Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1752 del 23/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1752 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) GJOKA DRITAN NATO IL 29/7/1977
avverso L’ORDINANZA n. 288/2012 del TRIBUNALE DEL RIESAME DI
TRIESTE, del 9/8/2012
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FRANCESCO MAURO
IACOVIELLO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del Riesame di Trieste i con ordinanza del 9/8/2012 confermava
nei confronti di Gjoka Dritan l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa
il 23/7/2012 dal gip presso il Tribunale di Pordenone a carico di 11 indagati per
plurimi reati di cui all’art. 73 dpr 309.90 per acquisti e cessioni di sostanza
stupefacente del tipd cocaina / commessi da cittadini albanesi residenti in area di
Pordenone.
Le attività di indagine erano state svolte mediante acquisizione di
informazioni da parte dei soggetti individuati quali acquirenti della droga per uso
personale, intercettazioni ed interventi sul territorio.
L’odierno rici, Tente era ritenuto persona di fiducia di uno dei gestori del
traffico di droga, rest, il quale, effettuando vendite anche a credito, necessitava
anche di soggetti disponibili ad esercitare per suo conto l’attività di “recupero
crediti”. In base al contenuto di specifiche intercettazioni si apprendeva che il

Data Udienza: 23/11/2012

Gjoka Dritan aveva in custodia il denaro dell’Orest , che effettuava consegne di
stupefacente ai clienti e che curava i solleciti, anche con minaccia, nei confronti
dei debitori per fornitura di droga al fine di ottenere i pagamenti.
Il Tribunale, oltre a richiamare il contenuto della ordinanza di custodia,
faceva specifico riferimento a svariate ulteriori conversazioni intercettate
nell’autunno 2011 nel corso delle quali si ascoltavano riferimenti sia alle attività
di custodia del denaro che a minacce esplicite nei confronti dei debitori.
Il Tribunale valutava anche le specifiche doglianze della difesa del ricorrente,

maggior parte di quelli utili erano stati compiuti entro Il termine, nonché la
utilizzabilità delle intercettazioni, essendo state poste a disposizione della difesa
le registrazioni audio delle stesse. Quanto ai rilievi sostanziali, confermava la
utilità delle dichiarazioni di Fantuz e Casale, Il cui valore probatorio era
essenzialmente legato alla chiave di lettura che offrivano per le attività di
Intercettazione. Il tribunale valutava anche gli altri elementi di conferma del
contenuto delle conversazioni intercettate, soprattutto i servizi di osservazione
e pedinamento che confermavano lo scambio di droga dopo le conversazioni.
Infine, sul piano delle esigenze cautelari, Il Tribunale valorizzava gli elementi
indicativi di atteggiamenti di minaccia e violenza nell’ambito di un’attività
professionale di spaccio di droga, in collegamento ad alcuni precedenti penali,
per giungere a ritenere necessaria la custodia in carcere.
Avverso tale ordinanza la difesa ha proposto ricorso per cassazione.
con il primo motivo deduce l’ illegittimità dell’ordinanza per la violazione di
legge in relazione alle norme di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed
ambientali.
La difesa reitera l’eccezione già rigettata dal Tribunale del Riesame in ordine
alla tardività nella consegna alla difesa delle copie delle registrazioni audio delle
Intercettazioni, tempestivamente richieste dalla difesa al Pubblico Ministero.
Osserva la difesa che la richiesta al Pubblico Ministero era stata presentata il
2 agosto 2012 subito dopo che, a seguito del rilascio delle copie degli atti
processuali in data 30 luglio 2012, aveva potuto apprendere della esistenza di
rilevanti intercettazioni. Dopo vari solleciti, soltanto il 6 agosto 2012 alle 14:05
la Procura comunicava via fax la disponibilità delle copie, consegnate il
successivo giorno 7 agosto a fronte della udienza di riesame fissata per il 9
agosto 2012. Rileva il ricorrente che una adeguata difesa poteva essere disposta
soltanto laddove il rilascio di copia fosse avvenuto con maggiore tempestività
rispetto alla data della richiesta e che, comunque, il pubblico ministero aveva
avuto modo di predisporre per tempo le copie delle registrazioni per la difesa. In
conseguenza affermava che erroneamente il Tribunale del riesame aveva tenuto

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confermando innanzitutto la utilizzabilità degli atti di indagine in quanto la

conto anche di tali intercettazioni dovendo valutare solo l’altro materiale di
indagine.
Con secondo motivo deduce la illegittimità della ordinanza per carenza o
illogicità della motivazione in ragione della mancata valutazione di riscontri
oggettivi rispetto alle dichiarazioni dei chiamanti in correità Fantuz e Casale.
Rileva che, a fronte di specifiche doglianze ed osservazioni in sede di
memoria difensiva per quanto riguarda la assenza di elementi di conferma delle
dichiarazioni dei due citati collaboratori, il Tribunale del riesame si era limitato a

difensive ed omettendo le valutazioni sia in ordine alla attendibilità intrinseca dei
collaboratori che alla sussistenza di riscontri individualizzanti rispetto al Gjoka.
Quindi, previa allegazione della memoria difensiva presentata al tribunale e
di atti del procedimento, il ricorrente rileva come / su tutto il materiale
espressamente richiamato / non vi sia stata motivazione specifica e, tal fine,
riporta dettagliate osservazioni su singoli capi di imputazione e singoli elementi
per le quali non vi è stata adeguata motivazione.
Con terzo motivo deduce il vizio di motivazione perché l’ordinanza aveva
ritenuto le esigenze cautelari senza valutare la risalenza dei fatti e la condizione
di persona regolarmente residente in Italia con attività lavorativa, alloggio e
famiglia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Per la decisione sul primo motivo, si premettono brevemente i principi
rilevanti.
A seguito degli interventi della Corte Costituzionale (sentenza dell’8-10
ottobre 2008, n. 336) e delle Sezioni Unite di questa Corte (sent, n. 20300 del
22/04/2010 – dep. 27/05/2010, Lasala) / ai fini del pieno esercizio del diritto di
difesa, ai difensore che ne faccia tempestiva richiesta per l’udienza di riesame
deve essere rilasciata copia delle registrazioni delle intercettazioni.
Il diritto alla acquisizione della copia può concernere solo le intercettazioni i
cui esiti captativi siano stati posti a fondamento della richiesta della emissione
del provvedimento cautelare; non altri, né tampoco diversi esiti captativi che
concernono persone diverse dall’indagato e che non rilevano al fine di valutare la
posizione indiziaria di quest’ultimo.
Non vi è una previsione espressa di termine entro il quale proporre tale
richiesta, ma è evidente che la stessa dovrà essere proposta in un termine che
consenta il rilascio di copia in tempo utile, dovendosi tenere inevitabilmente
conto delle normali problematiche tecniche del caso concreto (in relazione anche
alla quantità e modalità delle registrazioni).

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richiamare la decisione del gip /omettendo di rispondere alle specifiche deduzioni

Né vi è un termine espresso per il rilascio delle copie, essendo comunque
necessario che, tenuto anche conto della data di richiesta, tale rilascio risulti
“tempestivo” con riferimento alla situazione concreta, per una efficace attività
difensiva.
Vertendosi in una materia in cui i termini sono assai ristretti, in particolare
non potendovi mai essere una dilazione del termine di decisione sulla richiesta di
riesame, la determinazione del termine congruo potrà ben variare secondo le
varie situazioni concrete.
Nel caso di specie vi è stata la effettiva consegna delle registrazioni per cui

non importa considerare cosa avvenga nel caso in cui venga ritenuta la
impossibilità del rilascio tempestivo di tali copie.
Rammentate tali regole, con riferimento alla specifica doglianza della difesa
di Gjoka, si rileva che, rispetto ad una richiesta di copie del giorno 2 agosto, la
disponibilità delle registrazioni venne comunicata il quarto giorno successivo,
(pur se si assume che la comunicazione da parte della Procura venne effettuata
alle ore 14:05, non risulta attestata la impossibilità di ritirare la copia nel
medesimo pomeriggio) e l’ udienza del tribunale del riesame era fissata per il
settimo giorno successivo alla predetta richiesta del 2 agosto.
A prescindere dalla questione dei tempi di rilascio (da considerare al netto
dei giorni non lavorativi), si deve tener conto che le intercettazioni
effettivamente utilizzate, rispetto alle quali, quindi, era configurabile il diritto alla
copia, erano, come deduce la stessa parte in sede di ricorso, circa 20; si tratta,
quindi, di un numero limitato, a prescindere dalla affermazione della difesa della
relativa “complessità” delle conversazioni.
È allora evidente che non si è in presenza di una situazione in cui l’entità del
materiale intercettivo rendeva necessario un particolare lasso di tempo per la
valutazione, e quindi necessaria una maggiore prontezza del rilascio delle copie.
Del resto la difesa in sede di ricorso non deduce la insufficienza del lasso
temporale per l’ascolto delle conversazioni bensì la insufficienza dello stesso
termine per poter procedere a trascrizione.
Ma, sia che si tratti di audizione diretta delle intercettazioni per una
migliore interpretazione in base al tono di voce utilizzato dagli interlocutori che di
verificare che non vi siano errori di trascrizione od interpretazione nelle
trascrizioni o brogliacci utilizzati ai fini della misura cautelare, il tempo che deve
essere posto a disposizione della difesa per la valutazione cui fare riferimento è
quello, si ripete, per l’ascolto e non per la trascrizione a mezzo di proprio
consulente.
Può quindi concludersi nel senso che un termine di due giorni liberi tra il
rilascio di copia e l’ udienza di riesame, a fronte di un limitato numero di
(

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intercettazioni utilizzate per la misura cautelare, è rispettoso della regola di
rilascio in tempo utile per l’udienza di riesame delle registrazioni delle
conversazioni valutate ai fini della misura cautelare. Peraltro, in assenza di
qualsiasi seria doglianza sul contenuto delle trascrizioni utilizzate (deducibili
anche in questa sede di legittimità a fronte di effettivi travisamenti della prova) e
ragionevole ipotizzare che in concreto non sia emersa alcuna anomalia per la
quale non sia stato possibile il tempestivo rilievo in sede di riesame.
Il secondo motivo ripropone i temi già posti in sede di udienza di riesame in

una analitica rivisitazione del materiale indiziario, alla affermazione del diverso
significato di singoli elementi e, infine, alla proposta di lettura alternativa dei
complessivi risultati di indagine. A tale fine, nel contesto del ricorso, vi è ampia
ripetizione di quelle che erano state le deduzioni difensive in sede di merito.
Prima di individuare in concreto cosa, di quanto la difesa deduce, possa
essere oggetto del giudizio di legittimità, va rammentato che la previsione del
vizio di motivazione carente e/o illogica ai sensi dell’art. 606 lett. E) cod. proc.
pen. non introduce un potere del giudice di legittimità di procedere ad una
rivalutazione nel merito della vicenda offrendo una propria alternativa
ricostruzione dei fatti e delle responsabilità come, invece, di fatto la difesa di
Gjoka richiede. Il giudice di legittimità può sindacare, nell’ambito del testo del
provvedimento impugnato, l’obiettiva carenza complessiva di motivazione sui
punti fondamentali della res ludicanda, rilevando eventuali macroscopici errori
logici o evidenti errore dell’apprezzamento del contenuto delle prove.
Va quindi premesso che la motivazione dell’ordinanza non è certamente
“omessa” od apparente in quanto la stessa richiama il contenuto della ordinanza
impugnata, per poi individuare ulteriore materiale indiziario consistente in
intercettazioni non valorizzate dalla prima ordinanza ed affronta, seppure
succintamente, la portata delle dichiarazioni dei chiamanti in correità.
Rispetto a tale motivazione la difesa contesta soprattutto la mancata
adeguata valutazione della portata delle dichiarazioni dei chiamanti in correità
Pantuz e Casale, mapel fare ciò) procede ad una analisi parcellizzata delle loro
dichiarazioni, soprattutto valutandole quali elementi centrali della accusa e
separatamente dalle intercettazioni.
La motivazione impugnata, invece, fonda la ricostruzione della responsabilità
del ricorrente essenzialmente sulla base di conversazioni intercett@te che ne
44.4141-9 mgc,
dimostrano il ruolo di persona di fiducia del trafficante Orest, , v-attività miranti al
recupero, anche violento e minaccioso, del crediti per droga e, infine, valuta le
dichiarazioni dei predetti chiamanti in correità fondamentalmente quale riscontri /
ovvero chiave di lettura delle conversazioni intercettate.

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ordine alla corretta ricostruzione dei fatti. In sede di ricorso la difesa procede ad

Pertanto si è in presenza di un motivo infondato laddove non affronta in
modo specifico la motivazione del provvedimento del tribunale del riesame ma
ne affronta solo alcuni profili. A fronte di tali parziali argomenti, va confermata la
sufficienza e la logicità del provvedimento impugnato quanto alla motivazione
sulla gravità indiziarla.
Il terzo motivo è manifestamente infondato, in quanto, a fronte di una
ampia argomentazione nella ordinanza impugnata in tema di sussistenza di
esigenze cautelari, il ricorrente si limita a generiche contestazioni in merito,
invece, tali fatti sono recenti, soprattutto alla luce del trattarsi di attività
“professionale” di spaccio di droga, osservata in un ampio arco di tempo, i
valorizzando altre circostanze di fatto – peraltro non valutabili in questa sede di
legittimità – quale la condizione di persona regolarmente residente in Italia con
attività lavorativa, alloggio e famiglia, prive manifestamente di effetti sulle
esigenze cautelari come valutate dal Tribunale. vt 444.4 JS La.. c4mtaeumg91
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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 -iter
disp. at Cod jproc. pen. Co;r gi-ct’sa Z.,
ere estensore

valorizzando una apparente distanza temporale dei fatti contestati i laddove,

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