Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17537 del 29/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 17537 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: COSTANTINI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CALABRO’ ALFIO nato il 18/11/1993 a LENTINI

avverso l’ordinanza del 11/01/2018 del Tribunale di Catania
sentita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini;
sentite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore generale
Alfredo Pompeo Viola conclude per l’annullamento con rinvio limitatamente alle
esigenze cautelari.

RITENUTO IN FATTO
1. Calabrò Alfio ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di
Catania che, decidendo su rinvio disposto da questa Corte con sentenza in data
28 novembre 2017, in parziale accoglimento dell’appello del P.M. avverso
l’ordinanza del 16 maggio 2016 dal G.i.p. di Catania, esclusa l’aggravante ex art.
7 I. 203/91, ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari per il delitto
di tentata estorsione in concorso con Pappalardo Francesco e Libertini Andrea.

2. Il ricorrente deduce i motivi di cui appresso.
2.1. Violazione dell’obbligo di uniformarsi ai principi stabiliti dalla sentenza di
annullamento di questa Corte, violazione delle regole di valutazione della prova,

Data Udienza: 29/03/2018

oltre a violazione di legge penale e processuale e vizi di motivazione circa la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il Tribunale, pur facendo riferimento ad alcune conversazioni, perviene ad
una motivazione apparente non idonea a superare la ritenuta assenza di gravità
indiziaria del G.i.p.
Ciò avviene, si osserva, attraverso la valorizzazione, ai fini della sussistenza
della gravità indiziaria del delitto di tentata estorsione, della gravità indiziaria in
ordine al delitto di danneggiamento seguito da incendio, in assenza di riferimenti

Anche l’avvenuta valorizzazione di un’intercettazione ambientale in cui tale
Buremi, colloquiando con Pappalardo, si riferisce ad un incendio finalizzato ad
ottenere l’autovettura, risulta un elemento apoditticamente riferito alla tentata
estorsione, collegamento che sfugge ad una verifica della sua tenuta logica.
Egualmente contraddittoria è la parte dell’ordinanza in cui si configura quale
obbiettivo dell’estorsione l’acquisizione dell’auto e, alternativamente, la
riscossione della somma di denaro. Con tale motivazione non è stata fornita
soddisfacente risposta alla sentenza di questa Corte essendo stati valorizzati
elementi già oggetto di censura.
Risultano carenti gli elementi integranti il reato di estorsione con riferimento
alla minaccia e violenza, in assenza di conferme in tal senso della parte offesa.
Sul punto l’ordinanza non indica gli elementi da cui desumere eventuali effetti
intimidatori, tralasciando di valorizzare l’affermazione del ricorrente che in una
intercettazione ha sostenuto che si sarebbe comprato l’auto.
2.2. Violazione dell’art. 361 cod. proc. pen. e carenza ed illogicità della
motivazione in ordine al riconoscimento del ricorrente da parte della persona
offesa anche con riferimento alla sua attendibilità.
L’individuazione è avvenuta in maniera informale da parte del personale
della polizia giudiziaria, senza che si sia proceduto preliminarmente al rispetto di
quanto previsto dall’art. 361 cod. proc. pen. essendosi tra l’altro espresso in
termini dubitativi, contraddicendosi quando poi afferma di non aver riconosciuto
nessuno dalle foto dei giornali. In ogni caso è ininfluente che il Calabrò si fosse
recato presso il concessionario del Ferrante per acquistare l’auto, senza che ne
fosse seguita la richiesta estorsiva.
2.3. Preponderante risulta nell’ordinanza la gravità del fatto ai fini della
concretezza del pericolo di recidiva, essendo l’attualità del pericolo fondata su
considerazioni generiche tenuto conto dell’intervallo di due anni trascorsi dai fatti
senza alcun coinvolgimento penale.
La sola gravità del reato ed il riferimento ad uno «spaccato criminale
allarmante», in un contesto di delitto tentato e per il quale è stata esclusa

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che consentano di apprezzare i primi come collegati all’estorsione.

l’aggravante speciale di cui all’art. 7 D.L. 203/91, l’omessa valorizzazione dello
stato di incensuratezza, non costituiscono elementi tali da far ritenere
sussistente la concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione.
Nessuna motivazione è stata fornita quanto ad adeguatezza di misura più
gradata rispetto agli arresti domiciliari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

consentiti, censurando il ricorrente, per mezzo della parcellizzazione degli
elementi posti a sostegno della gravità indiziaria, la ricostruzione razionalmente
e

logicamente resa dal Tribunale del riesame, sostenendo, senza però

concretamente confrontarsi con quanto indicato nel provvedimento, l’apoditticità
e carenza di motivazione, anche formulando ipotesi di censura affatto compatibili
e a valenza meramente perlustrativa.

2. Quanto alla dedotta violazione dei criteri espressi da questa Corte in sede
di rinvio deve rilevarsi come immune da vizi risulti l’ordinanza impugnata che,
proprio al fine di colmare le rilevate lacune in sede di legittimità, ha ricostruito,
partendo dalle evenienze non contestate, la vicenda che ha visto il Celebrò quale
responsabile dapprima di una richiesta di acquisto con particolari vantaggi di
un’autovettura modello BMW presso il concessionario del Ferretti e,
successivamente, a fronte di ostacoli connessi all’impossibilità di conseguire un
finanziamento, all’incendio provocato all’esercizio commerciale, episodio ben
ricostruito sulla base delle rilevazioni GPS sull’autovettura su cui viaggiavano i
responsabili tra cui il Celebrò, dalle conversazioni all’interno della stessa
autovettura, dalle immagini estrapolate dalle telecamere di sorveglianza poste a
tutela dell’esercizio commerciale della parte offesa.
Sono state poi pedissequamente esaminati i passaggi delle intercettazioni
all’interno dell’auto registrate il giorno prima rispetto all’incendio, che hanno
valorizzato la finalità dell’attentato incendiario, in cui andavano distrutti una
imbarcazione e dei mezzi pesanti, già ritenuto significativo, ma non esaustivo, ai
fini della successiva dimostrazione che tanto fosse finalizzato proprio a
conseguire l’autovettura ad un prezzo di favore, da pagare senza alcun vincolo
contrattuale («ora mi danno l’auto senza soldi, ho deciso, se hanno le possibilità
mi uccidono, diversamente uccido loro»).
Anche il passaggio delle intercettazioni in cui si fa presente che «poi l’auto
me la compro», deve essere letto unitamente alla conversazione registrata il

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1. Il ricorso è inammissibile poiché attiene a motivi generici ed in parte non

giorno successivo l’incendio in cui tra Brunemi e Pallapalardo si fa espresso
riferimento alla richiesta dell’autovettura da parte del Calabrò.

3. Quanto al riconoscimento del Ferretti, a prescindere dall’inconferenza del
riferimento alla norma dell’art. 361 cod. proc. pen. attesa l’atipicità che governa
il sistema delle prove, circostanza che consente di utilizzare il riconoscimento
c.d. informale specie nel corso delle indagini (Sez. 2, n. 6505 del 20/01/2015,
Fiorillo e altri, Rv. 262599; Sez. 1, n. 47545 del 02/12/2008, Morfei ed altro, Rv.

logica e completa sul perché abbia ritenuto reticente il Ferretti quanto a minacce
subite, affermando come questi dopo i fatti avesse cominciato ad aprirsi con gli
inquirenti dimostrandosi maggiormente disposto a rendere dichiarazioni
inizialmente negate; tali circostanze, alla luce dell’attentato incendiario
(chiaramente valutabile quantomeno quale minaccia ad effetto intimidatorio),
hanno condotto il Tribunale con motivazione articolata, attenta ed immune da
vizi logici e lacune, a ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine al
reato di tentata estorsione in concorso ai danni del Ferretti, tenuto conto che
l’attentato incendiario, finalizzato al conseguimento della dazione a prezzo di
favore o per mezzo di agevolazione di pagamento al di fuori dei canoni della
ragionevolezza come quello perseguito dal Calabrò, costituisce certamente
azione idonea diretta in modo non equivoco a costringere il titolare dell’esercizio
commerciale ad “accondiscendere” alle richieste in precedenza formulate.

4. In ordine alle esigenze cautelari di cui si contesta la assenza di attualità e
concretezza, la censura è manifestamente infondata.
Deve ribadirsi il principio secondo cui in tema di presupposti per
l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del
pericolo di reiterazione del reato, introdotto espressamente dalla legge 16 aprile
25, n. 47 nel testo dell’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., costituiva già prima della
entrata in vigore della legge in questione un presupposto implicito per l’adozione
della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della
concretezza del pericolo, posto che l’attualità deve essere intesa non come
imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di
commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti, rivelatori di una
continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata, al momento
della adozione della misura, nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime
favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche ed astratte,
ma probabili nel loro vicino verificarsi (Sez. 6, n. 24779 del 10/05/2016, Rando,
Rv. 267830).

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242216), deve rilevarsi come il Tribunale del riesame abbia reso motivazione

Il Tribunale della cautela, oltre a fare riferimento alla gravità del gesto
intimidatorio anche connesso al diverso reato di danneggiamento tramite
incendio che ha cagionato notevoli danni, rinvia, al fine di concretamente
valutare lo spessore criminale del Calabrò, alla conversazione nella quale è in
grado di richiedere al Pappalardo del denaro facendogli presente che anche loro
dovevano far felici i bambini, minacciandolo in caso contrario di non poter più
camminare per Lentini, elemento che, unitamente alla circostanza che il
ricorrente era stato detenuto sino al giugno del 2017, rendeva da un lato

reato, dall’altro evidenziava la sua negativa personalità, in tal modo motivando
sulla attualità e concretezza del pericolo di reiterazione attenendosi ai principi
enunciati da questa Corte per giustificare la misura degli arresti domiciliari.

5. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di
euro duemila in favore della cassa delle ammende, secondo quanto previsto
dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod.
proc. pen.
Così deciso il 29/03/2018

ininfluente la formale incensuratezza ed il tempo trascorso dalla commissione del

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