Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17506 del 21/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17506 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GABBAI DAVID EYAL MILTON N. IL 11/12/1974
TEDINO PAOLO N. IL 30/05/1950
avverso la sentenza n. 2565/2012 GIP TRIBUNALE di VERBANIA,
del 20/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/02/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verbania applicava a TEDINO Paolo e GABBAI David Eyal Milton, a norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la
pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine a più delitti di bancarotta fraudolenta aggravata e reati fiscali, commessi 1’8 luglio ed il 16 settembre 2010.
Propongono distinti ricorsi per cassazione gli imputati, deducendo il GABBAI violazione di legge per il mancato rispetto del termine dilatorio in relazione all’udienza di applicazione della pena
essendogli stato notificato solo il giorno precedente il relativo avviso; il TEDINO lamenta invece
difetto di motivazione della sentenza.
Osserva il Collegio che la questione processuale proposta dal ricorso GABBAI è inammissibile
in quanto superata dall’avvenuta decisione di patteggiare la pena, mentre quello del TEDINO è
destituito di specificità e comunque manifestamente infondato o per altro verso inammissibile,
atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129
C.P.P., facendo riferimento al contenuto degli atti delle indagini preliminari.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in e. 1.500,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versj. lento di €. 1.500,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Ro i 21 febbraio 2014.

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