Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17516 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17516 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) SANTAFEDE MARIO N. IL 05/03/1953
avverso l’ordinanza n. 7382/2010 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 01/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 1.7.2011 il Tribunale di sorveglianza di Roma
respingeva il reclamo proposto da Mario Santafede avverso il decreto ministeriale
del 20.10.2010 con il quale veniva prorogato il regime di cui all’art. 41-bis Ord.
Pen..
Il tribunale, premesso che il Santafede è detenuto in esecuzione di una
misura cautelare per commercio continuato di ingenti quantitativi di stupefacenti,

organizzatore ad associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti,
rilevava che sussistono plurimi elementi di fatto fino ad epoca recente e coeva al
decreto ministeriale della cui attuale rilevanza non può dubitarsi: l’elevatissimo
profilo criminale comprovato dalla lunga latitanza (oltre quattro anni); la
perdurante operatività dell’associazione testimoniata dalla attuale latitanza di
altro sodale e dalla circostanza che alcuni partecipi sono tornati in libertà; gli
elementi posti a fondamento del decreto emesso il 18.1.2010 dalla sezione
misure di prevenzione del Tribunale di Roma; le circostanze di fatto tratte delle
intercettazioni delle comunicazioni tra la figlia del Santafede ed i familiari di
alcuni coimputati; il comportamento irregolare e la mancanza di rielaborazione
delle condotte criminose, come indicato nella relazione del carcere.

2. Ricorre l’interessato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la
violazione di legge e, sostanzialmente, il vizio di motivazione dell’ordinanza
impugnata.
Dopo ampia esposizione dei principi di diritto affermati in relazione
all’applicazione del regime penitenziario di cui all’art. 41 -bis Ord. Pen., lamenta
che il tribunale si è limitato a richiamare quanto affermato nel decreto
ministeriale senza operare alcuna valutazione critica in ordine alla sussistenza
dei presupposti dell’attuale esistenza ed operatività del sodalizio che, come si
rileva dalla sentenza di condanna, ha operato sino a febbraio 2003 e della
capacità del Santafede di mantenere i contatti con l’associazione, tenuto conto
che anche le conversazioni intercettate cui è stato fatto richiamo si collocano tra
giugno e settembre 2008.
Lamenta, infine, il ritardo con il quale è stata emesso il provvedimento
impugnato rispetto al momento in cui era stato proposto il reclamo avverso il
decreto ministeriale.

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nonché, in esecuzione di condanne definitive per la partecipazione con ruolo di

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi del ricorso, per gran parte generici, sono, altresì, manifestamente
infondati.
Il provvedimento impugnato, nell’esaminare la motivazione del decreto di
proroga ministeriale, si è attenuto ai criteri indicanti dalla vigente formulazione
dell’art. 41- bis, comma 2bis, legge 26 luglio 1975 n. 354, laddove prevede che
la proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti

criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della
perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvivenza di
incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento
penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto; il mero decorso del
tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente ad escludere la capacità di
mantenere collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno
dell’operatività della stessa.
Il tribunale, quindi, in ossequio a detta disposizione era tenuto a porre in
risalto il duplice dato della biografia delinquenziale del detenuto e dell’attuale
operatività del sodalizio di appartenenza, accompagnando l’indicazione di indici
fattuali, anche non coesistenti, sintomatici dell’attuale pericolo di collegamenti
con l’esterno.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, il controllo del tribunale sul
provvedimento di proroga è stato effettuato attraverso una verifica della
pericolosità criminale del detenuto, desunta da oggettive circostanze di fatto
indicati nel decreto ministeriale e desumibili in atti. Il tribunale ha proceduto ad
una corretta verifica in ordine alla possibile persistenza di collegamenti con il
gruppo criminale di appartenenza, tenendo conto delle prospettazioni e deduzioni
difensive.
Sul punto il tribunale si è uniformato ai criteri ermeneutici più volte ribaditi
da questa Corte che ha anche precisato come, ai fini della proroga è sufficiente
la potenzialità, attuale e concreta, di collegamenti con l’ambiente malavitoso che
non potrebbe essere adeguatamente fronteggiata con il regime carcerario
ordinario (Sez. 1, n. 47521, 02/12/2008, Rogoli, rv. 242071) ed ha evidenziato
le circostanze di fatto alle quali è stata ancorata la valutazione in ordine alla
attuale operatività del sodalizio di appartenenza.
A fronte di un discorso giustificativo immune dai rilevati vizi, il ricorso si
sostanzia nella mera riproposizione della censure oggetto del reclamo.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
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con l’associazione criminale non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo

inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen.,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della

Così deciso, il 6 dicembre 2012.

cassa della ammende.

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