Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17514 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17514 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) LIGATO PIETRO N. IL 30/10/1973
avverso l’ordinanza n. 3575/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 02/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 2.12.2011 il Tribunale di sorveglianza di Roma
respingeva il reclamo proposto da Pietro Ligato avverso il decreto ministeriale del
13.5.2011 con il quale veniva prorogato il regime di cui all’art. 41-bis Ord. Pen..
Il tribunale, premessa la inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale prospettata dalla difesa, riteneva infondate le dedotte censure
avendo il decreto ministeriale fornito cohgrui elementi e sostegno della

organizzata tenuto conto: del profilo criminale e del ruolo del Ligato unitamente al padre ed al fratello – all’interno del sodalizio Ligato-Lubrano come
desumibili, in particolare, dalla ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip
del Tribunale di Napoli il 12.2.2009; dell’attualità della pericolosità del Ligato e
della operatività del sodalizio, desumibile dalle vicende oggetto di altra ordinanza
cautelare emessa nel marzo 2011 nei confronti del sindaco di Pignataro
Maggiore; dai contatti tenuti con l’organizzazione criminale dal carcere con
riferimento al contenuto equivoco di alcune missive sequestrate al Ligato.
Ribadiva, quindi, l’infondatezza delle argomentazioni difensive volte a
sostenere l’avvenuta disgregazione del gruppo criminale.

2. Ricorre l’interessato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la
violazione di legge ed il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata.
In particolare, lamenta che il tribunale ha ribadito genericamente la tesi
dell’attuale esistenza ed operatività del clan Ligato-Lubrano fondata su
argomentazioni apparenti.
Rileva che l’ordinanza cautelare più volte richiamata dal tribunale si riferisce
a fatti che si fermano al 2003-2004 e non vi nessun ulteriore lemnto concreto dal
quale si possa trarre l’attualità della pericolosità del ricorrente e la concreta
capacità di mantenere contatti con il sodalizio. Contesta, altresì, la valutazione
operata in ordine al tenore di vita dei familiari del ricorrente non riferibile ad
alcun serio accertamento.
Deduce, infine, che tutte le limitazioni diverse dalla sospensione dei colloqui
non sono funzionali alla rescissione dei contatti con il sodalizio e sul punto il
tribunale ha omesso di motivare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi del ricorso sono manifestamente infondati.
Il provvedimento impugnato, nell’esaminare la motivazione del decreto di
proroga ministeriale, si è attenuto ai criteri indicanti dalla vigente formulazione
2

permanenza della capacità del Ligato di mantenere contatti con la criminalità

dell’art. 41- bis, comma 2bis, legge 26 luglio 1975 n. 354, laddove prevede che
la proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti
con l’associazione criminale non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo
criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della
perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvivenza di
incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento
penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto; il mero decorso del
tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente ad escludere la capacità di

dell’operatività della stessa.
Il tribunale, quindi, in ossequio a detta disposizione era tenuto a porre in
risalto il duplice dato della biografia delinquenziale del detenuto e dell’attuale
operatività del sodalizio di appartenenza, accompagnando l’indicazione di indici
fattuali, anche non coesistenti, sintomatici dell’attuale pericolo di collegamenti
con l’esterno.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la motivazione dell’ordinanza
impugnata è immune dai vizi denunciati, atteso che il controllo del tribunale sul
provvedimento di proroga è stato effettuato attraverso una verifica della
pericolosità criminale del detenuto, desunta da oggettive circostanze di fatto
indicati nel decreto ministeriale e desumibili in atti. Il tribunale ha proceduto ad
una corretta verifica in ordine alla possibile persistenza di collegamenti con il
gruppo criminale di appartenenza, tenendo conto delle prospettazioni e deduzioni
difensive.
Sul punto il tribunale si è uniformato ai criteri ermeneutici più volte ribaditi
da questa Corte che ha anche precisato come, ai fini della proroga è sufficiente
la potenzialità, attuale e concreta, di collegamenti con l’ambiente malavitoso che
non potrebbe essere adeguatamente fronteggiata con il regime carcerario
ordinario (Sez. 1, n. 47521, 02/12/2008, Rogoli, rv. 242071) ed ha evidenziato
le circostanze emerse nei procedimenti penali in ordine alla attuale operatività
del sodalizio di appartenenza.
A fronte di un discorso giustificativo immune dai rilevati vizi, il ricorso si
sostanzia nella mera riproposizione della censure oggetto del reclamo.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.
3

mantenere collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
cassa della ammende.

Così deciso, il 6 dicembre 2012.

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