Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17501 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17501 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MUZZIO FILIPPO N. IL 25/11/1978
avverso l’ordinanza n. 95/2010 TRIBUNALE di BARCELLONA
POZZO DI GOTTO, del 28/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 28 ottobre 2011 il Tribunale di Barcellona Pozzo
di Gotto, giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda di Muzzio Filippo
di applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti giudicati con
otto sentenze sulla base delle seguenti considerazioni: eterogeneità dei
reati oggetto delle prime due sentenze (l’uno previsto dall’art. 494 cod.

cod. pen., commesso in Gravina di Catania il 15/05/1999); distanza nel
tempo e nello spazio e diversi concorrenti nei delitti, solo in parte
omogenei, di rapina, lesioni, porto abusivo di armi, ricettazione, oggetto
delle altre sentenze, commessi in un arco temporale compreso tra il 1998 e
il 2008.
Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il Muzzio tramite il
difensore, il quale deduce l’erronea applicazione della legge penale e il vizio
di motivazione.
Con memoria depositata il 21 novembre 2012 il difensore ha confutato
l’assegnazione del ricorso a questa sezione, ritenendo insussistenti gli
estremi di inammissibilità dell’impugnazione proposta.

CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile perché deduce una violazione di legge
manifestamente infondata, non incorrendo il provvedimento impugnato in
alcuna inosservanza dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., e un vizio di
motivazione palesemente insussistente.
L’ordinanza impugnata ha, invero, correttamente valutato i fatti-reato
come ricostruiti nelle sentenze ad essi pertinenti e, all’esito della disamina
del contenuto delle medesime decisioni secondo i parametri rilevanti in

subiecta materia, ha illustrato, con motivazione congrua, adeguata e senza
violare la legge penale sostanziale e processuale, le ragioni ostative al
riconoscimento della continuazione.
Né ha trascurato il giudice dell’esecuzione di valutare le condizioni di
tossicodipendenza del Muzzio, correttamente ritenendo che esse fossero
insufficienti, da sole, in assenza di altri parametri sintomatici dell’unità del
disegno criminoso, a giustificare l’applicazione della continuazione.
Il tutto in conformità della costante giurisprudenza di questa Corte,
secondo la quale l’unicità del disegno criminoso, necessaria per la
configurabilità del reato continuato e per l’applicazione della continuazione
1

pen., commesso in Acireale il 25/11/1995, e l’altro previsto dall’art. 385

in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale tendenza a porre in
essere determinati reati o, comunque, con una scelta di vita che implica la
reiterazione di determinate condotte criminose, atteso che le singole
violazioni devono costituire parte integrante di un unico programma
deliberato nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine,
richiedendosi, in proposito, la progettazione “ab origine” di una serie ben
individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche
progettazione possa essere presunta sulla sola base dell’identità o
dell’analogia dei singoli reati o di un generico contesto delittuoso, ovvero
ancora della unicità della motivazione o del fine ultimo perseguito,
occorrendo invece che il requisito in questione trovi dimostrazione in
specifici elementi atti a far fondatamente ritenere che tutti gli episodi siano
frutto realmente di una originaria ideazione e determinazione volitiva (Sez.
2, n. 18037 del 07/04/2004, dep. 19/04/2004, Tuzzeo, Rv. 229052).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 6 dicembre 2012.

essenziali; con la conseguenza che deve escludersi che una tale

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