserva che il motivo di ricorso è
manifestamente infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo
intervenuto fra le parti, apprezzando la congruità della pena pattuita; e,
dall’altro, ha escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 cod.
proc. pen., alla stregua degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico
ministero, richiamati in sentenza.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le altre,

cocaina.

Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, dep. 15/05/1992, Di Benedetto, Rv.
191134 e 191135; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, dep. 18/10/1995,
Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, dep. 03/11/1998,
Verga, Rv. 211468).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art.
616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa

186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare in euro
m il lecinquecento.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 6 dicembre 2012.

nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n.

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