Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17555 del 06/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17555 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SULEJMANOVIC IN SALKANOVIC NENAD nato il 02/02/1980 a SOKOLOVIC
KPLONDA( BOSNIA-ERZEGOVINA)

avverso la sentenza del 22/04/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SGADARI;

Data Udienza: 06/03/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di ROMA, con sentenza in data 22/04/2016, confermava la condanna alla Pena
ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di ROMA, in data 13/06/2008, nei confronti di
SULEJMANOVIC IN SALKANOVIC NENAD in relazione al reato di cui all’ art. 648 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio
di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità.
Il ricorso è inammissibile.
La circostanza che l’auto in possesso dell’imputato fosse di provenienza furtiva si desume dai
documenti acquisiti al processo e dalle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria all’udienza del 13

Il ricorrente, inoltre, è stato trovato nel possesso dell’auto rubata, che presentava peraltro segni di
effrazione ed era priva di documenti, senza che avesse fornito alcuna giustificazione.
Correttamente, pertanto, la Corte ne ha affermato la responsabilità, conformandosi – quanto alla
qualificazione giuridica del fatto accertato – al consolidato orientamento di questa Corte (per tutte,
Sez. II, n. 29198 del 25/05/2010, Fontanella, rv. 248265), per il quale, ai fini della configurabilità
del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base
dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in
mala fede; d’altro canto (Sez. II, n. 45256 del 22/11/2007, Lapertosa, Rv. 238515), ricorre il dolo
di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la
cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza
di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale
dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Né si richiede all’imputato di provare la provenienza
del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso
delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di
elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri
officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo
i comuni principi del libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., n. 35535 del
12/07/2007, Rv. 236914).

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/03/2018
Il Consigliere Estensore
GIUSEPPE SGADARI

DEPOSITATA
IN Cf:’, ‘”1

giugno 2008.

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