Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17533 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17533 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) SCHIBONI VINCENZO N. IL 23/04/1965
avverso l’ordinanza n. 2674/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
BOLOGNA, del 10/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10.1.2012 il Tribunale di sorveglianza di Bologna,
dichiarava inammissibile l’appello proposto da Vincenzo Schiboni

avverso il

provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia relativo
alla misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia.
A ragione rilevava che i motivi di doglianza in fatto ed in diritto di cui all’atto

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato personalmente con il
quale deduce il vizio della motivazione e la configurabilità di un abuso in atto di
ufficio.
Con memoria pervenuta il 12.10.2012 il ricorrente ribadisce la richiesta di
revoca della misura di sicurezza evidenziando che era stato tratto in arresto per
violazioni degli obblighi della misura di sicurezza della libertà vigilata essendosi
allontanato dall’abitazione delle sorella perché questa non accettava i controlli
dei carabinieri; soltanto per tale ragione si trova presso l’O.P.G. pur non avendo
alcuna patologia mentale, posto che la ASL non paga le spese per il
mantenimento presso una comunità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso del tutto generico è fondato su censure di fatto.
Il requisito della specificità dei motivi trova la sua ragione di essere nella
necessità di porre il giudice dell’impugnazione in grado di individuare i punti e i
capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce al concetto
stesso di “motivo” di impugnazione l’individuazione di questi punti ai quali la
censura si riferisce (Sez. 4, n. 25308, 06/04/2004, Maviglia, rv. 228926). Si
tratta di un requisito espressione di un’esigenza di portata generale, che implica,
a carico della parte, non solamente l’onere di dedurre le censure che intende
muovere a uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di
indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure
medesime e le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contra legem la decisione,
al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di
esercitare il proprio sindacato (Sez. 4, n. 24054, 01/04/2004, Distante, rv.
228586).
Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile ai sensi del
combinato disposto degli artt. 591, comma 1, lett. c) e 581, lett. c), cod. proc.
pen..

2

redatto dallo Schiboni non erano intellegibili.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma ritenuta congrua di euro 1.000,00 (mille) in
favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Ammende.

Così deciso, il 6 dicembre 2012.

spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle

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