Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17501 del 21/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17501 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIANNETTI SABATO N. IL 21/11/1974
avverso la sentenza n. 4026/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 22/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/02/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa in
data 19 aprile 2012 dal locale Tribunale, appellata da GIANNETTI Sabato, dichiarato responsabile del delitto di lesioni pluriaggravate, commesso il 10 luglio 2006.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità
ritenuta solo sulla base delle dichiarazioni della persona offesa.
Osserva il Collegio che le censure prospettate con il ricorso sono inammissibili, in quanto tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già
adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, entrambe le pronunce hanno ineccepibilmente osservato che la prova
del fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità
è adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che, sia pure indirettamente, poteva trarsi
dalle dichiarazioni di una testimone che poche ore dopo il fatto aveva potuto ricevere l’allarmato
racconto dall’amica e notarne le condizioni, peraltro documentate dalla certificazione medica acquisita sulle lesioni presentate dalla persona offesa al momento del primo intervento.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2014.

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