Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17521 del 19/12/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 17521 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: SILVESTRI PIETRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da Cocarcea Vladimir, nato in Moldavia il 27/09/1975

avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Genova il 14/07/2017

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Pietro Silvestri;
udito oil Sostituto Procuratore Generale, dott. Gianluigi Pratola, che ha concluso
chiedendo l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Genova ha dichiarato sussistenti le condizioni per
l’estradizione di Cocarcea Vladimir, richiesta per la esecuzione del mandato
internazionale di arresto preventivo emesso dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Centru (Moldavia) per il reato di truffa aggravata.
Dal provvedimento impugnato emerge che: a) Cocarcea aveva negato il
consenso alla estradizione ed era stato sottoposto, dapprima, alla misura della
custodia in carcere e, successivamente, a quella dell’obbligo di dimora; b) la
Corte di appello di Genova aveva già ritenuto sussistenti le condizioni per la
estradizione ma la Corte di cassazione aveva annullato senza rinvio la sentenza,
ritenendo che l’arresto provvisorio fosse stato eseguito per fatti diversi rispetto a

Data Udienza: 19/12/2017

quelli posti a fondamento della domanda estradizionale (Sez. 6, n. 11548 del
10/02/2017); c) la Procura Generale presso la Corte di appello aveva contestato
nuovamente i fatti indicati dall’autorità richiedente; d) la Corte di merito ha
ritenuto sussistenti le condizioni per la consegna.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Cocarcea deducendo
violazione di legge; si sostiene che la Corte di Appello non avrebbe avuto gli
elementi per verificare la correttezza della domanda di estradizione non essendo

Si aggiunge che: a) la Corte di appello, con lo stesso giudice relatore, si era
già espressa sulla domanda estradizionale con la sentenza poi annullata senza
rinvio dalla Corte di cassazione, sicché la sentenza impugnata sarebbe stata
emessa in violazione dell’art. 623, lett. c), cod. proc. pen.; b) la misura cautelare
sarebbe stata emessa senza che l’interessato avesse potuto difendersi, perché in
quel momento all’estero.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Quanto alla mancata traduzione della domanda di estradizione, la Sesta
Sezione della Corte di cassazione con la sentenza (Sez. 6, n. 11548 del
10/02/2017, P.v. 269400) che aveva annullato senza rinvio la precedente
decisione della Corte di appello di Genova aveva già dichiarato infondato il
motivo in questione.
Nell’occasione la Corte aveva affermato che, in tema di estradizione per
l’estero, l’inosservanza della disposizione contenuta nell’art. 201, disp. att., cod.
proc. pen., secondo cui le domande provenienti da un’autorità straniera, nonché
i relativi atti e documenti sono accompagnati da una traduzione in lingua
italiana, non dà a luogo ad alcuna ipotesi di nullità (tra le altre, in tale senso,
Sez. 6, n. 9896 del 19/02/2016, Hysa, Rv. 266688).
Secondo la Corte, nel caso in esame era sufficiente per la verifica affidata alla
Corte territoriale la traduzione in lingua italiana della misura cautelare nella quali
erano stati dettagliatamente descritti i fatti ascritti all’estradando.

5. Quanto alla violazione dell’art. 623, lett. c) cod. proc. pen., il motivo è
generico non essendo stato provato che il Collegio giudicante che aveva emesso
la sentenza, poi annullata dalla Corte di cassazione, fosse composto, anche solo
in parte, dagli stessi magistrati che poi hanno pronunciato la sentenza
impugnata.

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stata questa tradotta in lingua italiana.

Il motivo è comunque manifestamente infondato, atteso che la precedente
sentenza fu annullata senza rinvio per un difetto di contestazione;
dall’annullamento derivò la trasmissione degli atti al Procuratore Generale presso
la Corte di appello di Genova perché contestasse all’interessato i fatti oggetto del
titolo cautelare.
La Corte di appello si è dunque pronunciata, con la sentenza impugnata, in
relazione ad una contestazione e su una base probatoria di riferimento ulteriore
e diversa rispetto a quella precedente e, soprattutto, a seguito di un nuovo

giudice si sia già pronunciato sulla stessa regiudicanda.
L’esistenza, peraltro, di eventuali cause di incompatibilità ex art. 34 cod.
proc. pen., se non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, né
tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità
dello stesso e, conseguentemente, non è causa di nullità ai sensi dell’art. 178,
comma primo, lett. a), cod. proc. pen. (tra le molte, Sez. 6, n. 12550 del
01/03/2016, K., Rv. 267419; Sez. 6, n. 3042 del 04/11/2015 (dep. 2016), Bove,
Rv. 266325).

6. Del tutto generico è l’ulteriore assunto difensivo, secondo cui Cocarcea, al
momento della emissione della misura cautelare sarebbe stato all’estero e
quindi impossibilitato a difendersi, non essendo chiaro come tale circostanza
dovrebbe influire sul titolo emesso dalla autorità richiedente e, soprattutto,
rispetto al procedimento di estradizione.

7. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
cassa delle ammende che si stima equo determinare nella misura di 2.000,00
(duemila) Euro.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att., cod.
proc. pen.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2017.

sviluppo del procedimento estradizionale, sicchè non è esatto affermare che il

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