Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17535 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17535 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ABBRUZZESE NICOLA N. IL 14/12/1979
avverso l’ordinanza n. 5175/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 28/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza del 28.10.2011 il Tribunale di sorveglianza di Roma

respingeva il reclamo proposto da Nicola Abbruzzese avverso il decreto
ministeriale del 27.9.2011 con il quale veniva applicato il regime di cui all’art.
41-bis Ord. Pen.,
Il tribunale evidenziava che dagli atti si desume: che l’Abbruzzese è stato
ritenuto partecipe della cosca calabrese degli Zingari, di etnia rom, che aveva

stupefacenti nel territorio dì Sibarì e rimasta attiva anche dopo l’arresto dei suoi
esponenti; che a carico dello stesso erano emersi gravi indizi in ordine al tentato
omicidio di un antagonista della cosca, avvenuto nel 2001; che l’ordinanza di
custodia cautelare emessa nei confronti del predetto nel 2009 era stata eseguita
soltanto dopo quasi due anni di latitanza; che detta cosca aveva anche
progettato un attentato nei confronti di un magistrato della DDA di Catanzaro.
Ad avviso del tribunale, quindi, precisato che ai fini dell’applicazione dello
speciale regime di detenzione non è necessario che il detenuto sia ritenuto capo
o organizzatore del sodalizio mafioso essendo sufficiente la qualità di partecipe,
nella specie la consorteria di appartenenza è certamente pericolosa e che la
partecipazione dell’Abbruzzese è durata sino ad epoca recentissima tanto da
ritenere plausibile che sussistono i collegamenti con l’associazione.

2. Ricorre l’interessato, a mezzo dei difensori di fiducia, denunciando il vizio
di motivazione dell’ordinanza impugnata in quanto illogica.
In particolare, rileva la contraddittorietà tra l’affermazione che il ricorrente si
colloca ai vertici della consorteria criminale e la circostanza che dagli atti
acquisiti e posti a fondamento della valutazione risulta il ruolo di mero partecipe
al sodalizio. Inoltre, contesta la valenza attribuita alla latitanza ai finì
dell’attualità dei collegamenti con il sodalizio, atteso che in seguito all’arresto del
ricorrente non è risultato il coinvolgimento di alcuna altra persona che avesse
favorito la latitanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Premesso che, come è noto, è ricorribile in cassazione per la sola violazione
di legge l’ordinanza con la quale il tribunale dì sorveglianza ha deciso sul reclamo
avverso il provvedimento di applicazione delle misure di cui all’art. 41 -bis Ord.
Pen. e, pertanto, non è censurabile il profilo della pretesa illogicità o
contraddittorietà della motivazione, ma solo la carenza totale o la mera
apparenza della stessa (Sez. 1, n. 19093, 09/05/2006, Strisciuglio, rv. 234179),
2

agito con particolare violenza al fine di acquisire l’egemonia del traffico degli

nella specie, il ricorso è manifestamente infondato reiterando le censure che
hanno formato oggetto di compiuta e corretta valutazione da parte del tribunale.
Il tribunale, invero, in ossequio alla disposizione applicata era tenuto a porre
in risalto il duplice dato della biografia delinquenziale del detenuto e dell’attuale
operatività del sodalizio di appartenenza, accompagnando l’indicazione di indici
fattuali, anche non coesistenti, sintomatici dell’attuale pericolo di collegamenti
con l’esterno. E nella specie ha proceduto ad una corretta verifica in ordine alla
possibile persistenza di collegamenti con il gruppo criminale di appartenenza, ed

svolto all’interno del sodalizio precisando che non è necessario l’accertamento dì
un ruolo apicale.
Ha, altresì, compiutamente valutato con argomenti plausibili e coerenti il
significato riconducibile alla lunga latitanza del ricorrente.
Conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
cassa della ammende.

Così deciso, il 6 dicembre 2012.

ha tenuto conto, a differenza di quanto afferma il ricorrente, anche del ruolo

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