Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17500 del 06/12/2012
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17500 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) CHIRIAC CALIN N. IL 12/11/1983
avverso la sentenza n. 5811/2011 GIP TRIBUNALE di FORLI’, del
21/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;
Data Udienza: 06/12/2012
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa il 21 dicembre 2011, ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen., il G.u.p. del Tribunale di Forlì ha applicato, tra gli altri, a Chiriac Calin, in
relazione ai reati contestati, la pena concordata fra le parti di anni tre e mesi due
di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenuta la
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
l’imputato, che ne chiede l’annullamento denunciando, con unico motivo,
inosservanza o erronea applicazione di legge, ex art. 606, comma 1, lett. b),
cod. proc. pen., in relazione alla mancata assoluzione per non avere commesso il
fatto, ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., dal capo di imputazione
sub A (tentato omicidio) sulla base delle risultanze probatorie emerse in fase di
indagini preliminari.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della
entità della pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del
trattamento concordato.
3. Nel caso di specie, il Giudice, nell’applicare la pena concordata, si è
adeguato all’accordo intervenuto fra le parti e ha escluso la sussistenza dei
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continuazione tra i reati e ridotta la pena per il rito.
presupposti per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi
dell’art.129 cod. proc. pen.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010,
dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea, Rv. 250024), ed è immune dai denunciati
vizi, peraltro formulati in termini del tutto astratti e generici.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento – a favore della Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in euro 1.500,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2012
Il Consigliere estensore
Il Presidente
4. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile.